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Lezioni di giornalismo – Cronaca di una settimana a “La Repubblica”

L’alternanza scuola-lavoro è vilipesa in ogni liceo che si rispetti. Se infatti questa può avere un senso nel momento in cui viene svolta da studenti, ad esempio, di un istituto tecnico, che trovano così quanto prima l’inserimento in un’azienda che possa impiegarli anche in futuro, essa appare avere poco senso se si impone forzatamente in un corso di studi di tipo liceale, soprattutto se per “esperienza lavorativa” si intende andare a perdere intere giornate a indicare la porta dei bagni in un museo. L’esperienza vissuta da 13 studenti del Liceo Manara, che hanno avuto la possibilità di trascorrere cinque giorni tra le mura della sede romana de La Repubblica, riporta attraverso le testimonianze di alcuni di loro come un progetto ASL possa essere “diverso” ma soprattutto piacevole e formativo Continua a leggere

Una partita avvincente

++Il migliore articolo di Novembre sul torneo di pallavolo del Manara.

Lunedì 11 la mia classe, il 2A, ha giocato la sua prima partita del torneo di pallavolo e ha vinto 2 set a zero sul 2D (ora destinato al ripescaggio). La prestazione offerta dall’intera squadra è stata convincente e di alto livello: non ho perso occasione di intervistare la mia compagna Claudia Ridolfi, fra i protagonisti della partita. Continua a leggere

Intervista a un campione in riva al mare

 

 

Questa estate mi stavo riposando sulla amena spiaggia di Castiglione della Pescaia, nella verde Toscana. E avrei potuto tranquillamente continuare a farlo fino alla fine di Agosto. Tuttavia, la prospettiva di diventare direttore della Lucciola, mi spingeva a fare qualcosa per il nostro giornale. “No, no” pensavo “Non basteranno un editoriale e un articolo per il primo numero, troppo poco per il direttore. Cosa direbbero tutti quanti, sarebbe uno scandalo! Qui ci vuole… Cosa ci vuole? Ah! Ci vuole il secondo articolo!”. E visto che l’apatia post delusione ai Mondiali mi aveva fiaccato nel corpo e nello spirito, qualcosa mi ricordò che due ombrelloni dietro di me prendeva tranquillamente il sole Francesco Graziani, detto Ciccio, bandiera del calcio italiano, 122 gol in 289 partite, e uno scudetto, nella stagione ’75-’76, con il Torino; un quasi-scudetto con la Fiorentina nell’82; con la Roma due Coppe d’Italia fra l’83 e l’86, e la leggendaria finale di Champions dell’84 persa ai rigori contro il Liverpool, di cui molti ricorderanno il suo errore dal dischetto, dimenticando invece la spettacolare partita, sempre in Champions, ma con il  Torino, nell’annata ’76-’77, contro il Borussia Munchengladbach, dove il Toro in otto contro undici riuscì a pareggiare proprio grazie a lui, attaccante, che dopo l’espulsione di Castellini dovette improvvisarsi portiere, compiendo diverse parate decisive, compresa una miracolosa sul futuro Pallone d’Oro Simonsen. Campione del Mondo in Spagna nell’82, 64 partite e 23 gol con la maglia della Nazionale. In tutto 182 gol in 525 partite da professionista. Campione di quella leggendaria stirpe d’Italia di cui ora rimangono solo Totti e Di Natale, e per ora nessun degno erede.

E visto che costui prendeva il sole due ombrelloni dietro di me, mi è sovvenuto il pensiero: perché non intervistarlo? Così avrò quasi senza fatica il secondo articolo: io dovrò solo fare le domande, e sarà l’intervistato a parlare. Poi la fatica l’ho fatta ugualmente, scrivendo un’introduzione di un chilometro per il puro gusto di infrangere ogni regola del giornalismo. Pazienza.

Questo articolo è stato realizzato con la gentile collaborazione di Edoardo Martinelli, che ha filmato me e Graziani, diventando così il primo cameraman della Lucciola sotto la nuova gestione.

