Una squadra

Novantaduesimo minuto. Immobile va, tiene palla, punta l’uomo. È fresco, ha rilevato da poco Eder. Il difensore belga invece è stanco, incespica, non lo tiene. Allora Ciro serve a destra Candreva. L’esterno della Lazio si ferma, accarezza il pallone di un delizioso interno destro. Ha visto Pellè tutto solo, lo serve. Graziano si coordina, è ormai pronto… la palla gli arriva… BUM!!! Scaglia in porta il due a zero, e ogni italiano improvvisamente si riscopre nazione.

Le grida a squarciagola, provenienti da ogni dove, riportano alla mente il rigore di Grosso: allora vincevamo un Mondiale, e che Mondiale! Oggi siamo all’inizio di un Europeo. Questi ragazzi, dai più considerati brocchi, sono una squadra, e lo hanno dimostrato oggi sul campo. Plasmati da Conte, “zitti e pedalare” come il ct ripete spesso, hanno corso e pedalato, andando oltre i rapporti di forza che sulla carta li davano per spacciati. Hanno dimostrato che i milioni spesi dai club per i vari De Bruyne, Witsel o Hazard altro non sono che fuffa, se paragonati allo spirito di gruppo, al cuore e all’abnegazione che oggi questi ragazzi hanno dimostrato.

Senza i centrocampisti Verratti, Marchisio, Montolivo, Pirlo… senza attaccanti degni di questo nome (non mentiamo, così l’italiano medio pensava fino a oggi pomeriggio, prima di vedere i nomi sopra citati in azione… e mancano ancora da testare i vari Insigne, Zaza, El Shaarawy…) l’Italia ha compiuto quello che può definirsi un miracolo sportivo, o meglio un capolavoro calcistico. Perché alla fine è sempre così. Tutti si riempiono la bocca, ma poi zitti a vedere come gioca l’Italia e come essa sorprende anche il più ottimista dei tifosi.

ImmagineMa noi italiani siamo così: ci stupiamo di noi stessi, quasi come se una vittoria non sia roba
per noi… “come, abbiamo vinto?” ci chiedevamo alla semifinale dello scorso Europeo, alla vittoria mondiale del 2006 (a proposito, il 9 luglio sarà il decimo anniversario… brividi) o anche dopo aver passato il “secondo girone” contro Argentina e Brasile del Mundial del 1982… noi italiani siamo così, ed è bello quando vinciamo proprio perché non ce lo aspettiamo, ed ecco allora che lo scetticismo si tramuta in gioia incontenibile. “Catenaccio e contropiede” si diceva una volta… e paradossalmente è questo che ha portato l’Italia del calcio ai livelli che oggi detiene. Ma non basta come spiegazione. Non so come dire, è come se gli italiani fossero belli. Ecco, siamo belli. Non tutti esteticamente, ovvio. Ma abbiamo quella completezza che ogni Paese vorrebbe avere. Faccio un esempio, restando sullo sport: noi siamo l’unica nazione a “quasi” primeggiare nella maggioranza delle discipline atletiche. Abbiamo vinto 4 mondiali di calcio, certo, ma abbiamo anche il Settebello e il Setterosa nella pallanuoto, eccelliamo nella pallavolo, stiamo crescendo a vista d’occhio nel basket, così come nel tennis… abbiamo nuotatori e nuotatrici fra i migliori al mondo (e anche Tania Cagnotto restando a mollo), abbiamo Valentino Rossi e Sergio Parisse, Valentina Vezzali e Aldo Montano nella scherma… perfino nel rally abbiamo un certo Tony Cairoli (fortissimo, fidatevi). Devo andare avanti?

Credo di avervi fatto capire ciò che penso. Un’altra cosa riguarda la storia di questo paese, che conosciamo poco, è vero, ma che tutto il mondo ci invidia. L’arte? Neanche ne parlo. Non volevo fare un pezzo patriottico, ma credo che per capire l’Italia del calcio che vince bisogna capire l’Italia della storia e del sentimento nazionale.

Siamo un paese strano, e quando vedo Giaccherini tentare con tutto sé stesso un aggancio, riuscendoci una volta su dieci ma proprio quella volta mettendo la palla in porta, me ne convinco sempre di più. Ma la nostra è una stranezza bella, di quella che hanno i geni. E infatti l’Italia è la terra dei geni, e non basterebbero migliaia di fogli per parlarne.
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L’emozione nello scoprirmi italiano ha avuto un effetto di risvegliare la coscienza dal torpore che mi circondava. Sono italiano! Perché siamo e restiamo il paese della mafia, della corruzione, del malaffare… ma quando Fabio Caressa, il 9 luglio del 2006 disse “Alza la coppa Capitano!” allora lì, come stasera, ho capito, davvero, quanto sia bello essere Italiani.

FRANCESCO PAULETTI

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