Titanic! Il futuro dell’Europa dopo il TTIP

Il 9 Giugno il Parlamento Europeo si riunirà per una votazione preliminare sul TTIP. È arabo, vero? Non c’è davvero ragione di sospettare che chi è al potere stia accuratamente cercando di non accendere il dibattito… e solo dei “gufi” in malafede possono pensare che quando dei parolai di professione mantengono la segretezza il pericolo è in agguato.

Il TTIP, o Patto Transatlantico, mira a fondere gli USA e l’Unione Europea in un unico, colossale sistema economico.

Dovrebbe conseguire due obiettivi: rilanciare due realtà sempre più fragili e contrastare allo stesso tempo l’ascesa della Cina, oramai prima potenza mondiale, e dei cosiddetti Brics (Russia, Brasile, India e altri) terre ricche di opportunità… per chi ha già tanti soldini. Difatti gli economisti gli hanno dato un nome allegro, che suona un po’ come “brindisi!”.

Non è difficile prevedere che questo patto rilancerà il mercato dello champagne per i brindisi di chi è al governo… Ma lungi da me ogni ironia! E’ evidente che questi individui certi conforti se li possono permettere, perché sanno tutto della sofferenza. Non vedete che lavorano senza sosta per aiutare coloro che sono in difficoltà? Non è su questo che impostano le loro campagne elettorali?

Premetto che non sono un economista, quindi non ho la pretesa che le mie parole si delineino come la verità divina scesa in terra a illuminare i mortali. Mi limiterò a servirmi di due strumenti ad oggi molto trascurati, la logica e il buonsenso, per offrire uno spunto di riflessione.

L’aumento del benessere economico è la prima finalità di questo trattato. Proviamo ora ad analizzarlo con qualche domanda “alla Socrate”, al cui immortale metodo di indagine bisognerebbe sempre ispirarsi quando bisogna scavare all’interno di argomenti complessi.

La prima domanda è: quale dei due sistemi economici in gioco si è finora rivelato quello vincente sul piano della ricchezza? La risposta è scontata.

Quindi, quale dei due si adatterà all’altro? La risposta è la stessa. Visto che la fusione sarà “sbilanciata” in un senso saranno le leggi e le norme che costituiscono il nostro sistema ad omologarsi a quelle a stelle e strisce. I principali attori sulla scena economica di Stati Uniti e UE si ritroveranno così su un terreno comune.Nuova immagine

(tì estì) E chi sono questi “attori”? Da un lato ci saranno le colossali multinazionali americane, dall’altro le non altrettanto possenti aziende nostrane. In altre parole le prime, non trovando rivali in grado di opporsi in maniera significativa, potranno estendere agevolmente la loro influenza su entrambe le sponde dell’Atlantico. Non è esattamente un accrescimento da poco.

Quali saranno le conseguenze, allora? Simili entità possono essere tenute sotto controllo, com’è facile capire, solo con grande difficoltà. Raddoppia il potere, raddoppia la difficoltà.

Il primo fine di queste entità è il profitto. Se si imposta l’intera politica economica alla ricerca di quest’ultimo, e se controllare i potenti che lo perseguono diventa così arduo, è naturale che tenderanno a perseguirlo nella maniera più conveniente per loro.

Rispettare i diritti degli altri, infatti, ha un costo: ad esempio, è molto redditizio  modificare  il  codice genetico  delle  piante per adattarlo alle proprie esigenze di produttività, utilizzare fertilizzanti tossici ma più economici, e nutrire gli animali da allevamento con ormoni e antibiotici.

L’Europa è uno degli ultimi baluardi della tutela della qualità della vita, e finora tutte queste cose sono illegali. Tuttavia, sono state inserite in alcune clausole del TTIP.

Su questo argomento i superstiti attivisti civili si sono mobilitati su grande scala, e quindi l’approvazione di tali clausole è in dubbio.

Comunque vada, il problema rimane: entità così poco controllabili e così in linea con le direttive economiche delle alte sfere non troveranno forse il modo di aggirare le regole in molti altri settori?

Citiamo pure qualche altro esempio di situazioni analoghe, che non ne mancano di sicuro: continuando a seguire la stessa linea di pensiero di poco fa, rende molti più soldi continuare ad utilizzare il petrolio piuttosto che investire nelle rinnovabili, ed è ancora più lucroso introdurre anche in Europa l’innovativa tecnica del fracking, per motivazioni spiritose come “l’indipendenza dall’oro nero dei paesi arabi”.

