Il mio viaggio

Viaggio. Già il solo pensare a questa parola fa aprire un mondo. Sono sicura che, se chiedessi a dieci persone cosa la parola “viaggio” fa venire loro in mente, direbbero tutti cose diverse, ma che, in fondo, si riducono alla stessa cosa: viaggio è evasione, libertà, novità, scoperta. Per quanto mi riguarda, se dici “viaggio”, a me viene in mente un aeroporto. Sarà che ho sempre viaggiato con l’aereo, e quindi l’associazione mi viene spontanea: nella mia mente è da lì che ciascun viaggio comincia.

Non so bene perché, ma gli aeroporti mi affascinano tantissimo. Sono luoghi strani; sembrano delle piccole città (dentro c’è di tutto, negozi, bar, ristoranti, ecc.); l’unica differenza è che non ci sono case: sarebbe inutile, perché i suoi abitanti non vi si fermano mai per più di due, massimo tre ore. Poi partono. Sono come città di passaggio, come un limbo in cui tu attendi e immagini quello che verrà dopo.

La cosa che mi piace di più, ogni volta che mi capita di trovarmi in aeroporto, è osservare tutti quegli strani abitanti-viaggiatori, e indovinare le varie destinazioni; ci sono le famiglie numerose che si trascinano dietro cinquantamila borse e borsoni; c’è l’uomo d’affari che porta con sé soltanto una ventiquattrore, e per lui il viaggio sarà soltanto di lavoro; ci sono i gruppi di amici, che già pregustano le settimane di divertimento; ci sono i neosposini in viaggio di nozze; c’è il ragazzo che è stato mollato, e parte da solo per ritrovare sé stesso…

E tutti loro, appunto, pensano e immaginano il viaggio che, tra, poco, compiranno. Ma in realtà, per tutti loro, il viaggio è già iniziato. E’ iniziato nel momento stesso in cui hanno messo piede in quell’aeroporto, no, nel momento in cui hanno fatto le valigie, no, ancora prima, nel momento in cui hanno pensato a sé stessi in quella città, e pianificato i monumenti da visitare. In realtà, è iniziato nel momento stesso in cui hanno preso la decisione di partire.

Ed è una decisione che, davvero, non è mai facile. Almeno per me. Ogni volta, prima di una partenza, mi si agita qualcosa dentro, un’inquietudine, un’ansia strana. Adrenalina, eccitazione? Certo. Ma anche paura. Una paura che è quasi irrazionale, inconscia, e deriva dal fatto che so perfettamente che ciascun viaggio è qualcosa di impegnativo, è una sfida; richiede il coraggio di lasciarsi andare, di dimenticarsi di tutto, del mondo che conosciamo, delle nostre abitudini, perfino di noi stessi. Il coraggio di conoscere nuove realtà e di adattarsi ad esse; di lasciare da parte i pregiudizi e di vivere, anche se per poco, in modo diverso da come siamo abituati a vivere. Il coraggio di andare davvero oltre, di superare i confini, e non soltanto con il corpo, ma anche e soprattutto con la mente.

Forse è per questo che mi piacciono tanto gli aeroporti, la loro atmosfera, la sensazione che da lì potresti andare ovunque. Perché una volta entrata nell’aeroporto, spedite le valigie, superati i controlli… Non mi resta che attendere il volo, e, nel frattempo, passeggiare per le grandi vie di questa strana città senza nome, dove tutto è ordinato, e grande, e bianco, e, sì, impersonale, ma è quell’impersonale che ti serve per dimenticarti di tutto, come un foglio vuoto dove scrivere una nuova storia. E allora, improvvisamente, la paura mi passa. E sono pronta per partire.

ALICE BERTINO

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