Una domanda ad Alberto Angela

Parole semplici, chiare, dirette. Gestualità ormai nota, sempre presente, come punteggiatura della sua voce. Così appare Alberto Angela, paleontologo e divulgatore scientifico del programma “Ulisse, il piacere della scoperta”, durante la presentazione dell’edizione francese del suo libro I tre giorni di Pompei, alla libreria Stendhal di Roma. Il tono pacato ma incalzante coinvolge la gente che si è riunita per incontrarlo. Spiegando con chiarezza, senza mai dare nulla per scontato, quasi traducendo per il proprio pubblico, Angela fa trasparire ciò che più di tutto lo accende e lo spinge a parlare, quella passione che egli è riuscito a trasformare in lavoro. Ed è proprio questo entusiasmo che abbiamo percepito quando ha accettato di rispondere alla nostra domanda:

In un’epoca in cui i ragazzi vengono etichettati come disincantati e disinteressati, come mai un programma come “Ulisse”, secondo lei, riesce invece a riscuotere tanto successo proprio tra i giovani?

«Per vari motivi. Innanzitutto il modo in cui si racconta la storia o in cui si trattano gli argomenti scientifici, cioè coinvolgendo, creando emozioni e ponendo le domande che tutti si pongono. Certamente, poi, usando dei termini che sono termini comuni, non ampollosi.

E poi io credo che passi attraverso lo schermo la passione di chi lavora dietro, una redazione che mette molta passione, molto entusiasmo, e siccome i ragazzi sono assai sensibili alle emozioni e vogliono vedere il mondo attraverso l’entusiasmo, il loro entusiasmo, certamente ritrovano un respiro, un battito cardiaco che è simile, vicino a loro.

Credo che sia poi anche il tipo di argomenti, il modo in cui li trattiamo. Se tu vai a vedere la televisione, vedrai tanti programmi che sono fatti come dei magazine, nel senso che si affronta un argomento, poi c’è un ospite, un altro argomento, un altro ospite: non c’è approfondimento. I nostri sono programmi che per due ore ti trattano una sola questione, il che è raro, e i ragazzi vogliono conoscere le cose, approfondire. E soprattutto credo che, in fin dei conti, il nostro sia un pubblico attento, che ha fame e sete di conoscenza, e questo sposa un ragazzo, o una ragazza, che vuole scoprire la vita e imparare»

CHIARA CATALDI

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