V: l’incarnazione dell’Ideale

“V per Vendetta”, graphic novel sceneggiata da quel genio pazzo di Alan Moore (autore, fra le altre cose, di “Watchmen”, “La Lega degli Straordinari Gentlemen” e di alcune fra le più belle storie di Batman,) e disegnata da David Lloyd (illustratore di fumetti come “Hellblazer” e “Storie di Guerra”), fu originariamente pubblicata in dispense dal 1982 al 1988, a causa di una storia editoriale piuttosto travagliata. Il fumetto diventò subito un cult: a conquistare i lettori fu la storia del terrorista anarchico V, in lotta per sovvertire il governo totalitarista e fascista di una Londra distopica, all’indomani di un conflitto nucleare. Il protagonista del romanzo arrivò a conoscere fama mondiale, anche grazie alla buona – seppur poco fedele – trasposizione cinematografica, diretta da James McTeigue e sceneggiata dai fratelli Wachowski (gli stessi di Matrix).

C’è però un “ma”. Negli ultimi anni, il volto – o meglio la maschera – di V è salita agli “onori” della cronaca a causa di schiere di manifestanti violenti e di hacker pericolosissimi (i sedicenti Anonymous) che, facendosi scudo dell’immagine del personaggio, inneggiano all’anarchia e alla rivoluzione, usando le sue idee come giustificazione per gli atti vandalici (sia virtuali sia materiali) che compiono, e riducendo ciò che veramente simboleggia a un mero ideale politico, tanto che tale maschera tende ad essere identificata dai non lettori più con questi movimenti che con il protagonista della graphic novel. Invece, chi è V?

La verità è che non ne abbiamo la più pallida idea: non sappiamo assolutamente nulla su chi fosse il nostro terrorista prima di indossare la maschera. Tutto ciò che sappiamo è che, quando il regime dittatoriale di Adam Sutler fu instaurato a Londra, venne deportato nel campo di concentramento di Larkhill, insieme a migliaia di persone “diverse” (per religione, provenienza, orientamenti politici e sessuali…), allo scopo di effettuare esperimenti su cavie umane, esperimenti che sembrano aver lasciato solo lui come sopravvissuto. Evase poi dal campo, e, rifugiatosi nelle stazioni della metropolitana – che erano state chiuse allo scoppio della guerra nucleare e mai più riaperte – elaborò un piano per sovvertire lo Stato e vendicarsi dei suoi aguzzini.  V è dunque uno di questi “diversi”; ma questa è l’unica informazione certa sulle sue origini.

Perché ritengo questo aspetto di fondamentale importanza? Perché, a mio parere, V non è il simbolo di un ideale, ma è il simbolo dell’ideale, in generale: il messaggio dell’opera (e che nessuno si azzardi a dire che un fumetto non può essere un’opera) è che tutti noi, se crediamo davvero in un ideale, qualunque esso sia, siamo V. Per questo il suo volto non è mai mostrato, per questo non ci è dato sapere perché fosse rinchiuso a Larkhill, per questo si veste sempre di nero. E’ un personaggio indefinito, sotto il suo travestimento potrebbe nascondersi chiunque, e, una volta giunti alla fine del romanzo – o del film – non ci interesserà per nulla chi egli sia veramente.  Se dunque la sua identità può restare indefinita, perché non può restare tale anche ciò che simboleggia? Perché bisogna etichettare il Nostro come simbolo dell’anarchia, quando in realtà, così facendo, si va colpevolmente a semplificare il messaggio morale dell’opera, ben più alto rispetto alla semplice politica? E’ lui stesso, infatti, a dirci che “sono gli uomini che conferiscono potere ai simboli”…

DAVIDE RUBINETTI

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Google photo

Stai commentando usando il tuo account Google. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...