Il Ponte dell’Angelo

Il sonno si stende uniforme sulla città e nulla, o quasi, si muove. Solo, verso est, qualcuno arranca in prossimità del ponte cercando un sole nella notte profonda.  Giunto sul posto incrocia i primi sguardi di pietra. Non si ode un suono. “A voi non importa vero? Il dolore non vi sfiora per niente. Voi, con quelle pupille di marmo, e quelle ali granitiche incapaci di desiderare l’aria.” 

Il giovane parla più a sé stesso che al celeste uditorio sul fiume. Non si aspetta risposte.

“E dovreste essere personificazioni dell’Amore divino? Ma per favore; non c’è niente di più lontano di voi dall’Amore. Ridicoli pennuti malformati…” prosegue guardando l’alto palazzo circolare che ha davanti.

“Tu lassù? Rinfoderi la spada? Ritieni che basti questa carneficina? Ipocrita…”

I marmi lo fissano dai piedistalli e ignorano una folata di vento che scompiglia invece le falde del suo cappotto.

“L’Amore” sussurra, “ma andate al diavolo…”

“Hai finito?”

E’ una voce atona quella che lo fa trasalire, qualcosa di esterno al tempo, la voce che potrebbe avere un’iscrizione su una lastra di granito.

Con disarmante indifferenza l’angelo che regge una croce scende dal suo piedistallo e per non inciampare nelle lunghe vesti, che pure non sembrano aver perso la consistenza e l’aspetto della pietra, se le tira su. Ripete la domanda e il giovane, stordito, risponde con altrettanta normalità: “Diciamo di sì.”

“Ottimo, allora permetti a me e ai miei di replicare.”

In quella si accorge che alle sue spalle è venuta a crearsi un’assurda adunanza di angeli di pietra e chi non è ancora fra loro si sta affrettando a raggiungerli.

“Ci hai offerto insulti gratuiti, asserisci che siamo quanto di più lontano ci sia dall’Amore. Non fare quella faccia, l’imbarazzo è evidente, se muovi una critica aspettati sempre una risposta.”

Un altro prosegue, hanno timbri diversi, eppure sembrano tutti strumenti della stessa orchestra:

“Quelli che ci vollero avevano un’idea propria della bellezza. Avevano una personale visione dell’Amore. Una visione edulcorata? Stravagante?”

Subentra un altro alla sua sinistra: “Assurda? Ridicola? Di fatto, chi sei tu per dire a noi che siamo

 

un’idea sbagliata dell’Amore? Non critichi l’Amore, critichi un’idea dell’Amore.”

Egli ormai ha abbassato lo sguardo, un altro prende la parola: “Il tuo biasimo deve andare a chi ebbe quest’idea dell’Amore? Alla ragione per cui l’ebbe o magari alla debolezza di alcuni aspetti di quest’idea personale che, in quanto tale, pecca di soggettività?”

Al giovane arriva un’ennesima salva di domande: “E la tua idea è debole o no? E’ oggettiva o soggettiva? L’oggetto del tuo Amore è tale per le sue qualità effettive o ne deformi l’immagine in questa, mi si perdoni il gioco, luce angelicata?”

Questa non suona così retorica come domanda, ma il giovane viene distolta dalla risposta non appena si accorge che in cima al castello, l’angelo bronzeo non c’è più. Ed è proprio questi dalla testa del ponte ad intervenire per ultimo: “Inutile rispondere, era retorica quanto le altre.”

Senza apparente premeditazione il giovane gli domanda:” Perché hai la spada sguainata?” L’angelo sorride e lo lascia continuare. “Come mai non è nel fodero e la impugni? Non dovresti essere simbolo di pace?”

La risata che segue è metallica e ha ben poco di divertito: “Perché non ho la spada nel fodero, dici… hai ascoltato anche solo una parola di quello che ti abbiamo detto? Tralasciando il fatto che il fodero che porto non è cavo, avresti dovuto meravigliarti di vederlo altrimenti. Questo perché, te lo ripeto di nuovo, io sono l’esatta idea di bellezza e Amore che chi mi volle aveva. Le idee hanno colpa del modo in cui sono state concepite?” “Voi siete un’idealizzazione dell’Amore”, più che una replica era una timida constatazione.

Nuovamente l’angelo sorrise:” Che differenza c’è tra idea e idealizzazione? Quale di queste è oggettiva?”

Il giovane d’improvviso si spazientì:” Per quale dannata ragione invece di rispondere fate solo domande?”

Altra folata d’aria, mentre ognuno torna al proprio posto, l’angelo di bronzo dice da sopra una spalla:” Perché magari di questo mondo dovremmo saperne meno di te? Perché tu piuttosto non te ne fai di più?”

ANDREA MASSIMI

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