Fuga dalla Terra?

Due settimane fa sono andata a vedere il film “Interstellar”. Diciamo che normalmente preferirei spararmi un colpo piuttosto che vedere un film di fantascienza, perché di solito sono solo degli interminabili polpettoni senza capo né coda, fatti solo di effetti speciali e dialoghi pieni di parole del gergo fantascientifico, comprensibili quanto una lezione di kazako (almeno per me, nonostante la scienza mi piaccia pure).

Però questa volta, dopo aver visto il trailer, mi sono detta “perché no?” (devo ammettere che sulla scelta ha influito anche il fatto che il protagonista era Matthew McConaughey, il quale, diciamocelo, merita alquanto). Fatto sta che, contro ogni aspettativa, il film non mi è per niente dispiaciuto.

La trama è questa: in un futuro imprecisato, il mondo si trova in una grave crisi ambientale causata da un drastico cambiamento climatico. I raccolti vanno male, il cibo scarseggia, milioni di persone muoiono. Matthew McConaughey interpreta il ruolo di Cooper, ex scienziato e ingegnere che ora vive con la sua famiglia (il figlio, la figlia Murph, il suocero) in una fattoria di granturco che stenta a mandare avanti, proprio a causa della carestia.

La figlia si lamenta del fatto che nella sua stanza c’è un fantasma che sta provando a contattarla. Inizialmente scettico, Cooper scopre che i messaggi sono veri, che sono criptati utilizzando in qualche modo la forza di gravità e che contengono le coordinate di un luogo là vicino. Seguendo tali coordinate, Cooper, assieme alla figlia, scopre una base segreta della NASA. Lì gli spiegano che da anni ormai stanno compiendo degli studi per cercare di trovare dei pianeti alternativi alla Terra, ormai divenuta invivibile. Grazie alla scoperta di un wormhole, una specie di condotto spazio-temporale capace di collegare il nostro sistema solare con altri dell’universo, sono riusciti a tracciare una dozzina di pianeti possibili in un altro sistema.

A Cooper viene dunque assegnato il compito di guidare un gruppo di astronauti in un viaggio interstellare, volto a capire quale di questi pianeti sia effettivamente abitabile.

ImmagineLo scopo della spedizione è ovviamente quello di salvare il genere umano dall’estinzione. Per farlo, una volta individuato il pianeta adatto, gli scienziati della NASA hanno pensato a due modi possibili: un piano A, che prevede il trasferimento degli abitanti della Terra sul nuovo pianeta, e un piano B, che prevede semplicemente il trasporto di embrioni congelati, riposti nella navicella spaziale, che eviterebbe l’estinzione della specie ma non salverebbe gli umani attualmente in vita sulla Terra. La scelta dell’uno o dell’altro piano dipende sia dalla durata della spedizione (pochi mesi nello spazio potrebbero equivalere a molti anni sulla Terra, e gli umani nel frattempo potrebbero morire tutti a causa della carestia) che dalla risoluzione di un’equazione sui campi gravitazionali, senza la quale sarebbe impossibile trasportare gli abitanti terrestri attraverso il wormhole e poi sul pianeta scelto.

La possibilità di scegliere fra i due piani rappresenta un tema importante nel film, ovvero il contrasto tra gli affetti personali e l’amore nei confronti dell’intero genere umano. Più volte nel corso del viaggio gli scienziati sono chiamati a decidere se agire in un verso o nell’altro: tentare il tutto per tutto per salvare gli umani sulla Terra, anche a costo di mettere a rischio la stessa spedizione, oppure mettere da parte gli sentimenti personali e pensare solo al fine più alto, ovvero salvare l’intera specie, anche solo con gli embrioni?È più importante il bene del singolo o il bene della collettività? Domanda fondamentale, che non riguarda soltanto la scienza, ma che l’uomo si è posto più volte nel corso della storia. Se dovessimo rispondere, ovviamente ognuno di noi direbbe che la priorità è la collettività. Ma se quel singolo fossimo noi, la nostra famiglia, i nostri amici? La penseremmo allo stesso modo?

Altro tema centrale è il possibile trasferimento degli esseri umani da questo a un altro pianeta, che nel film viene presentato come l’unica speranza di salvezza in una situazione ormai divenuta invivibile: scenario non così irreale, se solo pensiamo a come stiamo trattando il nostro pianeta (e a come ci stiamo trattando tra di noi). E non manca, nella comunità scientifica, chi dice che, tra disastri ambientali, surriscaldamento globale, guerre nucleari e altri pericoli, la vita sulla Terra è sempre più a rischio di estinguersi: addirittura, l’astrofisico inglese Stephen Hawking ha premonito la data precisa di quella che lui ha chiamato la “fuga dalla Terra”, ovvero il 2106. Ora, io spero davvero che una situazione del genere non sia così imminente. ImmagineÈ però interessante chiedersi se la nostra vita sia necessariamente legata a quella del nostro pianeta, o se dobbiamo considerare la Terra semplicemente come una dimora temporanea, assegnataci chissà quando e chissà da chi, e dalla quale prima o poi saremo destinati a separarci. Tra l’altro, non siamo neanche i primi a chiedercelo. Anche i filosofi antichi si dividevano tra chi considerava l’uomo un essere superiore, avulso dalla natura, e chi invece era convinto della sua dipendenza da essa.  Siamo i soliti umani presuntuosi e ingrati a pensare un giorno di allontanarci da un pianeta che ci ha dato tanto, invece di provare a salvarlo, o è legittimo istinto di sopravvivenza?

Probabilmente, in un altro pianeta, ci trascineremmo dietro gli stessi problemi che stanno contribuendo a distruggere questo. Siamo sempre noi, in fondo. E allora che succederà? Ne troveremo un altro? E poi un altro ancora? Ok, mi sto spingendo troppo oltre. Forse è troppo presto per porsi domande del genere.

Intanto, ci limitiamo a conoscere sempre più a fondo lo spazio (proprio pochi giorni fa è iniziata una nuova missione, “Futura”, che coinvolge anche l’italiana Samantha Cristoforetti, la prima italiana nello spazio), ad esplorarlo, proprio come faceva Colombo con le Americhe quattro secoli fa; e chissà se, come in quel caso, tali esplorazioni saranno il preludio di una vera e propria colonizzazione.

 

 ALICE BERTINO

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