Ah, l’intervista è di inizio Agosto, quindi qualcosa è cambiato nel frattempo, ma credo sia interessante vedere quello che è successo con un po’ di senno di prima, anziché di senno di poi come si fa di solito.

 

– Cosa ne pensi sul fallimento dell’Italia ai Mondiali?

– E’ un grande dispiacere, ma forse siamo andati in Sud America con un po’ di presunzione, con l’impressione di essere più forti di quello che poi abbiamo dimostrato di essere. Non siamo stati  molto fortunati in alcune circostanze, però è anche vero che quando si perde con il Costa Rica è bene tornare a casa, vuol dire che è un Mondiale nato male… e poi finito peggio.

 

– Come mai due volte consecutive? (Sudafrica 2010 N.d.R.)

– E’ una pausa di riflessione quella che il calcio italiano deve fare, perché può succedere una volta, però, per la qualità di calcio di una nazione come la nostra, uscire due Mondiali di seguito al primo turno è francamente troppo. Credo che il calcio italiano si dovrà interrogare sul perché succedono queste cose: aldilà della sfortuna o del momento negativo, sembrano davvero eccessive queste due esclusioni così importanti all’inizio.

– Secondo te chi è l’uomo giusto per fare il miracolo di riportare l’Italia ad alti livelli?

– Io non credo che serva un miracolo. Credo che serva un pochino più di qualità da parte dei calciatori, un allenatore che più che allenare selezioni… un selezionatore bravo, che prenda i migliori, li assembli e li faccia giocare insieme. Io penso che Mancini sarebbe l’ideale, ma non so se lui ha voglia di misurarsi in questo momento con la nostra Nazionale.

– Si parla anche di Conte.

– Credo che Conte non possa essere l’allenatore della Nazionale, anche perché lui è un animale da campo: tutti i giorni deve lavorare, urlare, chiamare, discutere… All’età che ha, vederlo in Nazionale dove non si allena più ma si seleziona, mi sembra fuori luogo per lui. Io penso che, se ci si fa caso, tutti i grandi allenatori delle Nazionali sono gente che oramai con il calcio giocato ha poco ha che fare, che è quasi in prepensionamento. Fanno i selezionatori dall’alto della loro esperienza, frutto di un’età diversa. Insomma, a quarantacinque anni come li ha Antonio, andare a selezionare in una Nazionale mi sembra davvero troppo poco per lui.

– Parliamo invece di campionato: la favorita per il titolo chi può essere?

– Secondo me continua ad essere la Juventus: è in assoluto ancora la squadra più forte, perché non ha venduto nessuno, perché ha acquistato buone riserve rispetto a quelle che c’erano prima e che se ne sono andate, ha sempre grande entusiasmo… in questo momento la vedo ancora come la favorita.  Si è avvicinata molto la Roma, ma attenzione anche a Inter, Napoli e Fiorentina fra le sorprese d’alta classifica.

– Allegri potrà far meglio di Conte in Europa?

– Fare meglio ci vuole poco, perché l’anno scorso la Juventus è uscita al primo turno… Allegri farà meglio di sicuro. L’obiettivo della Juve non è quello di vincere la Champions ma di arrivare come traguardo massimo alle prime quattro… e io ho l’impressione che ci siano tutti i presupposti perché questo possa succedere. Ci vuole un pizzico di fortuna, ma in Europa la Juve può dare molto di più.

– Tra l’altro Allegri, con il Milan ha fatto il miracolo di vincere due a zero contro il Barcellona…

– Si, nonostante poi nella partita di ritorno sia stato eliminato, il cammino in Europa del Milan con Allegri è sempre stato molto buono, anche considerando che lui ha avuto solo per un anno una squadra fortissima, e gli anni successivi ha fatto un mezzo miracolo.

– Invece il tuo Torino quanto lontano può arrivare?

