La tomba di Lawrence

Questo articolo parla dell’Isis, dei recenti attentati e del terrorismo islamico. Rivelerò alla fine, se non l’avete già capito, chi sia Lawrence. Lo so, dal titolo più che un articolo sembra un racconto, ma non è detto che sia un male: perché è un po’ come un racconto che vorrei farlo iniziare. Cercherò infatti di immedesimarmi nel fascino che l’estremismo islamico ha esercitato negli Occidentali che l’hanno abbracciato, e di vedere il mondo nelle maniera più vicina possibile alla loro. Quindi, ad esempio, userò  la parola “religione”, anche se dopo  spiegherò come quella che abbracciano non sia una vera religione. Verranno così alla luce molti aspetti oscuri di ciò che sta accadendo. Compreso il nostro, negativo contributo. Ecco il racconto.

Qui a Roma regna la pace. Ci sono ricchezza e abbondanza. Si segue la moda, si cerca la comodità, evita di faticare. Oh, si, c’è la crisi, ma i poveri ci sono sempre stati, ora sono solo di più. Perché chi vive tutto sommato nel benessere dovrebbe pensare seriamente a loro?

Ma la nostra società si inaridisce: le ideologie sono crollate, e nulla può più nascondere la corruzione delle istituzioni, dove per forza di cose si trovano sempre meno persone oneste e capaci. Inquietanti soggetti politici trovano consenso fra i pochi che prestano abbastanza attenzione alla politica da farsi manipolare, ma non così tanta da conoscerne davvero i meccanismi. Non ci sono più grandi sogni da realizzare, solo una competizione individuale sfibrante, senza fine. Le cose attorno alle quali si lotta adesso (o meglio, si dovrebbe lottare) come le strade sporche, l’evasione fiscale, i diritti dei lavoratori, l’inquinamento, appaiono così scontate da causare, a chi cerca con poco successo di migliorare le cose, una frustrazione pari solo al fastidio e al disinteresse che provano tutti gli altri. Essere gretti è considerato una virtù. La cultura collassa, le spinte creative diventano  sempre più rare. Il troppo comune abuso di social network e gadget tecnologici rende sempre più superficiali i rapporti fra le persone.

ImmagineCi sono, e ci saranno sempre, persone che cercano una grande battaglia da combattere, qualcosa per cui valga la pena sacrificare la propria esistenza. E quello che pensano queste persone è: “Come diavolo facciamo a trovare una via d’uscita da questa maledetta esistenza?”. Le risposte sono molteplici. Per alcuni, spesso privi di quel grande scudo che è la cultura, qualcosa emerge, nell’immenso universo di Internet. Come in Matrix, delle parole scaturiscono dal web profondo, parole coinvolgenti, capaci di descrivere con sorprendente chiarezza e intensità il mondo in cui queste persone vivono, capaci di comprendere quello che di questo mondo hanno sempre pensato. Il conforto di sapere che qualcuno la pensa come loro… di aver dato uno scopo alla propria vita!

Perché dalle reti informatiche alcuni spiriti eletti offrono la soluzione ai mali di questo mondo corrotto: una religione in grado di mostrare chi sono i tuoi nemici, di donare il sollievo della semplicità nel caos asfissiante del mondo. E’ come un sorso di acqua fresca quando si è quasi morti di sete, per la loro mente, sentire: “tu e i tuoi fratelli siete bianchi, tutti gli altri sono neri, e devono diventare bianchi” (non è il motto del Ku Klux Klan, ma potrebbe esserlo…). Una religione che da la possibilità non di essere dei semplici ingranaggi nello spietato meccanismo di una società malvagia, ma dei guerrieri, che credono in qualcosa di superiore, e vogliono creare un mondo migliore secondo la volontà di Allah. Guerrieri che provano l’estasi del fanatismo, l’ebbrezza di opporre spietatezza a spietatezza, terrore a terrore, pronti a versare il proprio sangue per quello in cui credono ciecamente. Pronti al martirio. Perché la morte non fa più paura: Allah è con loro, gli viene detto, e chi muore per lui diventa un martire shahid, e sarà ricompensato in eterno nello Jannah, il paradiso.

