Il significato filosofico di Matrix – parte prima

La genesi di questo articolo è abbastanza particolare: negli ultimi mesi, non so se per caso o per volontà divina, ho sentito pronunciare centinaia di volte la parola “Matrix”, negli ambiti e nei luoghi più disparati e dalle persone più diverse. Il colmo è stato raggiunto qualche giorno fa, quando persino Crozza ne ha parlato, imitando Marchionne. Ho interpretato tutte queste coincidenze come segni del destino, visto che erano mesi che avevo voglia di scrivere questo articolo. Sarà perché Birdman non mi ha fatto impazzire, ma di film rivoluzionari come Matrix se ne trovano pochi e parlarne non potrà fare tanto male. Potrà anzi fornirci qualche interessante spunto per uscire dall’attuale clima di aridità e ignoranza, non solo a livello culturale… Per uscire da Matrix, in un certo senso.

Molti amanti del cinema intellettuale sosterranno con disprezzo che Matrix è solo un blockbuster, uno dei migliori, ma pur sempre un blockbuster. Gli aficionados, invece, difenderanno la trilogia a spada tratta da ogni critica, probabilmente con la stessa cecità dei loro avversari. Non risponderò a nessuna delle due fazioni di questa specie di dialogo platonico, o almeno non subito. Dirò solo questo: in un’opera d’arte di qualsiasi genere si possono vedere moltissime cose, spesso lontane (ma solo in apparenza) dall’originale. Molto dipende dalla mente di chi osserva, ma in generale più l’originale è ben fatto e più pensieri è in grado di evocare. Si, evocare. E’ questa la parola chiave delle opere destinate a essere ricordate con venerazione nei millenni a venire. Penso che su questo tutti siano d’accordo.

Ora vi voglio raccontare tutto quello che ho visto io in Matrix.

La storia di Thomas A. Anderson, alias Neo parte in sordina: famoso tra gli hacker col nome di Neo, vive in quella che lui crede essere la realtà, tormentato senza tregua da un’indefinibile inquietudine. Non immagina cosa ha in serbo il futuro per lui, ma inizia a scoprirlo molto presto.Fin dall’inizio si capisce la grandezza di questo film, per la disinvoltura con cui si articola su due piani diversi: il primo è il mondo reale della Terra del futuro, buio e devastato; il secondo è il mondo informatico e illusorio di Matrix – la riproduzione virtuale della Terra com’era agli inizi del terzo millennio – nel quale vive la maggior parte dell’umanità. Da un certo punto del film in poi, i due mondi si alternano in maniera speculare, imprimendo alla storia un ritmo serrato, dinamico e incalzante.

Grazie a questo “dualismo”, si ottiene un effetto del tutto particolare: il mondo di Matrix, il più familiare allo spettatore, assume una complessità tutta sua. Si ha l’impressione di vedere per la prima volta, come se si fosse tornati bambini, ogni oggetto, ogni persona, ogni situazione, anche la più comune. Tutto il “nostro” mondo sembra vibrare di una misteriosa energia, e ci sono degli stacchi stupendi quando i personaggi vi entrano – soprattutto nel secondo film della trilogia – in cui questa sensazione è evidente. Non riesco a fare a meno di pensare a quanto Immagineintuito ci sia voluto per trovare una ambientazione così affascinante e concettualmente complessa e allo stesso tempo così facile da mettere in scena: paradossalmente, il paesaggio “reale” è meno suggestivo e più difficile da rappresentare.

Se le cose più semplici riescono ad assumere tratti del genere, figuriamoci il resto! Gli Agenti, ad esempio, che entrano quasi subito in gioco, prendono forma da certi incubi che popolano il nostro mondo, stavolta senza virgolette. I loro nomi così comuni da suonare falsi (Smith, Brown, Jones…),  danno davvero l’idea della loro natura: inquietanti programmi prodotti in serie a scopo repressivo. Le loro eleganti giacche verde oliva rimandano all’immagine di professionisti al servizio di una di quelle entità che, nell’ombra, alle spalle dei governi ufficiali, influenzano le sorti del genere umano (tant’è che gli attivisti di Anonymous hanno usato di recente le loro caricature per fare propaganda contro la National Security Agency degli Stati Uniti).

