Pink Floyd, un fiume senza fine

Il gruppo inglese dei Pink Floyd (che da poco ha pubblicato il suo ultimo album con una formazione ristretta, o semplicemente nuova) nasce verso la fine degli anni ’60, distinguendosi nei club della Londra underground per un suono nuovo e coinvolgente. I Pink Floyd sono stati pionieri e “ricercatori” della musica, e infatti aprirono orizzonti nuovi, sviluppando sonorità innovative e ampliando la concezione della musica psichedelica, elettronica e progressive.

La formazione originale, è composta da Roger Keith Barret (Syd Barrett) alla chitarra, Roger Waters come bassista, Nick Mason alla batteria e Rick Wright alle tastiere. Tuttavia, l’idea di fondare il gruppo viene dalle menti di Barret e Waters. I due fondatori danno anche il nome al gruppo, basandosi sul nome di battesimo di due bluesmen americani: Pink Anderson e Floyd Council.
La band inizia a suonare nei locali nel 1966, ma solo nell’estate del ‘67 si ha la prima pubblicazione: “The Piper at the Gates of Dawn”. L’album, prodotto da Norman Smith, si distingue dalla musica in circolazione negli anni ’60 perché presenta moltissime sperimentazioni, proposte principalmente da Syd Barret. Il chitarrista dei Pink Floyd mostra la sua spiccata genialità nel brano “Interstellar Overdrive”, forse il più belloImmagine e innovativo del disco: su una base ritmica tenuta costante da almeno uno strumento, il quale però varia durante gli undici minuti, si sviluppa la trama di un viaggio nello spazio, portando l’ascoltatore in un’atmosfera quasi surreale. Questo mondo parallelo e psichedelico che Barrett e il resto del gruppo trascrivono su pentagramma è dovuto, o meglio supportato, dal forte uso di acidi come l’LSD da parte dei membri della band inglese, in particolare dallo stesso Barrett.

Syd Barret da giovane

Con il primo album i Pink Floyd raggiungono assai velocemente il successo. Iniziano a tenere concerti importanti e i fan si moltiplicano, così come la pressione mediatica. Barrett, mente creativa e frontman insieme a Waters, inizia a soffrire di schizofrenia. Probabilmente il frequente e pesante abuso di LSD ne è la causa. Questo malessere psicofisico porta il chitarrista inglese ad assentarsi alle prove, e successivamente a mancare anche i concerti. Questo porterà Barret all’allontanamento dalla band, e di conseguenza dalla scena musicale.

Verso la fine degli anni ’60 la formazione della band inglese cambia, non solo con l’acquisizione definitiva di David Gilmour, ma anche grazie all’arrivo del nuovo manager Steve O’Rourke. Infatti i Pink Floyd tornano negli studi di registrazione per scrivere, arrangiare e successivamente pubblicare il secondo album: “A Saucerful of Secrets”. I brani sono principalmente firmati da Waters, ma il contributo di Gilmour porta un po’ di ordine di schemi e di suoni, che rimandano molto a un suono rock-blues. Questo periodo è estremamente produttivo per i PInk Floyd, che tra il ’69 e il ’74 lavorano tantissimo: pubblicano diversi album e collaboranno con diversi registi, scrivendo alcune colonne sonore. Alla fine del ’69 pubblicano “Ummagumma”, un album diviso in due parti: una in studio e una in live. La canzone “Grantchester Meadows” è particolare e interessante: tra chitarre acustiche, cinguettii di uccellini creati elettronicamente, è possibile entrare in un’atmosfera atemporale e ancestrale. Poco più di un anno dopo la band inglese si cimenta in un album eccezionale, entrato nella stImmagineoria della musica per il contenuto e per la copertina (quella della mucca al pascolo). Si tratta di “Atom Hearth Mother”. Il nome viene da una curiosa notizia di cronaca che fece molto scalpore in quegli anni: una donna era tenuta in vita da uno stimolatore cardiaco atomico.

Quest’album rappresenta l’apice della musica progressive dei Pink Floyd, oltre che uno dei più bei LP progressive di sempre. “Breast Milky” è un pezzo scandito dalla suggestiva unione di un organo e di un violoncello.

Il resto dell’album è legato dal grande lavoro dell’orchestra, e in alcuni intermezzi viene spezzato da canzoni più brevi, tuttavia sempre piacevoli. Nel complesso, “Atom Hearth Mother” è di sicuro influenzato dalla musica dei primi Genesis (quelli di Peter Gabriel).

Nel 1971, dopo questo grande success, il gruppo inglese scrive un album meno imponente, che si radica in una sonorità più rock: “Meddle”. Tra le canzoni vi è “Fearless”, che si conclude con un coro un po’ atipico, composto dai tifosi del Liverpool. Di sicuro la canzone più celebre del LP è “One of These Days”, con un indimenticabile intro di basso di Waters e un assolo in slide di chitarra di Gilmour.
Nel maggio ’71 esce “Relics”, una raccolta di inediti del periodo di Barret e di alcuni brani del primo Waters, come la dolce ballata “Julian Dream”.

Così si conclude la prima metà della biografia dei Pink Floyd, che proseguirà con i più grandi successi (“The Dark Side of the Moon”, “Wish Your Were Here” e “The Wall”), ma anche con la fine del gruppo e con la recensione del nuovissimo album uscito poche settimane fa, “The Endless River”.

 RAFFAELE VENTURA

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