Lo sferzante black humour di The Preacher

Alla scoperta dell’irriverente serie tv americana, tratta dall’omonimo fumetto di Garth Ennis

Che c’è da aggiungere? Ah, forse voi siete tra quella parte di umanità che ancora non conosce Preacher, e allora direi che è proprio il caso di sbrigarsi a rimediare! Preacher è… è un po’ tutto, è l’opera somma di Garth Ennis, il fumetto americano definitivo partorito direttamente da quello che era (rimasto del) cervello del fumettista americano definitivo, l’emblema più luminoso della cultura pop della fine degli anni ’90.

Il punto però è un altro, di gran lunga più significativo. Succede che l’emittente americana AMC (sì, quella di Breaking Bad… no, non dite The Walking Dead per l’amor di Dio!) ha deciso che era il momento di smetterla di propugnare letame (TWD) ai suoi abbonati e quindi ha deciso di ripartire con classe, e che classe! Ebbene sì signori, hanno finanziato un adattamento al piccolo schermo del fumetto più violento, dark, ironico, sprezzante, cinico e dissacrante mai realizzato. Beh, almeno uno dei migliori.

Al momento in cui scrivo è uscito solo il pilota (che cos’è un pilota? Io non guardo la tv…), il primo episodio, ed è semplicemente stupendo. Un cast pazzesco di attori che non avevo mai sentito nominare e che non citerò perché non mi va di cercarli su internet, una sceneggiatura veloce, tagliente, immersa fino al midollo nel black humour più pesante in circolazione, una vera e propria sferzata che lancia lo spettatore nel delirio più puro e lo tiene legato ai personaggi per tutti e 63 i minuti. Ah sì, i personaggi, ma andiamo con ordine:

Partiamo dal presupposto che Preacher, già nell’idea di Ennis, nasce come una violenta, ma veramente violenta, opera di satira sulla Chiesa Cattolica. Ma proprio irriverente,  lontana  dall’ironia  mainstream  a  cui  si  è abituati,    in     grado     di     rivaleggiare      con  Don  Zauker, il miglior fumetto satirico italiano mai concepito sullo stesso tema. Solo che Preacher ha anche un potente interesse narrativo che non è, e sottolineo non è messo in secondo piano.

La storia dei personaggi di Preacher è magnifica: essi si immergono in un road movie a tinte pulp e western, mescolato ad una violenza grafica much splatter, con l’unico obiettivo di trovare, letteralmente, Dio. Il nostro Preacher (inglese per “predicatore”, o “prete”, vergogna) è Jesse Custer, un uomo dal passato criminale che ha deciso di ricominciare una nuova vita come predicatore in una piccola cittadina del Texas. Inutile dire che sarà posseduto da un’entità divina concepita dal rapporto incestuoso non autorizzato tra un Immagineangelo e un demone che lo porterà appunto a cercare lo stesso Padre Eterno, che nel frattempo se l’è svignata dal paradiso. Seems legit. Poi c’è Tulip, la sua ex ragazza, e una delle tipe più toste che vedrete in tv (lasciate perdere Orange is the New Black, lo dico per voi). E poi c’è il mio personaggio preferito, good ol’ Cassidy, un vampiro ubriacone irlandese, interessato allo stesso modo ad un buono Scotch invecchiato 25 anni che al sangue di vostra sorella.

C’è ovviamente anche il lato iper-critico sulla società americana di campagna, sul bigottismo, sul razzismo e la corruzione generata dall’istituzione ecclesiastica, ma il vero punto forte di Preacher, (sembra che anche la serie prometta bene), è che anche tutto ciò, invece di assumere quei toni seriosi da letteratura russa dell’800, è narrato con uno stile maledettamente divertente.

JACOPO SORU

 

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