-Io credo che, nonostante stasera ci sia la partita di ritorno, il Torino abbia già passato questo turno in virtù della partita vinta in Svezia. Vincere questo turno vuol dire andare al prossimo, che è quello decisivo, e anche più tosto, visto che si cominciano a incontrare squadri più forti del Brommopojkarna. Io ci spero, perché riportare questa squadra nel calcio europeo  sarebbe davvero molto bello, per la storia del Toro ma anche per il calcio italiano. Il primo turno l’ha passato, deve passarne un altro per accedere alla fase a gironi. Speriamo ce la faccia.

(“Salto” dentro l’intervista per un attimo: non solo ce l’ha fatta eccome, ma anzi è l’unica italiana in Europa che ad oggi ci metta un po’di cuore, a differenza di altre cosiddette big.. )

– Peccato per Immobile.

– Beh, Immobile ha fatto un bell’affare. Io sinceramente non capisco come mai il nostro movimento calcistico si sia fatto scappare questo tipo di giocatore. La Juventus in modo particolare, visto che ne aveva la metà del cartellino e doveva soltanto comprare l’altra metà. Evidentemente non hanno creduto in lui. E’un peccato, perché vedere che il nostro capocannoniere emigra e va a giocare in Germania, un po’ dispiace…

– Hai dei programmi per il futuro? Continuerai a lavorare nel calcio?

– Io continuo a lavorare con Mediaset, ho un progetto che sto portando avanti con la Roma, per costruire delle scuole calcio in giro per il mondo, in particolare negli Stati Uniti, visto che la presidenza giallorosa è americana. Loro vogliono sviluppare la loro immagine e il loro brand, e magari trovare dei nuovi De Rossi, dei nuovi Totti, perché lì in America c’è in questo momento un movimento calcistico in crescita in maniera esponenziale. Un domani, magari…

– Forse un giorno saranno al nostro stesso livello.

– Si, se loro capiscono che ci devono essere le categorie intermedie, perché in America c’è la Serie A, come da noi, la seconda squadra, e poi non c’è la Serie B, la C e la D come da noi. Ci sono i campionati universitari, ma lì la competitività è scarsa. Addirittura tanti ragazzi cambiano sport: invece di continuare con il calcio passano al baseball, o al football. Se loro capissero questo, nel giro di quattro anni diventerebbero forti come l’Italia, perché lì l’80% dei ragazzi che giocano sono tutti Sudamericani: Messicani, Peruviani, Cileni, Honduregni, Brasiliani, anche Spagnoli… gli Americani sono circa il 20%. I ragazzi Americani a cui piace il calcio e che giocano a calcio sono più o meno il 20%. Ma tutti gli altri sono oriundi del calcio, che ce l’hanno nel sangue come lo abbiamo noi e che ci giocano come se fossero nei loro paesi di origine.

– E ai Mondiali ce l’hanno fatto vedere…

– E ai Mondiali ci hanno fatto vedere che il calcio Sudamericano è in forte crescita.

 

– Ultima domanda che mi sta a cuore perché io sono tifoso del Cagliari: con Zeman, dove può arrivare?

– Con Zeman mi viene da risponderti: o bene bene o male male. O è una squadra che diverte, fa risultati, crea problemi a tutti, oppure è una squadra che va incontro a un annata disastrosa. Le squadre di Zeman sono sempre così.

– Cinquanta e cinquanta.

– Si. Se indovina la stagione, se la società capisce le esigenze dell’allenatore e i giocatori si mettono a disposizione, con lui possono fare molto, perché con Zeman si impara a giocare a calcio. L’unico problema di Zeman è che lui spesso vede di buon occhio la fase di una squadra dal centrocampo in su, e spesso si dimentica che c’è una fase dal centrocampo in giù. Quando lui non trova quest’equilibrio va incontro a seri problemi, perché una squadra che prende i tanti gol che prendono le sue squadre è un problema se nemmeno ne segna.

– Come il 2-4 quand’era alla Roma contro il Cagliari…

– Appunto.

– Grazie e buone vacanze.

– Anche a voi, ragazzi.

2014-08-07 11.56.31

(Da sinistra a destra: Edoardo Martinelli, Graziani e il sottoscritto)

 

 

 

ALESSANDRO VIGEZZI

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