E’ giusto porre limiti alla libertà di espressione?

Tutti noi sappiamo quello che è successo, qualche giorno fa, a Parigi: il 7 gennaio 2015 attorno alle ore 11:30, un commando di due uomini armati con fucili d’assalto è penetrato nella sede del giornale Charlie Hebdo durante la riunione settimanale della redazione, compiendo una vera e propria strage. Dodici in tutto i morti (tra cui il direttore, vari collaboratori, due poliziotti), oltre a numerosi feriti. L’assalto è avvenuto per punire la redazione di aver pubblicato alcune vignette satiriche, ritenute offensive nei confronti della religione islamica.

Nei giorni seguenti molti hanno espresso la propria vicinanza alla redazione e la propria condanna nei confronti dell’attentato, giustamente interpretato come un attacco alla libertà d’espressione, valore fondamentale della cultura occidentale. In breve, Charlie Hebdo è divenuto un simbolo, come testimonia la diffusione di immagini e slogan che riguardano l’accaduto; tra quelli più significativi, per esempio, il disegno di una matita che fronteggia un fucile (metafora della parola libera che si contrappone alla violenza delle armi), accompagnata dal motto “Je suis Charlie”, da molti riproposto attraverso social network e altri mezzi di comunicazione.

ImmagineIo stessa ho inviato quella foto ai miei amici e mi sono indignata di fronte ad un simile atto criminale; è stato un riflesso spontaneo, quasi incondizionato. Tuttavia, qualche giorno fa in classe mi è stato proposto uno spunto di riflessione che mi ha fatto vedere le cose da una prospettiva leggermente diversa. La domanda che è stata proposta è questa: appurato che la libertà d’espressione è un valore fondamentale, che va difeso a spada tratta, dobbiamo consentire che in nome di questa libertà sia permesso offendere una religione, che per i suoi fedeli rappresenta un insieme di valori altrettanto importanti? Prima che ne parlassimo in classe, non mi ero preoccupata di osservare con attenzione né la vignetta che ha scatenato l’attentato né le altre proposte nel corso degli ultimi anni dalla redazione: ma mi è bastato cercarle su Internet per rendermi conto che si trattava di vignette effettivamente molto offensive, e non solo nei riguardi dell’Islam, ma anche di altre religioni, come quella cattolica o quella ebraica. La visione di quelle vignette ha sicuramente aggiunto un elemento in più alle mie riflessioni, ma comunque non ha cambiato la mia opinione in merito.

La libertà d’espressione è un valore per cui la nostra società si è battuta duramente nel corso degli ultimi due secoli, ed è una delle conquiste più importanti che sono state acquisite nel passaggio da regimi assolutistici e totalitari a regimi democratici. E, per rispondere alla domanda di prima, se sia o no giusto difenderla sempre e comunque, basta ricordarsi della famosa frase di Voltaire: “Non sono d’accordo con quel che dici, ma mi batterò fino alla morte perché tu abbia il diritto di farlo”.

ImmagineDifendere la libertà d’espressione significa difendere la libertà di poter pensare e, appunto, esprimere, qualsiasi opinione, dalla più piacevole alla più sgradevole; significa difendere sia gli ottusi che i visionari, sia i rispettosi che gli irriverenti. Se si ammette tale libertà se ne devono accettare implicitamente anche tutte le conseguenze e i rischi, come quello, appunto, che qualcuno si possa sentire offeso. E d’altra parte, la maggior parte delle volte appare molto sottile la linea che divide la semplice satira dall’ offesa vera e propria; e allora, chi stabilisce dove porre questa linea, dove far finire l’una e far iniziare l’altra?

Ci sarà sempre, inevitabilmente, chi si risentirà per questa o quella vignetta, per questo o quell’articolo. E la soluzione dovrebbe essere quella di limitare la libertà d’espressione? Non sarà certo ponendo un limite alla democrazia che cesseranno l’odio, le discriminazioni, le offese fra popoli, etnie, religioni; né, certamente, è la democrazia a causare tutto questo. L’errore sta piuttosto nell’uso, o nell’abuso, che ne facciamo; ed ecco perché la soluzione non sta nel limitare quella, ma piuttosto nel riflettere noi stessi più a fondo su valori quali la solidarietà,Immagine il rispetto reciproco. Solo il buonsenso ci porterà a non offenderci più a vicenda: ma è un impulso che deve nascere spontaneamente, e non può essere indotto dalla soppressione coatta di un diritto.  Ammettere di porre dei limiti alla libertà di parola, per risolvere tutto questo, non sarebbe altro che un passo indietro nella storia oltre che l’ammettere che i valori democratici possono ancora essere messi in discussione da atti di violenza o repressione.

Ecco perché è importante lanciare un messaggio forte, unito, (come del resto è stato fatto negli ultimi giorni) a difesa di questa democrazia, che, sfidata, non deve reagire limitando se stessa, ma affermando con ancora più fermezza la sua legittimità e la sua giustizia.

 

ALICE BERTINO

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