Dolore

A volte provo un dolore che parte dalla testa e si irradia alla punta delle dita. Un dolore che mi fa aprire gli occhi e mi urla qualcosa di preciso e ineluttabile. Un dolore che è un sottotesto quasi cutaneo. Lo posseggo vibrante tra le vene e i muscoli. Un dolore non meglio precisato che mi terrorizza.

Ma tace, talvolta. Ed è nei suoi momenti di silenzio che riesco a vivere (ridere, scherzare, stupirmi, gioire). Un dolore che sembra sempre essere troppo poco, che lo è sempre sembrato. Lo cullo come un cucciolo ferito, a volte lo nutro e poi provo rimorso per averlo dimenticato in quell’angolo. E’ il dolore che mi nomina. E’ il mio. E’ la mia fisiologia del dolore. Come quella volta in altalena, quando niente mi sembrava più che bello che dondolare, eppure dopo un po’ non mi bastava più. E’ quella canzone meravigliosa che pensi non ti stancherà mai. E’un segreto che ricaccio nel fondo e chiudo con ottocentomila lucchetti. Ed è sempre lì.

 

 ARIANNA BONORI

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