I neofiti, naturalmente, non aderiscono di colpo a tutto ciò che gli è stato rivelato. Lo fanno gradualmente, con ogni cautela, pensando di poter tornare indietro quando lo desiderano. Ma sono irrimediabilmente affascinate, e dietro le parole che leggono e ai contatti che trovano c’è gente esperta nell’arte di cambiare le menti predisposte in maniera così impercettibile da non dar loro quasi nessuna possibilità di accorgersene. Vengono poi indottrinati e addestrati nel mondo reale, in luoghi che anche i servizi segreti hanno ben poche probabilità di individuare. Alla fine, il grande salto: la prima shahada, ovvero la dichiarazione di fede in Allah e Maometto, pronunciata con cuore vibrante di entusiasmo. Poi, la jihad. Per un Europeo, la via più rapida per raggiungere lo Stato Islamico passa attraverso i Balcani, dove ci sono diverse cellule islamiche “ponte”. Poi la Turchia, e infine la Siria e l’Iraq: il territorio dell’Isis.

ImmagineE’ così che si diventa uno dei “veri musulmani”, un mujaheddin (colui che combatte la Guerra Santa). Ed è così che si arriva ad abbracciare qualcosa di completamente alieno al contesto in cui si è nati e cresciuti.  Questo è il percorso psicologico che fanno tutti i fondamentalisti, di ogni tipo, in ogni epoca, in maniera più o meno intensa a seconda della loro intelligenza. Di fronte a un mondo instabile e pieno di sofferenza, soprattutto in un momento come quello che sta attraversando l’Occidente, c’è ben poco che possa alleviare il malessere esistenziale. Persone anche molto intelligenti si aggrappano a manipolazioni della realtà… o di testi religiosi come il Corano. E’ di gran lunga più apprezzabile stordirsi con il fanatismo, con la violenza e con il senso di onnipotenza che ne deriva, piuttosto che fluttuare nell’incertezza. Accettano una verità assoluta e incrollabile, creata da alcuni capi molto astuti allo scopo di arruolarli, motivarli e tenerli sotto controllo.

C’è un luogo comune sull’estremismo religioso, che nasce proprio dallo stesso termine “estremismo”: il fatto che sia un’estrema applicazione dei principi religiosi. E’ falso: la religione non è che un modo come un altro di porsi delle domande, di non trovare certezze, e di fare un atto di fede verso ciò che non si conosce. Se davvero i fondamentalisti islamici dovessero  fare così, non rinnegherebbero forse la loro stessa natura?

Detto questo, non bisogna dimenticare che l’aspetto religioso-ideologico è solo una faccia della medaglia: i loro scopi primari sono molto, molto concreti. C’è una frase, ne Il nome della rosa, riferita agli eretici, che può essere applicata anche a loro, e a tutti i fondamentalisti:  “Voi credete che sia un modo di pensare, ispirato dal demonio. Invece è un modo di vivere”. Vuol dire che il loro… diciamo credo, conta fino a un certo punto:  è il culmine di molte ragioni “più terrene” che portano alla nascita di fenomeni come il terrorismo.Immagine

Il loro è un credo che, però, fa breccia, e la fa nel vuoto: in quello esistenziale dell’Occidente come in quello devastato delle terre islamiche. Il vuoto che abbiamo creato noi Europei, quando abbiamo abbandonato le nostre colonie senza aver creato le condizioni necessarie perché quei paesi progredissero, e magari l’intera, vasta gamma delle religioni islamiche (frammentate in innumerevoli, diversissimi gruppuscoli) trovasse una certa coesione. Invece, dallo Sahel al Pakistan, dalla Nigeria all’Indonesia, dal Maghreb alla penisola Arabica, si sono succeduti arretratezza economica, regimi dispotici e instabili, rivalità etniche e religiose.

