Le “Anime Oscure” di Bertold Brecht

Tra le opere del drammaturgo di Augusta e Dark Souls III: qual è la poetica dei giorni nostri?

Sì, questo avrebbe dovuto essere un brillante e frizzante pezzo sulla poesia di Brecht, un articolo che avrebbe dovuto rilanciare tra gli studenti l’efficacia narrativa di un così grande poeta, forse troppo misconosciuto in Italia per la sua produzione lirica, ma che certamente merita di essere annoverato tra i più grandi letterati tedeschi del Novecento. Messo di fronte al computer però sorge dentro il mio già turbato animo un interrogativo forte, vero, definitivo: “Adesso dovrei scrivere su Brecht dopo aver passato tutta la settimana a giocare a Dark Souls III” invece di fare tutte le appropriate ricerche sul caso pretendendo di fare l’intellettuale vero?”

Bene l’articolo che segue è una profonda e libera espressione del mio subconscio che ha accompagnato gli attimi di terrore di cui prima e di conseguenza non ha nessuna pretesa di verità assoluta e clericale, è semplicemente il mio punto di vista.

Il fatto è che spesso, con un atteggiamento di disprezzo violento, le “persone di cultura” tendono a tratteggiare gli elementi della cultura pop come “schifezze passeggere” o roba di poco conto, degrado morale e sociale della gioventù moderna, che invece di riscoprire Dante, Joyce e Tolstoj, perde tempo con i fumetti e le serie tv, per non parlare dei videogiochi, un medium talmente incompreso e snaturato che parlare di videogiochi in Italia come forma artistica oggi è più o meno simile al dichiararsi ateo nel periodo della Controriforma.
Chiaramente,    esistono    fumetti,    serie    tv    e videogiochi scadenti, noiosi, talvolta deleteri, ma questo vale per ogni forma d’Arte. Il nesso tra Brecht e “Dark Souls III” mi è giunto leggendo una poesia di quest’ultimo dal titolo “L’albero in Fiamme”, poesia che mi ha istantaneamente riportato ad uno scenario particolare del suddetto gioco, dove, tra corpi di cadaveri ammassati in fienili decadenti, si ergeva, fiero, puro, alto, quest’incredibile albero in fiamme, e la potenza emotiva che mi aveva travolto giocando è stata la stessa provata dalla lettura della poesia.

La narrativa, frammentata, oscura e estremamente personale di “Dark Souls” è un qualcosa di completamente diverso da quella che possiamo riscontrare nei cosiddetti media tradizionali, ma piena di un’energia nuova, sconosciuta. Possibile che l’idea, di sovvertire i canoni tradizionali della società si sia ormai perso anche in coloro che si fanno difensori di valori ormai tristemente consolidati, un’èlite di intellettuali incapaci di guardare nuovamente al futuro, incapaci di rompere, ancora una volta, gli schemi dell’Arte del nostro tempo?

ImmagineL’Arte veicola messaggi, può ispirare riflessione, può trasportare emotivamente o può semplicemente essere divertimento, e nei videogiochi spesso è una perfetta combinazione di queste tre. Non sto ovviamente cercando con le mie parole forse imprecise, forse trasportate dalla passione di sminuire l’arte “tradizionale”, di togliere potere ai classici.

Al contrario, io vedo la potenza dei classici vivere e risplendere veramente nei media moderni, vedo Macbeth in “Game Of Thrones”, vedo Freud in “Hannibal”, vedo Hamlet in “Sons of Anarchy”, perché dunque vietarsi in quest’impeto di chiusura mentale direi quasi “nazista” la fruizione di tale potenza, perché scegliere di tenere ancora una volta gli occhi chiusi mentre la rivoluzione vi passa davanti?

Ma quello che più mi preme sottolineare in questo flusso di coscienza estremamente disorganizzato è che io non intendo abbassare la testa di fronte all’ “Arte quella Vera”.

Basta con questa forma mentis dell’accettazione dei nuovi media artistici come forme minori che sì, non sono male, ma le lasciamo ai ragazzi, mentre noi ci crogioliamo nella reale speculazione letteraria.

Bisogna accettare il fatto che un Asimov può essere preferito a un Dostoevskij, che un George R. R. Martin possa essere preferito a un Sartre, e quindi questo ci fa delle persone superficiali? Sinceramente non sono neanche interessato a tali giudizi, per è innegabile che vivere in un paese ostile al progresso è estremamente fastidioso e noioso e di certo poco interessante.

Non bisogna ovviamente neanche esagerare dall’altro lato, ma mi sono focalizzato più sul riconoscimento d’importanza culturale che le nuove opere in Italia non hanno per via dell’ottusità e della stupidità dei suoi abitanti, di come l’estate scorsa in Italia a vedere “Quando c’era Marnie “, ultimo film dello studio nipponico d’animazione “Ghibli” ci fossero 8 persone, quasi tutti ragazzi.

Scrolliamoci di dosso questa senilità latente, questo sentimento di grigia e torbida nostalgia che soffoca l‘espressività, la creatività dei suoi abitanti, mai supportati nella produzione di forme d’arte innovative. E sì, non vi ho parlato scolasticamente di Brecht, dei suoi due lati “petrarcheschi”, uno più dedito alla riflessione politica marxista e uno più umano, sensibile a i temi della caducità e della vita, che toccano le corde dei poeti da sempre. Al contrario vi ho citato Dark Souls III e sono fiero di poter affermare che si tratta di due opere estremamente diverse, ma drammaticamente vicine, sullo stesso piano di emotività e potenza espressiva.

JACOPO SORU

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