Che immagine, eh? Ma Matrix ha una grande dote, un qualcosa di simile all’immedesimazione totale dell’antico teatro greco: suggestiona la mente dello spettatore, prima lo attrae e lo inquieta, poi lo trascina nella storia con forza magnetica. Ci sono addirittura momenti in cui lo mette alla prova, con elementi solo apparentemente di poco conto: ad esempio gli occhiali da sole, indossati da quasi tutti i protagonisti all’interno di Matrix come uno schermo contro quella realtà fittizia. Tutti trovano gli occhiali da sole affascinanti, soprattutto chi cita Battiato appena ne vede un paio: “c’è chi si mette degli occhiali da sole per avere più carisma e sintomatico mistero…”. Solo mettendo in rilievo un dettaglio nell’abbigliamento, il film è in grado di creare un conflitto all’interno dello spettatore! Lo stesso discorso vale per l’uso frequente di musiche elettroniche, spesso molto aggressive: si oscilla tra la tendenza a bollare quelle musiche come trash e quella di lasciarsi andare al profondo coinvolgimento psicologico che in ogni caso comportano.

ImmagineMa torniamo alla storia: un nuovo mondo si insinua nella vita di Neo. Si aprono squarci su un’altra dimensione, insieme terribile e affascinante, verso cui è irresistibilmente attirato. Già da qui emerge una profondità filosofica (non c’è altro aggettivo per definirla) davvero rara per un film d’azione: Neo è in completa balia di forze più grandi di lui, e non sembra rendersene conto appieno. Fino a che punto conta la sua volontà (più o meno inconscia) che pure lo spinge verso la strada che ha preso? E’ questo il succo dei dialoghi con Morpheus, il quale libera Neo da Matrix e gli rivela di essere uno dei capi della Resistenza contro il dominio delle macchine: agli inizi del ventunesimo secolo gli uomini erano riusciti a mettere a punto menti elettroniche dotate di intelligenza artificiale, ma queste si erano ribellate ai loro creatori. Gli esseri umani vivono ora sottomessi, coltivati con una precisione scientifica contraria a ogni istinto naturale, allo scopo di fornire energia alle macchine attraverso il calore e la bioelettricità dei loro corpi. Per evitare che si ribellino, le macchine li connettono a Matrix fin dal primo istante di vita, in modo che vivano lì con la mente mentre i loro corpi si trovano in baccelli, nei generatori delle macchine.

Matrix trascina dentro la storia: si può percepire lo shock di Neo, la sua incertezza di fronte al corso che la sua vita sta prendendo e di cui sente di non avere più il controllo. Si può quasi toccare con mano il conforto che Morpheus riesce a donargli. Morpheus, questa figura borderline, al limite fra rivoluzionario occidentale e maestro orientale. Ha il nome del dio del sonno, e non a caso: è un uomo che ai propri sogni ci crede, ed è capace di trasmettere la propria fede e la propria forza a coloro che gli stanno intorno. Cambia gli uomini con la speranza incrollabile di cambiare il mondo, un giorno. Offre a Neo la verità, gli inizia a infondere fiducia nel suo dono, gli insegna come tirarlo fuori. E’ la figura archetipica del Maestro, e tutti possono immaginare quanto possa essere importante nellaImmagine vita di ogni uomo, non solo in un film…

Neo impara a combattere. Se due filosofi diversissimi tra loro per collocazione geografica, culturale e temporale come il greco Eraclito e il giapponese Musashi (filosofo solo in tarda età, prima era uno spadaccino) hanno scritto che la lotta è l’essenza della vita, allora il dono dell’invincibilità in combattimento predettogli da Morpheus è di sicuro il più adatto per salvare la vita di tutti gli uomini. Ma gli Agenti attaccano la cellula di Morpheus ben prima che Neo sia pronto, con la complicità di un traditore. Ne scaturirà la serie di eventi che porterà Neo ad esporsi e a diventare l’Eletto, il primo uomo a sconfiggere gli infallibili Agenti.

Le musiche sono fondamentali nell’esprimere stati d’animo di un intensità altrimenti inconcepibile: l’incombere di un tradimento, la tensione prima di un momento decisivo… Attraverso gli scontri corpo a corpo, costruiti con grande perizia marziale, Matrix è uno dei rarissimi film a mettere in luce il vero e proprio rapporto fisico che si instaura fra vincitore e vinto: quell’ambiguo misto di attrazione e repulsione che sembra provare Morpheus, quando viene catturato dagli Agenti. Un rapporto simile si instaura fra Neo e l’Agente Smith, e su di esso incentrati i successivi due film. Gli Agenti sono lucidi e freddi, capaci di scegliere la strategia più efficace e inaspettata per sconfiggere gli esseri umani ribelli. La loro forza ferrea traspare dai loro corpi al di sotto  della loro minacciosa eleganza. In combattimento gettano nel panico chi li fronteggia con la loro instancabilità. Sanno dove colpire, e lo fanno con precisione crudele, nei punti vitali.

