Le ultime lettere di Alessandro De’ Medici

4/6/’16

Ormai non ho molte possibilità. So che mi sta osservando e che non posso uscire dalla sua morta pupilla. La sua espressione è di ghiaccio, pallida, come se la luce della luna riflettesse così tanto quella del sole da colpire con tanta forza la sua pelle e renderla accesa, ma non basterebbe tutta la luce dell’universo a dare vita a quegl’occhi.

Ci fu un momento in cui mi ritrovai a sbattere su di lui … era freddo, più di un marmo bianco di una tomba monumentale, e duro, come se fosse pieno di forze, ma non umane, non aveva muscoli, non si notavano né si avvertivano. Era marmo, freddo, duro, non umano, ma di pietra.

La prima volta che ci incontrammo si sbalordì con le sue conoscenze, aveva un modo di fare così ipnotico, straripava di cultura e mai si faceva trovare impreparato su qualcosa. Veloce, agile, ma niente in lui mi colpiva in modo negativo. Ne ero troppo affascinato. Mai conosciuta una persona così profonda.

Ma ora … ora lo sento sempre dietro di me. Niente mi può difendere da lui. Ora sta calando la notte. La scorsa notte ho corso tutto il tempo, i lupi m’impedivano d’uscire e il solo scorgere di una piccola nebbiolina mi faceva raggelare il sangue. Il sangue … mi tiene in vita, corre insieme a me, ma è lui che mi mostra al predatore. Sono un agnello nella tana del lupo solo perché lui corre nelle mie vene. Vorrei morire. Vorrei tagliare questo flusso di vita e di morte allo stesso tempo, ma non ho il coraggio. Se corressi fuori i lupi non ci metterebbero molto a trovarmi ed a farmi a pezzi. Non voglio morire così, sentendo la pelle che si spezza dalle mie ossa con dolore atroce. Non voglio finire nelle mani di quel mostro però. Eppure ho qui vicino a me un chiodo, un legno, una morte veloce, un suicidio lento, ma tutto è solo aria. Non posso uccidermi. Non riesco ad essere l’assassino di me stesso.

Il sole è ormai a metà busto, manca poco. Sentirò presto lo scricchiolio del suo baule. I lupi correranno presto fra gli alberi intorno alla casa e sarà solo un’altra caccia al topo. Non penso di sopravvivere.

Emily, questo è il mio ultimo addio a te. Spero che questo messaggio ti arrivi, che il vento di questo luogo maledetto sia il soffio delle povere anime che prima di me hanno lasciato la vita in questo posto e che ora vorranno aiutare uno di loro, che ha patito la loro stessa paura. Ti avrei sposata e avrei fatto mille e uno sacrifici per la tua felicità, ma ormai non potrò che dirti addio. Ricordami sempre nel tuo cuore e ricorda sempre di non accontentarti dell’amore che pensi di meritare, perché l’unica cosa che tu veramente meriti è la massima felicità. Ti amo Emily. Addio, il tuo Alessandro.

LORENZO BITETTI

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