Una breve storia triste

Jaufré Rudel di Blaia fu un uomo molto cortese, principe di Blaia. E si innamorò della contessa di Tripoli, senza vederla, per il bene che ne aveva sentito dire dai pellegrini che venivano da Antiochia. E fece su di lei molte canzoni con delle belle melodie e semplici parole. E per la volontà di vederla, si fece crociato e si mise per mare, e in nave si ammalò e fu condotto a Tripoli, in un albergo, come morto. E fu fatto sapere alla contessa ed ella andò da lui, al suo letto, e lo prese tra le sue braccia. Ed egli seppe che quella era la contessa, e in quel momento recuperò l’udito e il respiro e ringraziò Dio per averlo tenuto in vita fino a che potesse vederla; e così morì tra le sue braccia. E lei lo fece seppellire con grandi onori nella casa del Tempio; e poi, quel giorno stesso, si fece monaca, per il dolore che ebbe per la morte di lui.

(J. Boutière – A. H. Schutz, Biographies des troubadours)

Queste breve vida dai toni fiabeschi si riferisce a un trovatore occitano nato in Francia nel 1115 circa e morto nel 1148 a Tripoli, in Libano: Jaufré Rudel, celebre per la sua vicenda biografica e per il suo struggimento amoroso. Di lui non si sa molto, oltre alla storia che viene raccontata: già trovatore, si innamorò della contessa Melisenda di

Tripoli senza mai averla vista, dopo che gliene furono cantate le lodi da alcuni pellegrini, e fuori di sé si imbarcò per mare fino in Libano – dalla lirica trobadorica si sviluppò pur sempre l’amor cortese – e si ammalò di malaria nel tragitto, morendo tra le braccia della donna amata dopo che questa gli concesse un bacio in punto di morte.

Le biografie dei trovatori, certo, non sono sempre attendibili, anzi sono spesso iperboliche e fantasiose. Ma ciò che la tradizione tratteggia nei secoli merita attenzione anche quando si discosta dal vero. Omero non era, ma questo è di importanza minimale, perché Omero, a conti fatti, è. Così anche questa storia è falsa, perché Melisenda nel 1148 era una bambina, e Jaufré Rudel morì in Terra Santa durante la crociata del 1147, ma non importa, perché nell’universo della letteratura e dei suoi derivati è bene ricordare sempre che la verità corre su un filo sottilissimo, di interpretazioni e storie

narrate, favole, finzioni, bugie, intrecciandosi con la menzogna e la suggestione. Così, se una storia prende vigore da una falsità, è bene tramandare anche questa, perché fa pur sempre parte della vicenda letteraria, ed è specchio del periodo storico che l’ha partorita.

In ogni caso, la leggenda di Rudel non nasce certo dal niente. Del trovatore sono rimasti sei componimenti, e in tre di questi compare un riferimento esplicito all’amor de lonh, l’amore lontano per una donna d’oltremare. Che sia la Contessa di Tripoli o meno è di scarso interesse: l’immagine di questo sentimento nato dal nulla, da un semplice racconto e da una lode tessuta, è fortissima, e tanto basta a reggere in piedi l’intera finzione. Si sostiene che la vida di Jaufré Rudel sia una parodia giullaresca della sua poesia e del suo amor de lonh, scritta in seguito alla sua morte: una leggenda messa in circolazione da un buffone che, avendo letto le sue poesie, avrebbe voluto giocarci un po’ sopra. Il risultato è in ogni caso sorprendente, sia per la precisione con cui si incastra con la poetica del trovatore e con il suo reale vissuto (dove la Terra Santa corrisponde al Libano e la crociata all’amor che move), sia per l’innovazione concettuale di un amore in grado di superare le distanze spaziali, i Voi che per li occhi mi passaste ’l core stilnovisti, andando a rappresentare per lo spazio ciò che le madeleines di Proust rappresentano per il tempo, ovvero l’annullamento della fisicità a favore dell’interiorità. Insomma, mica cose da poco. Ma torniamo a noi. Da sei liriche occitane e dal canto di un misterioso amore di lontano, è nata una vida giullaresca degna di nota. Tutto è reale nell’universo della finzione, e quanto c’è di vero, a volte, è solo quello che commuove. Il canto di un menestrello su una nave diretta ad Oriente – bisogna credere nell’irreale – è più vero del canto di guerra del poeta che muove in crociata. A chi importa poi la realtà? Ci sono cose più interessanti, a questo mondo: le terre del Libano su cui svetta un castello dagli archi a sesto acuto, il trovatore ammalato, un bacio in punto di morte.

Molti poeti hanno ripreso la figura di Jaufré Rudel, da Petrarca a Heine: è entrato nella storia come personaggio, e non come uomo. La sua, difatti, è solo una storia. Una favola truccata da un giullare a cui la tradizione non ebbe il cuore di non credere. È una finzione letteraria, una vida romanzata, una bugia a cui si è scelto di dar valore. Anche Carducci, tra i molti, ha scritto una poesia su questo personaggio. Racconta questa vicenda assai meglio di me e vi consiglio di leggerla. Si chiama Jaufré Rudel, ed è molto semplice. Non ci sono salti mortali né dialettiche trascendentali. C’è solo la tranquillità di una breve storia triste.

MATTIA SCORZINI

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