L’NBA come ancora di salvezza: insegna Terry Rozier

Una pallottola sul collo di Shanikki Speller, sedici anni nel 1994, fa terminare prematuramente la vita di questa ragazza a Youngstown, nell’Ohio. Con la sua, anche quella di altre cinquantaquattro persone, che diventeranno sessantasette l’anno successivo. Siamo nel pieno della lotta fra gang e nella “Yo-town” (così chiamata dagli abitanti del luogo) dei primi anni Novanta non se la passa bene nemmeno Gina Rozier (al secolo Tucker), che quel giovedì di marzo del 1994 dà alla luce il suo secondo figlio, all’età di diciannove anni: Terry Junior. A Gina, infatti, i lineamenti dell’infante ricordano molto quelli del marito e decide, di sua iniziativa, di chiamarlo come lui.

Parlavamo di gang, no? Ecco, il padre, nei primi sei anni di vita del futuro cestista, passa più tempo in prigione che a casa e la decisione di mandare Terry Jr. fuori città non tarda ad arrivare: il ragazzino, infatti, viene affidato ad Amanda, sua nonna, nonché sua tutrice, per non rischiare ritorsioni contro la famiglia Rozier, che intanto si era fatta una nomea negativa in quel di Youngstown, causa un padre dal carattere iracondo e litigioso.

Formatosi in una scuola pubblica in un sobborgo di Cleveland, la personalità di Rozier si afferma ancor di più con il motto a sound mind in a sound body, inculcatogli dal college/accademia militare che frequenta in Virginia.

Oggi, al terzo anno consecutivo in maglia Celtics, dopo essere stato selezionato al Draft del 2015 con la sedicesima scelta assoluta ed aver giocato per un anno in D-League per farsi le ossa, sembra finalmente sbocciato.Approdato, quindi, all’università di Louisville si presenta dicendo: “Sono un ragazzo tosto. Ne ho viste tante e ne ho passate tante. Sono pronto per dare il 100%”. Detto. Fatto. Durante il suo primo anno universitario, oltre ad entrare nella squadra di basket dei favolosi Cardinals, stagione di grazia 2013-2014, si tatua sul collo la faccia del padre Terry Senior, quella figura mai avuta accanto veramente, che ora vuole portare con sé per sempre, assieme alla scritta “motivation”. Nell’anno da sophomore migliora decisamente, entrando sempre più spesso nelle rotazioni di coach Rick Pitino, viaggiando a 17 punti e quasi 6 rimbalzi a partita, coadiuvato anche dall’ottimo apporto del suo amico liceale Montrezl Harrell, attualmente in forza ai Los Angeles Clippers.

È migliorato notevolmente nelle palle rubate (1.4 a sera, secondo solo al suo compagno Marcus Smart), ma soprattutto nel sapersi costruire tiri letali dalla media-lunga distanza (ad oggi tira con il 38% da dietro l’arco, mentre ai tempi del college era un 22% scarso). Sembra essere un giocatore differente soprattutto per la mentalità appresa grazie a uno straordinario coach come Brad Stevens. Quest’ultimo, in regular season, ha dovuto fare a meno di Gordon Hayward per 82 partite, mentre gli infortuni di Kyrie Irving e Marcus Smart stanno minando e decimando il roster dei Celtics. Ecco allora che nelle rotazioni per i playoff torna utilissimo il ragazzo di Youngstown, ventitreenne, con una motivation diversa. La stessa che lo ha salvato da una vita dura, non predestinata, che lo ha aiutato a sopravvivere in una Lega in cui il profumo del denaro può trascinarti fuori strada. Occhio al dodici in maglia bianco-verde: gioca per la vita.

GIOVANNI MARIA ZINNO

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