Donne al volante, pregiudizio costante

Mi ricordo di una volta in cui dovevamo riaccompagnare a casa un mio amico. Era la prima volta che questo mio amico saliva in macchina con noi, quindi non aveva mai visto mia mamma guidare prima. Arrivati davanti a casa sua, al momento di scendere, ha esclamato, con gli occhi sgranati e il tono sorpreso di chi ha appena visto un pinguino nel Sahara: “Comunque complimenti signora, guida davvero bene! E’ raro…” No, no, ma continua la frase – avrei voluto dirgli – che cosa è raro? Trovare una donna che sa la differenza tra freno e frizione? Che non rischi di andare a sbattere ogni cinque metri? E invece sono rimasta zitta, ovviamente, a guardare la faccia di mia madre illuminarsi.

Sì, perché quello che mi ha dato più fastidio non è stato tanto il commento (nemmeno troppo) velatamente maschilista, ma vedere il sorriso a trentadue denti di mia madre, come se le avessero fatto chissà quale complimentone. Avrei voluto dirle: -Maaaa’, sveglia!! Non è un complimento. Cioè, si, è un complimento, ma a metà. Ma si, dai, come quando, saputo quanti anni hai, ti dicono “Che caspita, signora! Lei sembra molto più giovane.” Sì, certo, ti hanno detto che porti bene la tua età, ma ti hanno pure detto implicitamente che sei vecchia…-Vabbé, povero, magari il mio amico voleva veramente solo essere gentile.

ImmagineFatto sta che ha confermato in me la già radicata convinzione che l’atteggiamento degli uomini nei confronti della donna alla guida sia sempre lo stesso.Da “donne e motori son gioie e dolori” a “donne al volante, pericolo costante” la quantità dei detti popolari che diffondono l’idea che il sesso femminile sia negato al volante è vastissimo. Niente da fare, di passi avanti ne abbiamo fatti, ma, almeno in questo campo, di parità di sessi neanche a parlarne.

Quando si parla di guida, gli uomini diventano più retrogradi di cavernicoli preistorici. “Le donne non sanno guidare, è un fatto”. Postulato questo che si fonda non su dati reali (anche perché se i maschietti si informassero, scoprirebbero che la maggioranza degli incidenti stradali è anzi causata proprio da uomini) ma su una convinzione comune, la cui motivazione si è persa nella notte dei tempi, che ormai è diventata quasi un’abitudine.

Ogni volta che la parola “donna” e la parola “guida” vengono accostate scatta la battuta. Una reazione involontaria, ormai. Parte proprio in automatico. Prima non ci facevo tanto caso, ma visto che da qualche mese anch’io sono passata dal posto del passeggero a quello di guida, assieme alla patente ho ricevuto anche, pacchetto tutto compreso, una bella dose di sani luoghi comuni e di consigli “spassionati” da parte delle mie conoscenze maschili su come mettere in moto la macchina.

Per carità, i consigli sono sempre bene accetti, soprattutto nei confronti di chi per ovvi motivi è ancora inesperto, ma se provengono da chi è ancora più inesperto di te e accampa pretese soltanto sulla base di un’appartenenza di genere… Ma non importa quanta pratica tu possa aver fatto, loro, in questo, saranno sempre migliori di te. Anche se magari non hanno mai guidato nemmeno le minicar degli autoscontri. Ce l’hanno nel sangue, proprio. E’ una dote innata.

Certo, mica tutti la pensano così. Sarebbe parlare per luoghi comuni e fare “di tutta l’erba un fascio” anche questo. Ma, diciamoci la verità, anche se non lo dicono ad alta voce, in fondo in fondo, la maggior parte di loro continueranno a pensare che tu, come la maggior parte delle altre donne e a differenza loro, non sai guidare, solo perché non sai dribblare tra le macchine come i giocatori fanno con la palla durante una partita, non sei avvezza a strombazzamenti di clacson che devono essere irruenti ed esplicativi come imprecazioni verbali né ad infrazioni costanti dei limiti di velocità, non sai fare gli “scatti” ai semafori né tantomeno “tirare” la macchina…

Ma sapete che c’è? Se credersi dei piccoli Schumacher li può far sentire meglio e più sicuri di sé, perché no? Meno responsabilità per noi. Alla prima svista potremo sempre dire: “Che ci vuoi fare? Siamo donne…”

ALICE BERTINO

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