Le continue occupazioni militari occidentali (Iraq, Afghanistan, Somalia, Mali fra le tante)  pericolosamente costose, non potevano essere eterne, e si sono rivelate inefficaci. Anzi, agli occhi di molti abitanti di quei paesi, hanno fatto apparire gli Occidentali come spietati invasori, distruttori della loro scarsa ricchezza, corruttori dei loro governi e colpevoli di introdurre idee che minano la loro unica ancora di salvezza, nel marasma in cui vivono: la tradizione islamica. Se si aggiunge il fatto che gli USA, mentre spendono miliardi per combattere con le armi il terrorismo, ne spendono ancora di più per acquistare petrolio dai Sauditi, i più grandi finanziatori degli estremisti islamici (a loro serve che combattano il rivale Iran e non provochino rivoluzioni interne), la frittata è fatta.

Le condizioni sociologiche di cui ho scritto prima, e l’ampio, redditizio mercato rappresentato dalle continue guerre, hanno fatto si che i banditi, i trafficanti d’armi e di droga, i mercenari e i professionisti della guerra di quei paesi potessero inquadrarsi in organizzazioni come Al-Quaida, Boko Haram, Shabab, Jemaah Islamiah, e, naturalmente, l’Isis. Con il passare del tempo, stanno iniziando ad essere visti come liberatori e unici difensori dell’Islam da molte popolazioni. In Arabia Saudita, la culla dell’Islam, il 92% della popolazione, esasperato dalla corruzione della propria monarchia, considera lo Stato Islamico “conforme ai valori dell’Islam e della legge Islamica”. Gli estremisti islamici attraversano i deserti sconfinati del Nordafrica, dispiegano al vento le loro suggestive bandiere nere, scritte in bianco. Occupano aree sempre più ampie. Solo un altro, vuoto deserto li separa dalle città sante della Mecca e Medina. Non mi dilungherò sui dettagli dello sviluppo dell’estremismo islamico, ne su quelli dell’attuale war zone e di un futuro imprevedibile e minaccioso. Chi è abbastanza intelligente da essere interessato farà le sue ricerche, e troverà molte, dettagliate analisi di persone più esperte di me.Immagine                                                                                                            Ora, dopo aver letto questo articolo, tornerete a fare chissà che altro. So che questa frase suonerà retorica, ma non so come dire altrimenti: le nostre vite, così potenzialmente meravigliose, torneranno a misurarsi con quel grigiore che ho provato a descrivervi all’inizio. Ma abbiamo visto che è proprio da quel grigiore che nascono certi incubi. E se non faremo nulla per creare qualcosa di meglio, saremo anche noi responsabili della loro nascita. Rimarrà una domanda scomoda, che tenteremo di rimuovere il più presto possibile dalla nostra mente: “Cosa diavolo potrei fare io per combattere dei nemici come l’Isis? Come potrei oppormi, da solo, a un qualcosa come il crollo di una società?” Ognuno risponderà (o non risponderà) in base a quello che ha dentro di sé. Come è naturale, iniziando a riflettere, arriverà la disperazione. La sensazione di non poter far nulla.