Le musiche esprimono fino in fondo la nuda paura che si prova al loro cospetto, il senso di vulnerabilità… e poi la disperazione della sconfitta,  e la speranza prima di un contrattacco senza precedenti. E l’adrenalina! Chi non ha mai lottato per salvarsi la vita non può capire quella sensazione, ma la musica che anima il combattimento fra Neo e ImmagineSmith ci arriva così vicina! Si ha l’impressione di sentire i battiti frenetici del cuore di Neo, la fatica nei muscoli e il ritmo sempre più accelerato del respiro. Ci si immedesima nella  sua   ebbrezza,   quando  riesce  a raccogliere le sue forze, nonostante tossisca sangue, e a far indietreggiare Smith; ci si immerge nella sua esaltazione per quell’effimera vittoria e nello sfinimento mortale quando deve soccombere alla superiorità del suo nemico. Fra i 4 Oscar che Matrix ha vinto a man bassa ce ne sono due per la colonna sonora, e pochi film se li sono meritati altrettanto.

Le musiche rendono lo schermo non più una barriera, ma una porta, fanno scomparire la consapevolezza che ciò che si sta guardando è un film. Sembra scontato, ma nella realtà dei fatti è qualcosa che solo i grandissimi film riescono a ottenere. Tutto è così vero, spontaneo e stupendo… e ironicamente, la storia è incentrata sull’esistenza di una realtà illusoria.

In un film del genere si corre spesso il rischio di scadere nel retorico, ma ciò non avviene. E quando non è per le musiche, è per la genialità della trama o per il talento degli attori. Un esempio è l’attrazione che Neo e Trinity iniziano a provare l’uno per l’altra, e che cresce mano a mano che il pericolo aumenta. Si tratta di una correlazione ben conosciuta da chiunque abbia davvero sfiorato la morte, ma nella percezione comune è un banale topos letterario. Non sarebbe così coinvolgente senza l’immensa abilità recitativa di Keanu Reeves e Carrie-Anne Moss, capaci di entrare nei loro personaggi con una spontaneità non rara, ma unica.

E l’estasi incredula di Neo, quando finalmente scopre di essere l’Eletto… grazie a quella musica così indescrivibilmente bella e alle precedenti suggestioni emotive, non appare prevedibile e idealizzata. No. Riempie il cuore di una gioia, di una grandezza e di una meraviglia così vivide che non si può fare altro che stare a guardare, immobili e abbacinati.Il primo “Matrix” si chiude con il messaggio inviato da Neo alle macchine, sulle note di Wake Up di Medley, canzone soul abbastanza soft rispetto agli standard del film. Entrambi questi elementi dicono molte cose e forniscono diverse chiavi interpretative.

ImmagineMatrix unisce un’originalità estrema a un profondo eclettismo: un numero considerevole delle tematiche che emergono affondano le loro radici nell’universo Underground. Questo fenomeno culturale e cinematografico nato negli splendidi anni ’60 si definiva “ un movimento sotterraneo di resistenza al sistema”, sia in ambito sociale che artistico. Traeva il proprio nome da quello dei partigiani che si opponevano al nazifascismo: “The Undergrounds”. Guarda caso la Resistenza, nel mondo reale di Matrix, sta letteralmente nel sottosuolo: l’hovercraft di Morpheus si muove in uno sconfinato labirinto  di gallerie al di sotto della superficie dominata dalle macchine. Il mondo mostrato nella realtà virtuale, dove è imprigionata l’umanità, è quello delle grandi, tecnologiche e decadenti città del nostro millennio: lo stesso che la cultura Underground e i suoi discendenti vogliono combattere e cambiare. La gran parte delle musiche si rifanno al trip hop, il genere più adatto a descriverne le inquietanti atmosfere metropolitane, con quelle basi oscure e oniriche e i suoni elettronici pieni di energia e vitalità, spesso rallentati e incupiti, o sfumati da elementi di jazz, hard rock e rock psichedelico.

C’è un altro lato della medaglia in Matrix: basta solo pensare ai nomi dei personaggi per capire quanto sia permeato di riferimenti religiosi, eredità del Cristianesimo, ma anche dell’antichità classica e di forti influenze orientali. La relazione tra Morpheus, Neo e Trinity rispecchia quella della Trinità… solo un po’ più complessa. Morpheus può essere considerato il padre, perché porta Neo nel mondo reale; Trinity, con il suo esplicito nome, è lo spirito che anima questa trinità: l’amore che Neo prova per lei ha una valenza platonica, dal momento che lo spinge a compiere molte delle azioni decisive della sua vita; Neo vuol dire “nuovo”, dal greco, ed è anche l’anagramma di One, “Eletto”. La città della Resistenza si chiama Zion… basta mettere una “s” all’inizio per trovare l’origine del nome. Il nome del traditore Cypher è la contrazione di Lucypher. Dell’Oracolo ne parleremo. Penso non ci sia bisogno di aggiungere altro…

La cultura materialistica e ipertecnologica del nostro secolo non ha fatto altro che rendere ancora più affascinanti tutti questi elementi. Anzi, in Matrix è proprio la tecnologia  a conciliare una storia per molti versi miracolosa alla visione scientifica moderna. Questa trilogia, infatti, esprime anche l’altro misticismo presente nell’inconscio della nostra epoca: quello digitale. Quali sviluppi avrà l’evolversi delle menti artificiali sulle sorti dell’umanità? Stanno per arrivare sui nostri smartphone applicazioni in grado di simulare alcune attività dei neuroni umani, come l’apprendimento.Gli esperti le definiscono “intelligenze artificiali di seconda generazione”.