Nuova immagineCome la maggior parte dei lettori saprà, il fracking è una tecnologia permette di estrarre il petrolio da giacimenti altrimenti irragiungibili. Sarebbe un’ottima cosa, se solo l’effetto serra fosse una favola, ma c’è un altro piccolo problema: come è accaduto negli States, questa tecnologia ha reso invivibili intere contee e intossicato i suoi abitanti. Il che è illegale.

Consci dei rischi, ben prima che il fracking si diffondesse su scala nazionale gli attenti legislatori americani avevano imposto severe regole e limitazioni . Vedendo i danni causati sembra ovvio, tuttavia, che siano state aggirate.

Il bello è che nessuno è ancora riuscito a provarlo, se non in casi sporadici. Questo è quello che possono fare certe lobby, ed è questo che intendevo con “poco controllabili”.

Ma continuiamo con le domande socratiche. Il fine ultimo del trattato, il benessere economico, non può essere raggiunto senza una maggiore dinamicità ed efficienza, no? Il mezzo che attualmente si utilizza nel mondo capitalista per ottenere entrambe è la libera concorrenza. L’America ne è il più grande esempio, e con il TTIP, l’Europa dovrà adattarsi.

La parola d’ordine sarà, quindi “libera concorrenza, su tutto”, anche in ambiti (come da clausole) quali il mercato del lavoro, l’acqua e la sanità. Sulla carta tale efficienza dovrebbe servire al progresso e al bene comune, ma se il fine del trattato e dei potenti che lo propugnano è il profitto, allora è a quest’ultimo che tale efficienza è finalizzata. E se il profitto è maggiore quanto più ci si può infischiare dei diritti, vi lascio immaginare le conseguenze.

Si può obbiettare: però i politici, se vogliono essere rieletti, non potranno permettere tutto questo e si opporranno.Nuova immagine

Difficile. Innanzitutto, questa logica vale per popolazioni sane e fiduciose nella democrazia e nella politica e ad esse interessate e partecipi… qualcuno per caso si rispecchia? In secondo luogo, i politici americani non vengono forse rieletti comunque (segno che le masse purtroppo si abituano facilmente anche a certe coltellate alle spalle)? E infine: chi ha in mano le leve del potere ha davvero tutto questo interesse a contrastare chi può garantirgli appoggio e ricchezza pressoché illimitate? Sarà per loro molto più gradevole presentare alle gaudenti mascelle del popolino il grande pasto del benessere economico. Perché, pur a questo carissimo prezzo, almeno il primo scopo del trattato viene raggiunto, no? La risposta giusta è ni.

Il perché si nasconde nel sillogismo di prima: se le multinazionali che fanno la parte del leone sono così influenti, e se mirano al massimo del profitto, ancora una volta eluderanno con astuzia la questione dei diritti. Faranno quello che già fanno adesso: convogliare su di sé la maggior parte del flusso di denaro. Saranno più potenti, e lo faranno in misura maggiore. O c’è forse qualcuno che crede che i loro capi saranno presi da attacchi fulminanti di moralismo?

Calza a pennello, qui, ricordare il grande interrogativo che altre menti hanno posto già da un pezzo: il benessere economico non è più giusto e meno dannoso per il prossimo, quando è ottenuto con l’equa divisione delle ricchezze concentrate nelle mani dei pochi (quelli che richiedono riforme agli Stati perché si saldi il credito nei loro confronti)? Certo che sì.

Forse non è  un  caso  che   proprio  in  questi  giorni  su  diversi giornali stiano comparendo statistiche su queste percentuali, ma in ogni caso non serviranno a molto: la gente ha già fatto il callo a questo argomento, quindi se l’è dimenticato, e, se ne sente parlare ancora, lo ignora. Inoltre, la ricchezza è così affascinante, soprattutto in confronto alla dura pratica dell’onestà, e chi ce l’ha è così scomodo da affrontare… chi non lascia perdere senza ulteriori discussioni?

Una volta che le briciole lasciate dalle multinazionali saranno spacciate come grande conquista, in quanti faranno caso al fatto che le proporzioni sono state rispettate?

Leggendo l’economia in senso geostrategico, una possibile giustificazione dell’esistenza e della prepotenza di certe élite è quella di dover contrastare le altre élite di altre nazioni, che altrimenti, con la loro aggressività, sarebbero un rischio per la propria economia.