Io posso solo dirvi il percorso che ha seguito la mia mente, pensando a quelle terre immense dove si sta combattendo. E qualcosa, dal passato, è emersa: un nome, che si è stagliato fra gli altri, fiero e commovente. Il nome di Lawrence, del grande Lawrence d’Arabia. El-Orens, come lo chiamavano affettuosamente gli Arabi. E’ stato lui a renderli Arabi, perché prima non lo erano. E’ stato lui a portare idee come la libertà e il senso di appartenenza a qualcosa di più grande, a uomini che le avevano dimenticate. Un messia, quasi. Ma era un uomo, con i suoi lati oscuri e le sue fragilità. Ha infiammato persone che si erano rassegnate alla desolazione del proprio destino, le ha guidate in una battaglia incredibile, vincendo contro ogni probabilità. Il suo sogno era costruire una grande nazione araba, dove tutta la bellezza di quel mondo avrebbe finalmente potuto esprimersi. Non ci è riuscito: il flusso della storia andava in direzione opposta alla sua. Però sono uomini come lui a mantenere quell’equilibrio di fondo tra libertà e oppressione: sono l’opposto, il contraltare di individui come i terroristi.

Ed è qui che entriamo in gioco noi. Perché uomini del genere non nascono dal nulla: hanno bisogno di un contesto che dia loro fiducia e coraggio, e li spinga ad agire, a mostrare chi sono. Anche se il 99,99% di noi non combatterà in prima linea, qualcosa potrà fare: potrà essere quel contesto. E per farlo dobbiamo iniziare a pensare, a vedere la realtà con occhi nuovi, e magari a sognare. Lawrence d’Arabia ha scritto qualcosa di stupendo: “Tutti gli uomini sognano, ma non allo stesso modo. Coloro che sognano di notte […] si svegliano di giorno per scoprire la vanità di quelle immagini: ma coloro i quali sognano di giorno sono uomini pericolosi, perché possono mettere in pratica i loro sogni ad occhi aperti, per renderli possibili.”. Nel bene e nel male. Thomas Edward Lawrence era uno di questi. Se, nel nostro piccolo, inizieremo a pensare così, riusciremo a sconfiggere il famoso grigiore. Il nostro torpore. Forse, dalla nostra decadente Europa scaturirà un nuovo Lawrence, in grado di portare il meglio della nostra civiltà in un Medio Oriente sempre più infernale, di riunirne le forze migliori, e di cambiarlo.Immagine

Già adesso volontari occidentali sono partiti per andare a combattere contro lo Stato Islamico, e il loro numero aumenta sempre di più. Non sono professionisti al soldo di qualche governo, ma persone normali, insospettabili: da persone come un tassista romano, di lontane origini curde, a un leader politico Australiano.

Chi può dire chi altro può emergere? Ma dipende solo da noi. Soprattutto da chi non imbraccerà il fucile. L’Isis ci manda proclami, descrive quanto siamo malvagi, avidi, inetti e vuoti, parla del nostro crollo, della nostra futura sofferenza per mano loro. Mentre ascoltiamo quelle parole, cosa ci impedisce di ricordarci che la nostra è una società libera, in cui gli oppressori possono essere combattuti? Cosa ci trattiene dal provare il desiderio di fare qualcosa di grande, per un futuro più luminoso? Perché non pensiamo tutto questo? Dobbiamo aspettare che ammazzino una persona che amiamo, per incominciare a pensare?  Dobbiamo aspettare di diventare così apatici da essere distrutti, prima di iniziare a sognare? Perché è così che si pongono le premesse per la sconfitta di nemici come gli estremisti islamici e si cambia il mondo. E migliaia di Occidentali non proverebbero più quel disgusto che li ha spinti a passare dall’altra parte della barricata. Lo stesso disgusto provocato da quel fanatismo anti-islamico che molti illustrissimi politici stanno cavalcando: chi lo seguirà, potrà considerarsi a tutti gli effetti padre del terrorismo.

Io non sono nessuno per scrivere tutto questo, ma, come dice Lawrence, “sarei crepato se non l’avessi scritto”. La mia coscienza, il mio istinto, il mio intuito, chiamatelo come volete, mi imponeva di farlo, e mi dice anche che dobbiamo almeno provare a percorrere questo sentiero. Altrimenti, il nostro mondo diventerà l’ultima, definitiva, tomba di Lawrence e dei suoi ideali.

 

 ALESSANDRO VIGEZZI

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