Reportage dalla terra dei canguri

Strana terra, l’Australia. Superficie maggiore dell’Europa, piccolo numero di abitanti (circa 20 milioni, un terzo dell’Italia!) e, da ogni parte, distese di oceano. La più grande isola del mondo, dai più considerata un continente, è piena di bellezze inaspettate ed elementi peculiari, che ho avuto modo di conoscere nel mio recente viaggio ad Adelaide, capitale dello stato del South Australia e importante città costiera.

Nonostante ci appaia lontana e irraggiungibile, questa nazione è stata fondamentale per la storia dell’emigrazione di massa dell’800, in particolare la nostra. Già, qualche decennio fa migliaia di italiani, prevalentemente meridionali, partirono alla volta dell’Australia in cerca di lavoro e fortuna. Non è un caso se oggi la maggioranza della popolazione di questo paese ha genitori o nonni italiani. Un po’ come gli Irlandesi negli Stati Uniti, i cui discendenti costituiscono oggi quasi un terzo della popolazione. Il resto degli abitanti è di etnia, ovviamente, anglosassone.

Spontanea sarà la vostra domanda: e prima che arrivassero gli Inglesi? E dopo? È, questa, una triste pagina della nostra storia e della loro, che ancora oggi divide il paese. Massacri di aborigeni furono infatti perpetrati negli anni, distruzioni di intere civiltà fecero da preambolo allo sfruttamento economico dell’isola. Pochi se ne salvarono, e i loro discendenti  sono  oggi  persone  disagiate e per lo più non integrate nel tessuto sociale australiano. A tal proposito, toccante è stata per me la visita al Museo dell’Emigrazione, in parte perché racconta le peripezie patite dai nostri connazionali, in parte per la ricostruzione storica dell’eccidio britannico in questa terra sconfinata. La “città delle Chiese”, come è chiamata Adelaide, è nata nell’800, povera di storia ma non di storie, di molte delle quali si trova testimonianza nei musei intorno al centro della città che comprende, tra l’altro, un interessantissimo orto botanico e lo stadio del football, tappa obbligatoria degli appassionati diImmagine sport.

Ma, dicevamo, l’Australia è anche terra di bellezze. Anzitutto la flora e la fauna. Per quanto riguarda la prima, bisogna dire che piante peculiari si integrano con le più comuni, il che fa del paesaggio un elemento molto ameno e suggestivo. L’acacia dorata o l’eucalipto (cibo preferito dei koala) sono solo le più famose, ma le migliaia di specie floreali del luogo sono variegate e spesso sconosciute. Diversamente avviene per gli animali australiani, molti dei quali noti (basti pensare al canguro, il wallaby, il diavolo della Tasmania o il sopracitato koala) e, a dispetto delle apparenze, aggressivi. Non è raro imbattersi in canguri per la strada, o scorgere pettirossi australiani in piena città. La mancanza (o quantomeno carenza) di inquinamento è senza dubbio indice di benessere per tutti gli esseri viventi: l’aria australiana è pulita come il cielo sopra i suoi abitanti.

La qualità della vita, come ho testato io stesso, è ottima. Ognuno ha i propri spazi: villa, giardino, forno all’esterno, cantina… e soprattutto, tutte le case si sviluppano in ampiezza, mai in lunghezza (pensate che Adelaide, da nord a sud, è lunga 90 km!): azzardando un paragone con Roma, direi che noi siamo un po’ più stretti. Ma soprattutto non troviamo parcheggio, mentre loro ne hanno a volontà. Vi sembra il Paradiso Terrestre? Non volevo farvelo pensare. E’ un paese come tanti altri, occidentale (anche se non geograficamente) e perciò avanzato. Guadagna posizioni e appeal per giovani e meno giovani, che vogliono sempre più trasferirvisi o magari, semplicemente, trascorrervi un tempo di studi.

ImmagineNonostante non sia cosi comune, per noi, visitarla, è però facile immaginarcela come locus amoenus, isolata (è pur sempre un’isola!) dal caos del mondo. Devo dire che, contrariamente alle mie aspettative, si è rivelata tale, pur con una pecca imperdonabile su cui sorvolerò (siamo italiani, ci piace mangiare bene…) e mi sono da lei separato con la ferma intenzione di tornarci, prima o poi. Perché, nonostante io abbia  visto  una  minuscola  frazione di questo paese, mi è già entrata nel cuore, con i suoi paesaggi, i suoi spazi, la sua natura… a Napoli si piange due volte, quando si arriva e quando si riparte: ecco, se i miei occhi non hanno pianto, lo ha fatto il mio cuore, che si sarebbe fermato pur di non lasciare a migliaia di chilometri un posto dove l’animo è finalmente tranquillo, non lontano dalle angosce, ma più ben disposto verso di esse.

FRANCESCO PAULETTI

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