Gersh-wins: tra jazz classico e moderno

George Gershwin, l’uomo che portò il jazz nel sancta sanctorum dei generi musicali

Arrivato ad uno degli ultimi numeri della Lucciola su cui scriverò, non potevo non parlare di uno dei più grandi musicisti del ‘900, uno che riuscì a sintetizzare musica popolare e musica classica, e che elevò il jazz a genere colto e non popolare, colui che, chiedendo lezioni di piano a Maurice Ravel, fu liquidato dal compositore francese con: “perché vuoi diventare un mediocre Ravel quando già sei un buon Gershwin?”.

Insomma, è il genio di George Gershwin di cui sto parlando.

Gershwin nasce alla fine del XIX secolo a New York, nel 1898 per la precisione, e non passa molto tempo prima che il piccolo George inizi a suonare nonché a scrivere musica. Infatti le prime composizioni risalgono al 1915 e il primo successo solo un anno dopo When You Want’em, You Can’t Get’em, When You’ve Got’em, You Don’t Want’em, un brano breve e spensierato ma allo stesso tempo contagioso motivetto, che è impossibile togliersi dalla testa. Tuttavia il vero salto di qualità lo farà solo negli anni subito successivi alla Prima Guerra Mondiale, quando pubblica Half Past Eight e La Lucille, che gli permettono di prendere la strada di Broadway.
Ovviamente la carriera di un giovane compositore come Gershwin era appena iniziata e proprio nella decade dei roaring twenties scrive delle opere celeberrime, cimentandosi nella prima opera lirica, ma soprattutto portando su palcoscenico Girl Crazy, un musical che ha fatto storia. Quest’ultimo esce nel 1930. I testi furono scritti dal fratello di George, Ira Gershwin, e conteneva tra i brani dell’opera la famosissima I Got Rhythm che divenne in seguito uno standard jazz tra i più famosi per il suo peculiare giro di accordi e progressione armonica, e che poi fece scuola ad altri grandi jazzisti come Charlie Parker o Gizzie Gillespie.

Sempre durante gli Anni Venti Gershwin mostra tutto il suo talento anche nel comporre musica classica. Infatti lui amava e ammirava moltissimo il gusto europeo, cosicché in contemporanea ai successi più popolari con le canzoni jazz-blues, scrisse altri capolavori della musica moderna. Il primo in ordine cronologico, a mio parere uno dei più belli, è Rhapsody    in    Blue,     che     probabilmente     tutti conosceranno per essere presente nel film Disney Fantasia 2000.

È importante sapere che Gershwin scrisse lo spartito solo per il piano e che quindi fu poi orchestrato da Ferde Grofè (un altro musicista statunitense). Tre anni dopo Rhapsody in Blues George Gershwin si dilettò finalmente nel primo concerto per piano scritto e orchestrato da lui stesso: Concert in F. Il “Concerto in Fa” di Gershwin rispetta quella che è la forma canonica dei concerti, essendo diviso in tre movimenti: il primo Allegro, che inizia in maniera veramente minimale, con poche note lunghe e distese che crescono insieme al graduale ingresso degli strumenti, mantenendo un ritmo sincopato, fino ad arrivare all’apice della tensione che si andrà a disperdere verso la fine della prima parte; il secondo movimento, Adagio, in cui si sentono particolarmente le influenze blues e le sonorità classiche, contagiate dal jazz, non scompaiono neanche nel terzo movimento, Allegro Agitato, durante il quale i tempi misti aiutano a riproporre i vari temi del concerto, per poi concludersi divinamente nel grandioso finale.

Cambiando ancora genere e analizzando la produzione degli anni più avanzati del musicista di New York, è doveroso citare la sua grande opera lirica Porgy and Bess, suonata per la prima volta nel 1935, il cui libretto fu scritto dal fratello Ira Gershwin e dall’autore della storia di Porgy, un mendicante disabile che viveva nei quartieri neri malfamati di Charleston, Dubose Heyward. Ovviamente non potrò parlare di tutta l’opera ma in particolare citerò uno dei più gloriosi successi di Gershwin: Summertime, un brano eterno diventato praticamente un modello per tutti i jazzisti successivi. Negli ultimi anni della sua vita Gershwin si trasferì a Beverly Hills – dove morì nel 1938 – dopo essere divenuto collaboratore dell’industria cinematografica a Hollywood, avendo scritto numerose colonne sonore.Ai pochi che sono riusciti a finire di leggere l’articolo e che si sono sorbiti circa settecento parole su un artista per loro pressoché sconosciuto consiglio di perdere quella mezz’oretta per sedersi in poltrona con le cuffie sulle orecchie o con delle buone casse accese e ascoltare qualcuno dei brani citati o anche tutto il Concert in F o addirittura guardare un filmato di Porgy and Bess. Per tutti coloro che invece conoscevano già George Gershwin come personaggio e come musicista, spero vivamente che siate d’accordo con me quando dico che è uno degli artisti più influenti di tutto il secolo.

RAFFAELE VENTURA

 

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