Chiaroscuro
Sei seduto davanti a me. In silenzio guardi fuori alla finestra mentre versi un po’ di Jaeger nel tuo bicchiere. Butti tutto giù e non mi guardi. Il camino è acceso, mentre gli scoppiettii del fuoco fanno da sfondo a questa situazione imbarazzante. Penso al Natale di vent’anni fa, mentre correvi per la casa alla ricerca dei regali, sorridevi inconsapevole mentre la neve cadeva leggera. Ricordo quando mi hai chiesto la prima tela per dipingere, avevo gli occhi bagnati d’orgoglio. “Diventerò il nuovo Mirò” dicevi e io mi mettevo seduto vicino a te a spiegarti la differenza tra acrilico e pittura ad olio. A quei tempi mi guardavi meravigliato, osservavi la mia esile mano viaggiare sulla tela e mi imitavi goffamente con la tua manina. Avevi creato quindici quadri diversi in una settimana, ti rifugiavi in soffitta e io ti mettevo la quinta sinfonia per farti un po’ di compagnia.
Abbiamo passato lunghissime giornate in riva al lago, io pescavo e tu cercavi di catturare lo sguardo degli uccelli sulla riva, alla sera prendevi i colori e ricalcavi la matita.
Devi avermi fatto almeno una dozzina di ritratti, li preferivo molto spesso allo specchio, la tua fantasia migliorava la mia persona e sicuramente il mio aspetto.
Ora ti guardo, un uomo, grande, cresciuto, forse più alto di me. Ti guardo fare i conti, mettere dei limiti alle tue giornate, a nascondere le bollette nella tasca della giacca insieme al secondo pacchetto di sigarette. Ti trema la gamba e spesso hai un tic all’occhio destro, nessuno deve averlo notato. Il tuo sguardo rimane assente, mentre tutti tagliano il panettone tu guardi altrove, dove le luci sono spente, dove il sole è ormai tramontato da molto. Nessuno se ne accorge che non ci sei, nessuno deve averti chiesto come stai in questa ridicola stanza. Si ride, si balla, si gioca. Tu no. Tu non ridi, non balli e non giochi da troppo tempo ormai. Allora mi fermo e ti guardo.
E penso in quale maledetto instante della vita, il tuo colore ha cominciato a sbiadirsi.
ALICE SAGRATI
