La civiltà dello spreco

Negli ultimi decenni nello stile di vita di milioni di cittadini occidentali si è affermata l’abitudine di un consumo esagerato di merci, oggetti e persino esperienze, tanto che la nostra società risulta essere ormai una società dello spreco. Consumare di continuo, sempre di più, soddisfare qualsiasi desiderio, comprare tutto quello che viene pubblicizzato, a costo di indebitarsi, sembra essere diventata l’unica via praticabile per affermarsi ed essere felici. Molte persone soffrono della sindrome da acquisto compulsivo e dilapidano in spese voluttuarie ingenti somme di denaro. Oggi la crisi economica, con l’erosione progressiva dei salari e l’aumento della disoccupazione, sta rendendo questo stile di vita insostenibile per la maggioranza dei cittadini occidentali. Sprechiamo cibo e acqua. Un abitante di un paese ricco consuma acqua cinque volte di più di quanto consuma un “povero”. Dal 1974 a oggi lo spreco alimentare nel mondo è aumentato del 50% ma solo di recente, complice la crisi economica globale, la questione è trattata come un vero problema. Nei prossimi anni si calcola che sarà necessario incrementare la produzione alimentare del 60-70% per nutrire una popolazione sempre crescente, mentre secondo un’analisi realizzata dalla FAO, gli sprechi alimentari nel mondo ammontano a più di 1,3 miliardi di tonnellate all’anno, pari a circa un terzo della produzione totale (3,9 miliardi di tonnellate), di cui l’80% sarebbe ancora consumabile. II 40% del cibo prodotto negli Stati Uniti finisce in discarica. L’Unione europea con 180 kg pro-capite e l’Italia con 149 kg pro-capite risultano sopra la media dei paesi sviluppati. In Gran Bretagna si buttano tra i rifiuti 6,7 milioni di tonnellate di cibo ancora perfettamente consumabile, per un costo annuale di 10 miliardi di sterline. In Svezia, mediamente ogni famiglia getta via il 25% del cibo acquistato. Nel nostro Paese gli sprechi a livello domestico sono i più rilevanti, il 42% del totale, e costano oltre 25 euro al mese a famiglia. Con il cibo buttato vengono sprecati anche la terra, l’acqua, i fertilizzanti, senza contare le emissioni di gas serra che sono stati necessari per la sua produzione, e l’ambiente è stato quindi inquinato, sfruttato o alterato invano. Ridurre lo spreco di cibo significa anche salvare il Pianeta. Lo spreco alimentare è tanto più illogico quanto più aumentano la produzione di rifiuti e la crisi ambientale, nonché l’impoverimento e la denutrizione (attualmente oltre 1 miliardo di persone). Se fosse infatti possibile recuperare gli sprechi questi sfamerebbero 2 miliardi di persone al mondo. Per combattere lo spreco alimentare e le sue conseguenze ambientali in molti casi sono sufficienti semplici azioni da parte dei singoli cittadini, produttori, rivenditori, ristoratori e imprese. Gli inutili imballaggi che accompagnano le merci producono un surplus di rifiuti, difficilmente smaltibili. Purtroppo i cosiddetti Paesi emergenti (Brasile, Russia, Cina, India, ecc.) seguono il nostro stesso modello di sviluppo, producendo inquinamento e consumo di risorse naturali. Dal 14 settembre è entrata in vigore in Italia la legge contro gli sprechi alimentari, una legge che, a differenza di quella francese, non prevede sanzioni, ma ha come primo intento la valorizzazione delle buone pratiche e l’ambizione di coinvolgere un numero crescente di soggetti nella rete solidale che si è costruita in questi anni. Attraverso questa legge, l’Italia si propone di dimezzare gli sprechi alimentari in dieci anni, superando i target definiti dall’Unione Europea per il 2020. Tra gli interventi più importanti della legge contro gli sprechi, che riguarda proprio chi vende generi alimentari, c’è la sburocratizzazione e lo snellimento delle procedure per chi vuole donare. Ad esempio, gli esercizi pubblici che vorranno consegnare gratuitamente il cibo a una Onlus non saranno più obbligati a segnalarlo con anticipo, ma potranno presentare una dichiarazione consuntiva a fine mese. Inoltre, aumenta notevolmente la soglia oltre la quale diventa obbligatoria la “denuncia” della donazione (da 5mila a 15mila euro). La legge apre inoltre ai Comuni la possibilità di prevedere sconti sulla tassa rifiuti per chi, invece di gettar via, donerà l’invenduto. E’ necessaria dunque una rivoluzione dello stile di vita “occidentale”, che preveda un risparmio di materie prime, il riuso dei prodotti, il riciclo degli oggetti e il recupero di energia, basato sugli antichi valori del “quod sufficit” (basta il giusto), della sobrietà e della responsabilità. Inoltre ci stiamo accorgendo di sprecare spesso la nostra risorsa più preziosa, il tempo, in attività alienanti. Lo sviluppo tecnologico, “le macchine”, ci permetterebbero già da ora, in una società più giusta, di trasformare il tempo di produzione in tempo di vita, in ozio creativo. Forse per vivere una vita meno frenetica e più equilibrata, basterebbe soltanto smetterla di lasciarsi sedurre dalle sirene della pubblicità e, come fece Socrate, condotto al mercato, esclamare davanti alla pletora di merci ed oggetti in esposizione: “Quante cose di cui posso fare a meno!”

CHIARA MARTINA PAPA

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