Bill Hicks, il Poeta Oscuro

Il mondo dell’intrattenimento è molto più importante di quanto non si creda nelle nostre vite. Eh già, perché oltre al tempo in cui ci si dedica, (o meglio si è obbligati a dedicarsi, da sé stessi o da qualcun altro) alla “roba importante”, ci dovrebbe anche essere quello dello svago.

E in materia di svaghi c’è tanto da dire, ma ce ne è uno in particolare che ci può parlare dentro ad un livello più profondo, più incisivo degli altri: il mondo della comicità.

Dopo aver fatto le doverose distinzioni fra comicità dannosa (ogni riferimento a Coloradi vari e altre robacce è puramente casuale) e quella che, invece, fa ridere – seppur attraverso la demenzialità – ma anche pensare, e instilla dei messaggi nel pubblico, si può parlare oggi di un comico che credeva molto nella potenza di questo mezzo.

Costui è William Melvin Hicks, meglio conosciuto come Bill Hicks, stand-up comedian che fin dai suoi primi anni di attività mostrava un’innata abilità nel far ridere le persone e non solo.

Nato nel 1961 a Valdosta (eh sì, la versione americana di Valle D’Aosta), in Georgia, e trasferitosi giovanissimo a Houston, Texas, incomincia qui a soli 15 anni a dare spettacoli in un night club locale insieme all’amico di una vita, Dwight. Il suo stile, ispirato a quello di Woody Allen, riesce subito a far breccia nel pubblico, che lo apprezza nonostante la giovane età.

Successivamente tenta di approcciarsi ad Hollywood e scrive una sceneggiatura insieme a Dwight, ma alla fine la cosa non sembra soddisfarlo e rinuncia. Torna a Houston e incomincia a far uso di droghe ricreative ed alcool, da cui si disintossicherà nel 1988. Le prime sostanze verranno da lui difese in seguito, mentre prenderà le distanze dal secondo, che più di tutto il resto stava compromettendo la sua carriera.

Decide dunque nello stesso anno di andare a vivere da solo a New York per sei mesi, dai quali tornerà rinnovato e darà segno di ulteriore miglioramento nei suoi monologhi, che lo porteranno ad avere sempre più successo, fino ad arrivare ad esibirsi nel Regno Unito, in Irlanda e in Canada, e girare uno speciale per la HBO, Revelations.

Neanche l’aver scoperto di avere un tumore al pancreas, cosa che lo porterà alla morte nel 1994, lo fermerà dal continuare a fare stand-up in giro per l’America. Per tale motivo si definisce nei suoi spettacoli come un UFO, ossia perché “proprio come gli UFO appaio in oscuri villaggi del sud di fronte ad una manciata di bifolchi. E proprio come gli UFO questi bifolchi mi trovano ugualmente incomprensibile”.Nuova immagine

La critica, la satira e l’invettiva, forti soprattutto verso certi aspetti della politica e della religione, il mondo del marketing e dei media e l’atteggiamento dell’americano medio sono più che evidenti soprattutto durante il secondo periodo della sua carriera, insieme, d’altra parte, alla difesa della libertà di comportamento e di espressione.

Si può dire che, nonostante le forti accuse alla società americana – motivo per cui sarà apprezzato all’estero – lui possa considerarsi davvero affezionato al suo Paese, per quanto faccia di queste libertà il suo stendardo come qualsiasi buon “ ‘mmuricano” farebbe. Prevalenti fra le   sue   tematiche   anche   quelle   anti-guerra,  anti-lobby e a favore dell’uso di alcuni tipi di droghe a scopo ricreativo.

Tutto ciò è misto ad una comicità scorretta quanto pungente, volgare quando serve, esuberante quanto lucida, brillante quanto sottile, in cui Bill sente sempre importante il coinvolgimento da parte del pubblico. Non nel senso di un’interazione da parte di esso, quanto nel senso di lasciare qualcosa alla gente una volta uscita dal locale, dal teatro o da che sia.

Il principale motivo per cui si esibiva e ha continuato ad farlo fino alla fine, oltre che la vocazione per la comicità, è che egli sentiva di dover comunicare le sue esperienze, il suo pensiero e le sue sincere e provocanti opinioni all’audience. Si definiva un “dark poet”, un “poeta oscuro”, il cui compito era proprio quello di dire la sua su qualunque cosa capitasse e svegliare, a detta sua, la coscienza dello spettatore attraverso l’ilarità, e quindi nel modo che lascia più il segno in una persona.

Quindi troviamo una commistione tra risata e quella che si potrebbe chiamare, con le dovute precauzioni, quasi una sorta di filosofia. Tanto che molti tendono a ricordare, fra tutti gli sketch, soprattutto il monologo pronunciato in conclusione di Revelations, con il quale si vuole concludere anche oggi: “The world is like a ride in an amusement park, and when you choose to go on it you think it’s real because that’s how powerful our minds are. The ride goes up and down, around and around, it has thrills and chills, and it’s very brightly colored, and it’s very loud, and it’s fun for a while. Some people have been on the ride a long time, and they begin to wonder: “Hey, is this real, or is this just a ride?”. And other people have remembered, and they come back to us and say: “Hey, don’t worry; don’t be afraid, ever, because this is just a ride””.

 

FRANCESCO PASSARETTI

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