Intrighi e magie in una Londra senza tempo

Sono Bartimeus! Sono Sakhr al-Jinni, N’gorso il Possente, Serpente dalle Piume d’Argento! Ho riedificato le mura di Uruk, di Karnak e di Praga. Ho parlato con Salomone. Ho corso nelle praterie insieme ai padri dei bufali. Ho sorvegliato l’Antico Zimbabwe fino a quando le pietre caddero e gli sciacalli banchettarono con le sue genti. Sono Bartimeus! Non riconosco signore alcuno. E per questo ora sono io che ti ordino di parlare, ragazzo: chi sei tu per convocarmi?

Preparatevi… perché se inizierete a leggere L’amuleto di Samarcanda conoscerete Bartimeus, il jinn più sarcastico, irritante, linguacciuto e sicuramente il meno modesto che si sia mai visto sulla faccia della Terra! Spirito millenario dalla scoppiettante personalità che, nel corso dei secoli, viene continuamente convocato sulla Terra per compiere grandi imprese su ordine dei maghi. I maghi, chi sono questa volta? Insomma, ne abbiamo avuto esempio in tutti gli universi fantastici, ma qui… beh, per definizione un mago venderebbe sua nonna per un pezzo di sapone (come Bartimeus ci fa notare). Padroni ambiziosi e corrotti che da cinquemila anni detengono il vero controllo sugli imperi più potenti. Questa volta, tuttavia, la magia non è controllata dai maghi, ma da spiriti (esseri di vario livello che vengono dall’Altro Luogo, in ordine: folletti, foliot, jinn, ʿafārīt e māridūn) che vengono assoggettati al loro controllo (mi raccomando, non chiamateli demoni, è maleducazione).

Ne L’amuleto di Samarcanda siamo a Londra, una Londra tenebrosa e senza tempo, leader mondiale di un universo simile, seppur alternativo, al nostro. Qui la principale occupazione dei membri del governo non è che… racimolare quanto più potere possibile e, magari, far fuori anche qualche nemico. E in una trama di intrighi e inganni ci sono tutti i segnali per cui qualcosa di più grande sta per accadere. A chi tocca sistemare tutto? Suo malgrado al (nobilissimo) jinn Bartimeus, con il suo spiccato senso dell’umorismo! A convocarlo questa volta non è un potente mago (Gilgamesh, ad esempio), ma un ragazzino: Nathaniel, giovane mago ambizioso, testardo e con un orgoglio sconfinato, seppur con un lumicino di coscienza, una propensione a cacciarsi nei guai e tendenze suicide. Tutte “doti” che vengono continuamente commentate e sbeffeggiate dalle note a piè di pagina che riportano i pensieri del jinn, aiutando a capire il suo punto di vista e quest’inusuale mondo di magia.

Ripercorrendo le strade della capitale inglese non incontrerete mai personaggi piatti o scontati, ognuno è estremamente diverso e complesso ma, al contempo, chiaro. Mentre i protagonisti si muoveranno tra i fili di una trama frizzante (ovviamente scambiandosi non pochi giudizi sarcastici, commenti sfrontati e prese in giro), vi ritroverete con il fiato sospeso fino all’ultima pagina. Attraverso uno stile non banale ma ricercato ed elegante, questo primo capitolo di una saga matura e assolutamente inusuale si proietta al di là delle centinaia di libri ricalcati da Tolkien. Con L’amuleto di Samarcanda, L’occhio del golem, La porta di Tolomeo e L’anello di Salomone, Jonathan Stroud vi farà innamorare del percorso dei personaggi e del loro cambiamento.

Perché questa è una storia in cui non esiste confine tra bene e male, bensì solo la loro imprevedibile fusione; come ci dimostrano il jinn Bartimeus, il mago Nathaniel e in seguito anche la ribelle Kitty Jones, il limite tra questi due opposti non è mai limpido, ma ricco di incredibili sfaccettature.

BIANCA DELLA GUERRA

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