Monthly Archives: dicembre 2014

A volte tornano

A volte tornano, avvolti da incantevoli melodie vestite di note cangianti.

Il loro scivolar lieve sulle pareti della mente, quasi sensibilmente inaccostabili.

Son lì, permangono.

Si percepiscono, quelle note. Attimi eterni per tentare di comprenderle.

Ma nell’istante, più straordinari della precedente meraviglia, nello scorgerli dietro barlumi di lucente profumo. Nel riconoscere quei ricordi avvolti da incantevoli melodie.

 

 

ARIA

Opera d’arte

Illuminata da un fascio di luce

in mille granelli di polvere muta la

mina.

Inizia a guardarti e si diffonde

il colore, diventa reale e pronuncia

sospiri,

 

derivando da un’improvvisa

ispirazione: fra le dita un prurito,

sul palmo della mano un continuo

pizzicorino.

Spazia immersa nel bianco

la mente, annega nelle ombre e nei

colori;

Ripreso solo quando ormai è sera

il fiato, il foglio ruvido ha dimenticato la sua

opacità.

 

BETTA

Dolore

A volte provo un dolore che parte dalla testa e si irradia alla punta delle dita. Un dolore che mi fa aprire gli occhi e mi urla qualcosa di preciso e ineluttabile. Un dolore che è un sottotesto quasi cutaneo. Lo posseggo vibrante tra le vene e i muscoli. Un dolore non meglio precisato che mi terrorizza.

Ma tace, talvolta. Ed è nei suoi momenti di silenzio che riesco a vivere (ridere, scherzare, stupirmi, gioire). Un dolore che sembra sempre essere troppo poco, che lo è sempre sembrato. Lo cullo come un cucciolo ferito, a volte lo nutro e poi provo rimorso per averlo dimenticato in quell’angolo. E’ il dolore che mi nomina. E’ il mio. E’ la mia fisiologia del dolore. Come quella volta in altalena, quando niente mi sembrava più che bello che dondolare, eppure dopo un po’ non mi bastava più. E’ quella canzone meravigliosa che pensi non ti stancherà mai. E’un segreto che ricaccio nel fondo e chiudo con ottocentomila lucchetti. Ed è sempre lì.

 

 ARIANNA BONORI

L’istante

Camminavo sola, persa tra i miei pensieri, quando lo vidi. Un tuffo al cuore. Erano passati anni da l’ultima volta che gli avevo parlato. Si avvicinava. Chissà se mi avrebbe riconosciuta: ero cambiata molto da allora.

Lui invece era sempre lo stesso; con qualche chilo in più, ma sempre lui. Si avvicinava. In quell’ istante mi tornarono in mente tutti quei ricordi che erano rimasti sepolti nei meandri del mio cervello per anni e anni, quelle cose che ti sembra di aver scordato, e non riesci a ricordare se si tratta di una cosa che hai vissuto veramente o se è frutto della tua immaginazione. Molte erano le domande che mi affollavano la mente, ma quella che, facendosi largo tra le altre, mi premeva di più, era perché averlo rivisto dopo così tanto tempo mi provocava tutte quelle emozioni. Si avvicinava. Che avrei dovuto fare? Lo dovevo salutare o no? dopotutto per un lungo periodo era stato parte integrante della mia vita. Si avvicinava. Ormai pochi metri ci separavano, quasi riuscivo a vedere la piccola voglia sul sopracciglio sinistro, quel particolare insignificante mi riportò non so per quale strano collegamento all’ultima volta che lo avevo visto: era in piedi davanti alla mia porta dopo l’ennesima litigata per qualcosa di cui sinceramente fatico a ricordare, mi guardò per un’ultima volta, quei due occhi verde smeraldo mi perforarono e io mi sentii morire. Non disse nulla,aprì la porta e scomparve per sempre. Quello stesso  uomo ora era a cinque passi da me. Fu questione di un attimo, mi passò accanto, talmente vicino che riuscii a sentire il suo profumo dolce e allo stesso tempo pungente. Non si voltò ne disse nulla e così proseguimmo ognuno per la sua strada.

 

FRANCESCA MARTIELLO

Il Cavaliere e lo Specchio

C’era una volta un nobile cavaliere che, in sella al proprio destriero, aveva compiuto per tanti anni mirabili imprese nel suo reame. Un giorno, mentre si trovava a corte, giunse uno straniero incappucciato a rendere omaggio al sovrano e a offrire a qualunque valoroso un compito assai semplice; il recupero di un antico specchio, appartenuto alla sua famiglia e ora incustodito nel vecchio castello del casato. Fu proprio il cavaliere a prendersi carico dell’impresa e, messosi in cammino, attraversò grandi valli e foreste silenziose prima di giungere in vista dell’imponente maniero. L’intera fortezza era in rovina e arbusti e rampicanti strozzavano le torri diroccate; soltanto il mastio si ergeva in quella desolazione. Il cavaliere varcò l’alto portale e si ritrovò in un salone scuro, con i vessilli che ancora ricadevano stracciati fra le travi. Il giovane paladino vagava da un po’ per le vuote stanze della dimora, quando d’improvviso eccolo entrare in una biblioteca vasta e polverosa. Dinanzi a lui si trovava, tra due lunghe file di librerie, un enorme specchio racchiuso in una fulgida cornice dorata. Il cavaliere si avvicinò, si tolse l’elmo e rimase ad ammirare la propria immagine. D’un tratto la superficie parve tremolare come uno stagno turbato dal vento. Si accostò al riflesso e il suo sguardo fu assorbito da un cangiante vorticare di immagini. Grandi città con alti castelli di vetro e acciaio e creature metalliche dagli occhi luminescenti che guizzavano nelle strade. Questi luoghi sembravano però soffusi di un grigiore indefinito, un’opaca pesantezza che soffocava le emozioni. Fu allora che si avvide della presenza di qualcuno. C’era un uomo di fronte a lui, in un letto. Un uomo attaccato a delle macchine che emettevano suoni ritmici. Ticchettii di sconfinata malinconia che scandivano quel riflesso di solitudine. Il cavaliere non credeva che sarebbe stato così doloroso ricordare; tornare a guardare una vita seppellita in un sonno che di magico non aveva proprio nulla. I suoi occhi si velarono di tristezza. “Cosa fare se si è destinati a dormire per sempre?”. Guardò l’uomo un’ultima volta, poi rimise l’elmo. “Sognare” si disse.

 

 

ANDREA MASSIMI

La fenomenologia dell’idea

Ecco un’idea pronta all’assalto. Acquattata non aspetta altro che il momento propizio per aggredirti. Ecco, la vedi, la piccola bastarda, che striscia verso di te. È inutile difendersi. Quell’opinione non ti appartiene. Non è tua! Non lasciarti persuadere. Ma l’indomani la senti fuoriuscire fluidamente dalle tue labbra socchiuse. Con gli occhi spalancati, ancora attonito dall’accaduto, non ti accorgi che intanto quella, bel bella, si va a insinuare nella mente di un altro malcapitato. Bisogna sperare che non dilaghi troppo! Altrimenti quest’epidemia di pensiero unilaterale ci sminuirà tutti. Ma non essere pessimista. Magari la prossima volta, mio caro, il tuo sistema immunitario riuscirà a demolire l’estranea e far prevalere la tua, di opinione. Continua a leggere

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