Nuova immagineE qui veniamo al secondo grande scopo del trattato: la difesa dell’Occidente dalla Cina e dalle altre economie emergenti, assieme alle quali l’ex-celeste Impero ha da poco varato una banca internazionale di investimenti.

Gli USA pensano in grande, soprattutto quando si sentono minacciati. Il TTIP è solo un primo passo: il sogno è riunire in un’unica, comune area economica di libero scambio tutti gli Stati filo-statunitensi o filo-occidentali, a cominciare da quel colosso in miniatura che è il Giappone.

Ed ecco l’ultimo e più bruciante interrogativo: il benessere economico guadagnato in maniera tanto spietata è davvero l’unica cosa in grado unire queste nazioni e contrastare l’ascesa delle rivali?

Guardate i combattenti dell’Isis. Per quanti soldi possano fare chiedendo il pizzo ai regimi arabi e commerciando sul mercato nero, sono pochi, poveri e disorganizzati se paragonati agli eserciti che li circondano. Eppure resistono, e passano all’offensiva. Perché? Certo, sfruttano una congiuntura storica favorevole, però sono anche motivati. La loro è un’ideologia sporca, crudele e aberrante. Però hanno un sistema di valori in cui credere, e che affascina e seduce ancora di più nel vuoto esistenziale del mondo di oggi e in particolare dell’Occidente. E’ così che attirano migliaia di occidentali e rischiano di unificare sotto la loro tirannia un mondo arabo in crisi e vulnerabile.

Ben pochi dei popoli sparsi su questo pianeta hanno visto i soldati cinesi calpestare le proprie terre. Quindi è logico supporre che la Cina, pari per brutalità economica e sociale a ciò che verrebbe fuori dall’attuale TTIP, sarebbe sicuramente preferibile a noi Occidentali nella lotta globale per la supremazia, se non avessimo qualcos’altro da offrire: il più nobile dei sistemi di valori. Non la libertà, ma qualcosa di ancora più vincolante: una società libera! Libera, prima di tutto, dalla corruzione che il TTIP con ogni probabilità porterebbe.

Si potrebbe ancora obiettare: però, tolti i casi spinosi, il TTIP non sarebbe potatore di un cospicuo e sano benessere? E’ necessario rispondere con un’altra domanda: tolti i casi spinosi, cosa rimarrebbe di redditizio?

No, non è l’aumento del Pil la strada che l’Occidente deve seguire per reggere il confronto globale e rendere migliore un mondo che non sta esattamente andando nella più desiderabile delle direzioni. Nuova immagine

Si può considerare sano un Paese il cui Pil aumenta, ma l’ambiente viene devastato, l’istruzione regredisce, le disuguaglianze aumentano, e la cultura e gli ideali che costituiscono l’identità nazionale si sgretolano e si polverizzano? Ovviamente no: e per questo motivo l’Economia (intesa come formulazione teorica e insieme di esperti) se n’è accorta da un bel pezzo e ha inventato altri indici per valutare il benessere di una nazione. Infatti questo articolo non è una critica all’Economia, ma a ciò che viene messo in pratica! A cominciare dal TTIP, che sembra essere la quintessenza, il trionfo di tutto ciò che ci sta portando alla rovina.

Il Patto Transatlantico… non so a voi, ma a me di transatlantico ne viene in mente solo uno, indovinate quale…

Ma come facciamo a sapere che di fronte a noi c’è un iceberg se non ci sporgiamo dal parapetto e guardiamo? Anzi, forse la metafora non è appropriata: anche uno sciocco si accorge di una crisi imminente. L’iceberg deve essere lontano, per individuarlo deve servire un cannocchiale. Questo cannocchiale è fatto dall’intelligenza, dalla cultura, Nuova immaginedalla sensibilità.

Siamo in un tipo di scuola che, pur non essendo in grado di infondere la sapienza direttamente nei nostri cervelli, di sicuro ci offre gli strumenti per costruircelo questo cannocchiale… e forse è proprio per questo che la vogliono chiudere. Magari non monteremo benissimo il nostro cannocchiale. Magari nell’oscurità prenderemo lucciole per lanterne. Ma altrimenti, come diavolo faremo a sapere quando è il momento di gridare “Titanic!” e almeno provare a salvare la nave?

ALESSANDRO VIGEZZI

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