ImmagineQuanto manca alla terza, nella quale i cervelli elettronici saranno in grado di elaborare informazioni a partire dal nulla, ovvero pensare?  Vista la perfezione matematica del loro pensiero, in che modo potrà misurarsi con loro la mente umana? Una risposta la dà Matrix, attraverso Morpheus, quando dice a Neo: “Ho visto Agenti dare pugni attraverso muri di cemento, uomini svuotargli caricatori addosso colpendo solo l’aria. La loro velocità e la loro forza, però, sono e restano frutto di un mondo che segue delle regole, e per questa ragione loro non saranno mai forti o veloci come tu puoi essere.” In altre parole: una mente elettronica è può essere fabbricata, e quindi deve essere perfettamente quantificabile. La mente umana no. Anche senza prospettare un conflitto aperto, la strada che l’umanità deve seguire per non spegnersi al confronto con l’intelligenza artificiale è sicuramente quella della creatività. “Libera la tua mente” dice Morpheus. E’ la famosa race against the machines la corsa della mente umana contro quella artificiale, in atto già da decenni. Per tutti questi aspetti, Matrix si può inserire anche in quel filone chiamato “fantascienza sociologica”, che ha avuto uno dei suoi massimi esponenti in Asimov.

I temi, poi, si elevano: il tradimento di Cypher, e la scelta di vita di Neo nel seguire Morpheus e scoprire la verità (“Niente di più e niente di meno” lo avvisa con acume), mette in luce uno dei più grandi e laceranti interrogativi dell’etica moderna, sempre in linea con la lotta Underground: è meglio ignorare come stanno davvero le cose e continuare a vivere in una beata ignoranza, oppure affrontare le difficoltà della realtà, soffrendo e rischiando ogni giorno la morte? Penso che la risposta stia nello sguardo di Neo: lui diventa l’Eletto, ma continua a osservare il mondo con la stessa luce di meraviglia  che aveva all’inizio negli occhi. E da ogni suo gesto emerge un’idea precisa: è vero che essere consapevoli della verità comporta sofferenza, e viceversa (pathei mathos), ma comporta anche vivere con un’intensità travolgente, migliorarsi ogni giorno, vedere cose mai viste. Il massimo a cui può aspirare l’uomo, ed infatti è quello che vive l’Eletto, il migliore tra gli uomini. A quanti sono venuti in mente Platone e il mito della caverna? Secondo l’allievo di Socrate, la prima cosa che provano  coloro che escono dalla caverna dove gli uomini, in catene, osservano le loro stesse ombre, e il dolore: i loro occhi sono abbagliati dalla luce del sole. Sapete qual è la prima cosa che dice Neo appena fuori da Matrix? “Mi fanno male gli occhi”. Farebbero male a ognuno di noi, se solo provassimo a uscire. La ricompensa viene dopo, ed è  incommensurabile.Immagine

Matrix si presta molto all’interpretazione allegorica, così tanto che riesce difficile credere che non sia un effetto voluto. E’ una chiara accusa alla nostra società: in quanti scelgono di combattere i difetti del “sistema” della società in cui vivono? E, altra osservazione degna di nota: più seriamente si decide di combatterli, più i pericoli e le capacità necessarie per combatterli aumentano. In quanti sono disposti a soffrire per acquisire le une e  per affrontare gli altri, in modo da cambiare davvero qualcosa? Chi sono i membri della Resistenza, in una realtà che sembra popolata solo da Agenti e da persone inerti e ignoranti? Il messaggio è uno solo: svegliatevi! Wake up, appunto.

Non so in quanti tra i lettori abbiano visto Matrix, ma penso in parecchi. Chi non l’ha mai visto può considerare questo articolo un teaser, uno stimolo a vedere  un capolavoro non convenzionale e di sicuro non da cinema d’essai, concepito soprattutto per raccontare, eppure in grado di arricchire e far riflettere in maniera inaspettata . E il bello è che non è tutto: i due sequel sono altrettanto carichi di significati. Al prossimo articolo…

 

ALESSANDRO VIGEZZI

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