La corsa d’inverno
Giunti al giro di boa del nostro campionato, vediamo le grandi marciare a ritmi elevatissimi: primo il Napoli, campione d’inverno con 48 punti (in proiezione 96), separato solo da un punto dalla Juventus. Poi c’è un piccolo vuoto, alimentato dagli eccessivi passi falsi di Inter, Roma e Lazio, tuttavia resesi protagoniste di prestazioni eccellenti nel corso della stagione, tanto da aver acquisito un soddisfacente vantaggio (+7 sulla Samp sesta) per conquistare un quarto posto che garantirebbe l’accesso alla Champions.
La situazione nei bassifondi è ben diversa: la classifica si muove ben poco e il fanalino di coda Benevento ha ottenuto la prima vittoria dopo 19 partite, terminando il girone d’andata con un inquietante 4 sulla casella dei punti totali. Senza focalizzare eccessivamente l’attenzione sui sanniti, che partecipano per la prima volta alla massima divisione del nostro calcio, si evidenzia un gruppo di squadre, invischiate nella lotta per non retrocedere, che a sua volta ha totalizzato un bottino sicuramente non sufficiente. Tra il Chievo tredicesimo con 21 punti ed il Crotone terzultimo, la differenza è di appena 6 lunghezze, mentre lo scorso anno, al termine del girone di andata, il gap tra tredicesima e terzultima era di 13 punti. Dunque, sembra che ci sia minore disparità tra le squadre di medio-bassa classifica rispetto alla stagione passata, nella quale il divario che separava le ultime tre dal resto del gruppo era di 7 punti, privando (solo apparentemente) il pubblico di una lotta per la salvezza che, complici la débâcle dell’Empoli e la tenacia del Crotone, ha visto i pitagorici recuperare l’intero margine e salvarsi con 34 punti, una cifra tutt’altro che esorbitante.
Nonostante la lieve crescita delle squadre di medio- bassa classifica, la disparità tra queste e le prime cinque sembra essere aumentata, poiché il ritmo mantenuto dalle big è elevatissimo: la Lazio quinta, a quota 37 e con una partita in meno, potrebbe arrivare a 40 punti, che in proiezione sarebbero addirittura 80.
Da quando la Serie A nel 2004 è tornata ad avere 20 squadre e solo 3 retrocessioni, il livello nella parte destra della classifica sembra essersi appiattito di molto, complice anche il conseguente abbassamento del livello della Serie B, che non fornisce squadre adeguate al livello della massima serie. Nel 2004-05 infatti, la Juve si laureò campione con 86 punti, mentre ad Atalanta, Brescia e Bologna non bastarono rispettivamente 35, 41 e 42 punti per salvarsi. Nella Serie A di oggi questi numeri si sono dilatati di molto, forse troppo. Il rischio enorme è quello di vedere campionati privati della loro competitività e di agonismo, con squadre (come il Benevento quest’anno o il Pescara l’anno scorso) che sembrano sconfitte già in partenza e che poche volte compiono il miracolo di strappare qualche punticino alle grandi. Pertanto, a tutela della nostra cara Serie A, l’attenzione non deve essere rivolta ai percorsi delle italiane in Europa (a detta di molti insoddisfacenti; l’ultima a conquistare un trofeo in ambito internazionale fu l’Inter nel 2010, la Juventus ha perso due finali nel 2015 e 2017) bensì all’esponenziale aumento della quota punti delle prime in relazione alla decadenza delle ultime, il cui significato è un evidente abbassamento di competitività delle squadre che occupano i bassifondi della classifica. Ad avvalorare questa tesi, ci sono le ottime prestazioni nel corso di quest’anno di Juve e Roma in Champions e la possibilità per ben 4 squadre (Lazio, Milan, Atalanta e Napoli) di portare in alto il vessillo tricolore anche in Europa League,una competizione il cui livello potrebbe permettere senza dubbio alle nostre corazzate di arrivare in fondo, specie alle più attrezzate come il Napoli.
ANDREAS KATSARAS