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Da Ventotene a oggi: il sogno di Spinelli

Scontata nei carceri di Milano, Lucca, Viterbo e Civitavecchia la pena cui era stato condannato dal regime fascista per attività di opposizione politica, e trascorsi due anni di confino nell’isola di Ponza, nel giugno del 1939 l’intellettuale e politico romano Altiero Spinelli venne trasferito nella vicina Ventotene. È qui che, grazie al contatto con altri esponenti dell’antifascismo di sinistra, in particolare con il giellista Ernesto Rossi, all’evolversi del contesto bellico, a nuove letture e ad un approfondimento filosofico già avviato negli anni precedenti, egli compì la sua definitiva maturazione politica che, da iniziali posizioni comuniste, lo sospinse verso un socialismo liberale arricchito dal lungimirante progetto di creazione di una Federazione europea. Continua a leggere

La folla fra Aristofane e Le Bon

La folla è un’entità di difficile definizione: un insieme di “vespe scatenate”, citando Melantone. Quelle stesse vespe della commedia aristofanea “Σφηκης”, le quali, come da titolo, entrano in scena come sostenitori di Cleone. E non è un caso che proprio Cleone sia il primo nella storia della letteratura ad essere chiamato demagogo (da Tucidide 4, 21, 3 anche se il δημαγωγός riferito ad ἀνήρ è da interpretare differentemente dal significato che diamo noi oggi al termine), ma non sicuramente il primo ad accattivarsi le simpatie della folla grazie all’abile oratoria e a proposte populiste. Nel mondo greco tutti, o quasi, potevano essere demagoghi. Anche il salsicciaio dei “Cavalieri”, un’altra commedia aristofanea, lo può essere: gli bastano “manicaretti di parole […], una voce ripugnante, origini basse, volgarità”. In realtà non è poi così semplice diventare trascinatori di masse. Anzi, spesso è necessaria una specifica e rigorosa preparazione: così valse per tutti i dittatori del ‘900 che fondavano il loro potere proprio sulla persuasione di gruppi umani così manovrabili. Lenin e Stalin, Hitler e Mussolini, tutti lessero molto attentamente “Psicologia delle Folle” dell’etnologo e psicologo francese Gustave Le Bon; il dittatore italiano, in particolare ne era un profondo estimatore, tanto da considerarla un’“opera capitale” a cui spesso fare ritorno. Egli, in effetti, vorrebbe incarnare “il tipo dell’eroe caro alle folle”, il “Cesare”, teorizzato da Le Bon, come il Cleone tucidideo o il Ferrer manzoniano. Continua a leggere