Editoriali dei direttori

Ogni volta che inizio il nuovo anno ho sempre diecimila propositi e aspettative nuove, che prontamente decadono dopo nemmeno due settimane. Ho rinunciato a fare programmi, tanto so come va a finire. E ai desideri al chiaro di luna, o alle monetine gettate nella fontana non credo poi così tanto, perché come dicevano Catullo e Ovidio le parole scritte sull’acqua sono vane e la corrente se le porta via. Così ho rinunciato a sognare la Roma che vince lo scudetto, o la fine della guerra nel mondo, o ancora un fisico prestante degno del miglior bodybuilder. Preferisco rimanere con i piedi per terra, per quanto possibile, e in fin dei conti non chiedo tanto. Ecco, sono stufo di sorbirmi le stesse salmodianti enumerazioni di buone intenzioni, e vedere il giorno dopo la medesima, stanca assuefazione alla corruzione, alle false illusioni, alla barbarie. Apri il giornale: leggi “astensionismo”. Fai due domande in giro: omertà. Basta complici silenzios i della subdolità: riflettiamo, ripartiamo da zero, non raccontiamoci favole per coprire la realtà. Se qualcosa non ci soddisfa, non limitiamoci a convivervi, ma assumiamoci responsabilità: ogni volta facciamo promesse, e poi?

Credo in idee innovative, in orizzonti inesplorati eppure accessibili, in scommesse ardite e sovvertimenti epocali (alla Roma e ai muscoli da palestrato non ancora). Questo, forse, è il fil rouge che lega gli articoli de La Lucciola di gennaio: la cultura resiste e si fa luce con vigore anche in periferie grigie e in degrado; minuscoli frammenti di atomi possono salvare la vita in condizioni estreme; dalle sofferenze e dalle cadute più rovinose si  può uscire campioni; persino il misero pedone può diventare regina e ribaltare il rigido scacchiere sociale. Questo chiedo all’anno nuovo: l’entusiasmo di tentare strade nuove, rifiutando immobilismo e falsi proclami. Sogno impossibile? Onestamente non penso.

ALESSANDRO DI SERAFINO

Al giorno d’oggi siamo continuamente travolti da fiumi di notizie basate su polemiche sterili e inutili, su tragici eventi di cronaca, su discussioni infinite tra partiti politic i con ben poco visibili risultati a breve termine; questa valanga ci porta con sé rendendo passivo il nostro discernimento, e quella rapida e fugace notizia che riguardi eventualmente importantissime dinamiche a livello internazionale passa in secondo piano. Coinvolti, ma poco consapevolmente, talvolta assistiamo agli eventi come tifosi, assumiamo posizioni per simpatia o per moda o per partito preso, tendiamo a non elaborare né a coltivare una nostra opinione, a ritenerla inutile, ad attribuire meriti e colpe, soprattutto colpe, a chi ci governa, all’Europa, ai poteri forti, agli alieni… confortati dal non avere responsabilità in merito a questioni che, in realtà, riguardano molto da vicino le nostre vite presenti e future; tendiamo a nasconderci dietro un simbolo, una bandiera, senza seguirne gli ideali, senza difenderne le idee o facendolo con poche conoscenze, risultando poco credibili. Tuttavia l’educazione a una tale discrezione dipende solo dalla nostra volontà, in un mondo che ormai ci offre la possibilità di informarci in maniera esauriente sui più disparati campi dello scibile. Tali informazioni sono dunque da ricercarsi con pazienza e apertura a ogni posizione e punto di vista, senza chiudere il proprio campo visivo limitandolo alla semplice ricerca di conferme per le proprie idee precostituite.

L’augurio è quello di trovare tra le pagine di questo giornaletto qualche spunto di riflessione in più e qualche interessante e originale visione di un mondo che, forse, non conosceremo mai abbastanza senza osservarlo con gli occhi degli altri.

ANDREA CRINÒ

Come ogni primo dell’anno mi risveglio piuttosto turbato dalla coltre di follie  che aveva turbato la notte precedente e mi prendo una ventina di minuti per riattivare i neuroni e tornare ad essere me stesso. Eppure c’è sempre qualcosa che mi lascia a disagio nel Capodanno (e no, non è quello che pensate voi); un senso di profonda delusione si fa sempre più strada nella mia testa, mentre malauguratamente scelgo di scorrere le storie di Instagram sul telefono: video di botti e fuochi d’artificio, video di gente che beve e fa finta di divertirsi, qualcuno più alternativo alla Nanni Moretti che posta la sua visione originale del Capodanno, fatto di Dostoevskij/inserisci autoreeuropeotardoottocentesco insopportabile e cioccolata calda. La misantropia che da sempre contraddistingue la mia attività umana si acuisce fino a diventare un fremito elettrico insopportabile  e acuminato, mi sembra sempre più di avere a che fare con automi alla “Black Mirror”, o anche peggio, persone che si divertono solo quando è necessario divertirsi, che si riuniscono per fare qualcosa di squisitamente folle ed originale  solo una volta all’anno, e ciò mi riempie il cuore di tristezza. Ma fortunatamente lì fuori c’è ancora qualche guerriero avventuroso, amante della vita fino alla sua radice più profonda, che non si lascia dettare dalle circostanze come sentirsi, quali emozioni provare, e che ha capito che la bramatissima felicità ultracapitalista non è una macchinetta telecomandata, ma è l’applicazione della propria libertà creativa giorno per giorno. La sfida del 2018 per me, come ogni anno, non è conseguire stupidissimi fioretti impossibili o seguire proposizioni dettate dall’etanolo festifero, né rimanere a lamentarmi della misera/precaria condizione di vita dell’uomo, ma è, semplicemente, fare cose ancora più vitalmente  assurde e incredibili dell’anno  precedente.

JACOPO SORU

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