Una serie Atipica

Ti è mai capitato di sentirti diverso?

Di sentirti sbagliato?
Estraniato dal mondo?

 

Questo è quello che prova Sam sin dai primissimi giorni della sua vita, è infatti affetto da sindrome dell’autismo.

In Atypical, serie televisiva di sole 2 stagioni (la terza è in programmazione) disponibile sia su Netflix che in Streaming, lui e la sua famiglia sono i protagonisti.

Robia Rashid, ideatrice della serie, ha deciso di ambientare la storia durante l’ultimo anno di liceo, Sam infatti nonostante il suo disturbo riesce a frequentare la scuola (con ottimi voti per giunta!), ha un lavoro, un particolare interesse per i pinguini e il Circolo Polare Artico e ogni giorno ha una seduta dalla psicologa.

La sua routine, che raramente è stravolta, dovrà presto cambiare quando Sam si mette a confronto con i ragazzi della sua età e capisce che nella sua vita manca qualcosa: invece di avere la mamma che prepara il panino la mattina, e il padre che lo viene a prendere a scuola, i suoi coetanei si frequentano tra loro e si fidanzano… a Sam manca la ragazza!

Come può un ragazzo che ha difficoltà a interpretare il linguaggio facciale, a gestire le emozioni e a controllare le sensazioni relazionarsi con una ragazza? Tutto ciò si complica ulteriormente quando la ragazza in questione non è una compagna di scuola ma la psicologa!

E se vi sembra banale aspettate di vedere la lista di punti che ha stilato insieme al suo amico Zahid su come conquistarla!

La serie prende in esame non solo lui, bensì tutta la famiglia.

A volte, infatti, ci scordiamo di quanto possa essere precario ogni nucleo che creiamo intorno a noi:

la madre di Sam, Elsa, ha sacrificato la sua vita e le sue ambizioni per suo figlio e dopo anni si sente trascurata; la situazione si aggrava quando riceve pericolose attenzioni e da un anonimo barista.

 

Il padre, Dough, è da pochi anni tornato a casa: quando aveva saputo dell’autismo del primogenito, aveva avuto paura e dopo due anni di tentativi futili di sentirsi in grado di gestirlo si era arreso abbandonando la famiglia. Solo dopo diversi anni decide di tornare e di prendersi tutte le responsabilità della figura famigliare paterna.

E per ultima, ma non per importanza, la sorella minore Casey, abituata ad essere messa in secondo piano rispetto ai problemi del fratello dalla famiglia, ad essere sottovalutata e a non ricevere la giusta dose di importanza in ambito scolastico.

Diversi sono i personaggi che nel corso delle due stagioni si presentano e si allontanano anche se, per la serie “tutti i nodi vengono al pettine”, ogni vicenda e scontro ha delle ripercussioni sulla famiglia che via via inizia a sgretolarsi e a cambiare…. Ma Sam odia i cambiamenti!

Ed ora… ecco cosa ho pensato di Atypical.

Sulla base delle diverse ore giornaliere che passo davanti allo schermo, e con il record di ben 52 serie seguite (a volte dubito di me stessa anche io, la vita sociale è sopravvalutata) posso assicurare che se Atypical ha destato interesse nel mio piccolo e gelido cuore, allora è sicuramente da guardare.

Dall’alto della mia umiltà vi propongo la mia recensione (che vuole essere più che umile, umilissima!)

Partiamo dal principio:

La scenografia e la sceneggiatura sono approvati in pieno! I luoghi e il modo di riprendere la scena sono semplici, elementari, non ci sono effetti speciali importanti poiché la storia stessa non li richiede.

La cosiddetta location (locashion per gli intenditori, Alessandro Borghese docet) è verosimile: si passa dalla scuola, al luogo di lavoro, alla casa… ma ognuno di questi nella sua semplicità, e se vogliamo banalità, è ben strutturato e ben decorato.

Tra gli attori, che sono tutti bravissimi, la menzione e la lode va sicuramente al protagonista (Keir Gilchrist) che è riuscito a ben interpretare il suo personaggio autistico, con una mimica facciale e posturale davvero ragguardevole (a testimonianza di ciò le immagini che ho scelto).

Atypical è sicuramente una delle migliori serie degli ultimi anni, tratta di argomenti non facilmente proponibili senza urtare la sensibilità altrui, ti strappa un sorriso, una risata, e senza che te ne accorga ti fa anche riflettere. Impressionante come parli di un tema così delicato come l’autismo senza fartelo

pesare, nel contempo ci si ritrova a porsi differenti domande: perché Sam trova così difficile abbracciare le persone? Perché paragona costantemente gli esseri umani ai pinguini?

E si rimane meravigliati quando i quesiti cambiano e assumono un tono più “normale”: perché ha ricevuto buca? Perché non si preoccupa della scelta del college? Perché si sta preoccupando così tanto del college?

Durante il corso della serie ci si dimentica che il protagonista sia autistico, perché vengono messe in risalto le relazioni che nonostante il suo disturbo Sam riesce ad instaurare con le persone.

Vorrei infatti soffermarmi su uno dei più grandi aspetti della serie tv: l’amicizia, in particolare quella che Sam riesce ad instaurare con Zahid. L’uno sarà maestro di vita per l’altro e viceversa, se Zahid lo aiuterà con le ragazze, sarà poi a sua volta aiutato in ambito decisionale e famigliare.

Tengo a precisare che Zhaid non è assolutamente affetto dall’autismo, ma più volte ripete una frase che trovo stimoli la mente: “Non c’è poi molta differenza tra me e te, entrambi ci alziamo la mattina per andare a dormire la sera”.

L’ultimo aspetto che vorrei proporre è che alla fine i problemi di Sam sono gli stessi di qualsiasi altro adolescente:

La mia scuola è affollata, rumorosa e ha anche uno strano odore, ma a suo favore bisogna dire una cosa: è piena zeppa di ragazze. (Sam)

Io penso che ogni ragazza a modo suo sia carina. Come lo è un fiocco di neve in una tempesta nell’Antartide. Solo che loro non si accorgono di me. (Sam).

Ebbene siamo veramente così diversi? Non abbiamo forse anche noi gli stessi problemi? Come atteggiarci per “fare colpo”, la paura nel cambiamento, il relazionarsi con gli altri, il timore del giudizio altrui? Non abbiamo anche noi un’ossessione o un particolare interesse per qualcosa?

BEB

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