Il cibo: un’arte, una passione, uno stile di vita

«Oh beati quelli pochi che seggiono a quella mensa dove lo pane de li angeli si manuca! E miseri quelli che con le pecore hanno comune cibo»

(Convivio, Trattato I)

Così Dante Alighieri adotta la metafora del cibo e del banchetto, alludendo alla propria volontà di imbandire un sontuoso pasto, a base di

canzoni e commenti in prosa volgare, pensato per quegli affamati che intendono cibarsi della vivanda della sapienza. Tuttavia, la tradizione conviviale affonda le proprie radici in terreni ben più profondi: dapprima presso i greci, e poi anche nel mondo romano, la pratica simposiale, che faceva seguito al banchetto vero e proprio, prevedeva l’intonazione di canti, la recita di spettacoli, danze, conversazioni, giochi di vario genere. Si trattava di una vera e propria celebrazione, a mo’ di rito, del folclore culturale di un popolo. Lo stesso Platone, nel suo Simposio, ascrive al banchetto la congenialità di luogo e situazione atta alla discussione filosofica. Difatti, si pensi al ruolo che riveste l’aspetto convivia le oggigiorno, in cui esso è socialmente protagonista insieme al gusto per il buon cibo.

Mangiare è sicuramente da annoverare tra i più sublimi piaceri della vita. Si voglia considerare il cibo in termini quanto più universali e comprensivi: esso è materia prima della pratica culinaria; e la cucina è a tutti gli effetti un’arte sinestetica, il cui messaggio emana passando attraverso sapori, profumi, percezioni tattili, visive e, in un certo senso, sonore. Giustamente, mangiare nasce come atto primordiale e vitale per la sopravvivenza, ma rappresenta anche e soprattutto una fonte di benessere. Quel che mangiamo e come lo mangiamo rivela chi siamo, l’approccio della nostra persona al mondo. Fondamentale, in tal senso, il diritto ad un ampio ventaglio alimentare e al potersi sentire accompagnati con rispetto nella conoscenza dei propri gusti.

Il tutto completa il proprio processo di inveramento nel momento in cui abbinato ad un contesto sociale che sia animato da persone, musica, natura. Per un Paese come l’Italia, in cui la cucina e tutto l’apparato etnico – gastronomico sono parte di un vero e proprio modus vivendi, il fattore della condivisione, del ritrovarsi assieme per mangiare è prorompente. La delizia di gustare un radioso piatto di pasta al sugo fresco e basilico, accompagnato da un propizio calice di vino, in compagnia di qualche buon amico: il perfetto scenario dell’apoteosi conviviale.

La convivialità è dunque questa: la summa delle suddette componenti che si traduce nell’autentico piacere di stare con gli altri. Il pasto conviviale è quello in cui ci si confronta assaporando gusti ed alimenti che hanno una storia e un significato legati alle tradizioni locali e caratteristiche della società di appartenenza, che si tramandano.

ELEONORA CIPRIANO

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