Era così

La montagna aveva il sapore di ketchup, würstel e cioccolata calda con panna. Ma anche di sudore. Il suo primo approccio era stato traumatico. Si ricordava il sorriso dei suoi genitori che lo salutavano entusiasti mentre, per la prima volta, veniva trascinato dal maestro di sci verso i campi. Riusciva a malapena a slittare in avanti e l’unico risultato era la faccia nella neve bagnata. Così fredda e ostile. Non capiva proprio perché dovesse subire tutte quelle torture gratuitamente. Quella settimana pianse tutte le mattine fino all’ora di pranzo, quando finiva la scuola sci, e come premio poteva finalmente gustarsi le patatine fritte al calduccio.

Odiava le giornate in cui nevicava forte e i cristalli gli graffiavano il viso e non vedeva niente. Non riusciva a comprendere il motivo di tanta eccitazione da parte della sua famiglia per lo sci. Andava avanti sentendosi nella tasca della giacca dei quadratini di cioccolata che sua mamma amorevolmente gli riponeva tutti i giorni. Recarsi alla scuola-sci era una tragedia. Quasi tutti i bambini erano più grandi di lui e parlavano tedesco e ridevano, e lui non ne era coinvolto. Si sentiva umiliato perché suo fratello, che era perfino più piccolo di lui di un anno, sciava molto meglio. E che vergogna poi le ancore! Cadeva sempre e il maestro doveva continuamente ridiscendere per prenderlo e riportarlo su. E all’arrivo tutti si beffavano di lui e della sua goffaggine.

E i capitomboli! Che dolore, crescendo divenne terrorizzato dalle piste nere, mentre in realtà le avrebbe sapute affrontare senza problemi. La neve era la sua nemica più acerrima, dall’alto gli sembrava un mondo incantato ricoperto da zucchero a velo, appariva così rassicurante e splendente, bensì era terribilmente insidiosa e gelida. Era risaputo che un’ingiustizia ne chiamava sempre un’altra: suo fratello gli lanciava a tradimento le palle di neve e gli slacciava di nascosto gli scarponi al rifugio. Una volta perse un guanto dalla seggiovia, ma non aprì bocca con nessuno sentendosi stupido.

L’unico ricordo che gli rimase era la sua manina bianca che non percepiva più come sua. E l’apprensione dei suoi genitori. Era una fatica senza fine, però loro, rimboccandogli le coperte di lana la sera, tra  dolci  parole  sussurrate  all’orecchio,  gli ripetevano che sarebbe diventato senza dubbio un bravissimo sciatore. Il sollievo di levarsi gli scarponi giunti a casa dopo una faticosa giornata, i piedi doloranti e le punta delle dita ghiacciate che finalmente trovavano pace… Ma non diceva mai niente. Stava zitto e arrancando si trascinava dietro gli sci per non deludere sua madre che procedeva avanti a lui con gli occhi pieni di gioia.

Tutto questo finì; un giorno, mentre litigava con suo fratello per la spartizione delle caramelle gommose, suo padre annunciò che per un po’ non sarebbero andati a sciare. Tanto meglio, pensò all’inizio. Tuttavia quanto avrebbe preferito restare in montagna per sempre, perché alla fine la montagna sapeva anche dei baci di sua madre.

FELIX

 

 

 

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