Liberté égalité fraternité

Giorgina impazzì verso i ventotto, stava guardando la sua soap opera preferita e gli uccellini cantavano leggiadri in quell’ottobre roseo. Il primo sintomo furono le lentiggini che le sputarono improvvisamente su tutto il corpo, prima sul viso, poi sulla pancia e via via su tutto il corpo. Il secondo sintomo fu la visione di Chopin, non lo riconobbe subito, le ci volle almeno una frazione in più di qualunque pianista estimatore del “poeta del pianoforte”. Apparve proprio all’angolo del suo cucinotto, lo riconobbe poiché tempo addietro aveva avuto l’occasione di osservare alcuni dipinti di Delacroix e fortuna… c’era anche lui. Chopin iniziò a parlare Polacco. Giorgina non sapeva né il polacco, né qualunque altra lingua al di fuori del francese. Giorgina rideva, Chopin rimaneva serio e borbottava quella lingua incomprensibile. Dall’espressione della faccia sembrava piuttosto indignato contro la poverina ma lei continuava a ridere e a guardare quanto le lentiggini si fossero espanse sul suo corpo. Lui cacciò un urlo e sparì.

Terzo sintomo: degli enormi vermi iniziano a strusciare per tutta la parete, dove fino a pochi momenti prima stava guardando tranquillamente la tv. Giorgina inorridì e iniziò ad urlare forte, sempre più forte. Si catapultò verso la finestra e l’aprì di scatto. Parigi era una città immobile.

Il lungo Senna contava due o tre coppie discutibilmente innamorate e un paio di vecchi discutibilmente in grado di camminare fino a casa. Giorgina imprecò, chiese aiuto.

Nessuno sembrava sentirla, nessuno sembrava vederla. I vermi iniziarono ad aggrovigliarsi sulle gambe della ragazza, mentre la quantità di lentiggini diventò così alta che la sua pelle stava diventando completamente rossa. Strabuzzò gli occhi quando vide per strada una grande voragine.

Quarto sintomo: un vero e proprio buco nero nel terreno. Qui Giorgina capì che c’era realmente qualcosa che non andava. I pochi passanti camminavano spensierati nonostante il grande buco nero per la strada, lei sembrava l’unica in grado di vedere la sua città risucchiarsi nel nulla.

Il nero sembrava attirarla, chiamarla, incitarla. Il suo corpo ormai rosso e composto di vermi volteggiò nell’aria fino ad arrivare al grande buco nero. Venne risucchiata in un attimo.

Chiuse gli occhi e sentì una grande scossa. Protestò a lungo nell’ufficio di quell’uomo senza volto che dirigeva il mondo, levò le mani a destra e sinistra e cercò invano di scappare dalla porta principale. Non c’erano vie d’uscite e non c’erano aiuti esterni, era un luogo di non ritorno. Come una scala infinita, come un patto con il diavolo. Iniziò a chiedere perché si fosse ritrovata lì e la risposta era chiara: la libertà. Allora l’uomo senza volto le pose una domanda: “Vuoi morire o vivere”? Non rispose ma gli porse un foglio tutto bianco con un puntino al centro. “Quel puntino diventeranno due, poi tre e un giorno trecentomila fino a riempire tutto il foglio bianco, lei cosa pensa che io voglia fare nella vita?”. “Morire” rispose e la ragazza tirò un sospiro di sollievo.

Giorgina rise di nuovo e si sentì una Giovanna D’Arco contemporanea, non era mai stata così soddisfatta prima. E nel momento in cui chiuse gli occhi aspettando la morte si risvegliò sul divano davanti alla tv accesa. Forse era ancora presto per qualunque tipo di rivoluzione.

 ALICE SAGRATI

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