Ancora troppi gli uomini senza dignità

Arrivano, sempre di più, sempre più disperati, alla ricerca di una vita dignitosa. I migranti che affollano ormai giornalmente la Sicilia trovano nell’Italia un crocevia fondamentale per la loro ascesa, in massima parte, verso altri paesi quali Francia, Germania o Inghilterra.

Ma chi sono questi migranti? Come risolvere questo oggettivo problema senza ledere i diritti, nostri e loro? Confesso che questa vicenda mi tocca particolarmente. E’ per questo che sto tentando di capirla e di mettervi ordine, proponendo magari una soluzione alternativa che non sia però né un’accoglienza incondizionata né una condanna a morte.

Secondo me è innanzitutto opportuno discernere quali profughi sono davvero tali. In altre parole, in quanti hanno diritto di asilo? E già qui si presentano problemi: come operare questo discernimento? Come stabilire chi è che fugge da un conflitto, dalla fame o dalle calamità, e chi invece no? Sono infatti migliaia questi uomini e queste donne che escono  di  casa  per  l’ultima volta e intraprendono la via dell’emigrazione clandestina.

Quasi sempre si tratta di una decisione maturata nel corso di mesi, talvolta di anni. Richiede, infatti, contatti, accordi, contrattazioni; e soldi, tanti soldi. In Africa, ad esempio, il viaggio inizia di solito da una città. La popolazione rurale, infatti, prima emigra nei centri urbani e da lì, in seguito, parte eventualmente per altri Stati e continenti.

Nuova immagineA indurre queste persone ad espatriare e ad affidarsi ai trafficanti sono illusioni, disinformazione e, io credo, fiducia mal riposta in utopiche speranze, più che la disperazione per le difficili condizioni economiche o il timore per la propria vita: si ignorano le difficoltà, la fatica e i pericoli delle rotte migratorie, le insidie, la violenza e la spietata brutalità dei trafficanti.

Nessuno è preparato alle lunghe soste prima di iniziare ogni nuova tappa di un percorso lungo di solito migliaia di chilometri. Soste che possono durare mesi per chi non ha pagato tutto il trasporto in anticipo e quindi, a ogni tappa, deve guadagnare in qualche modo l’importo richiesto per quella successiva.

Per saperlo, basterebbe leggere le interviste fatte dai giornalisti a Gao, nel Mali, e in altri punti di sosta (riportate anche da alcuni quotidiani italiani) per capirlo in un attimo, ma chi emigra clandestinamente di certo non ascolta la BBC.

L’immagine talvolta evocata per spiegare lo sbarco clandestino sulle coste europee è quella di una famiglia spaventata a morte da una detonazione o da altri improvvisi segnali di pericolo che, presa dal panico, senza attardarsi a cercare documenti e altro, si dà alla fuga finendo inevitabilmente, priva di passaporto, sulle imbarcazioni dei trafficanti.

Non è così che partono i migranti tacciabili di clandestinità diretti in Europa. Ma è vero che non passa giorno senza che in Africa, e non solo, migliaia di persone e di famiglie siano costrette a mettersi in salvo più o meno in quel modo. Incalzate da bande armate, gruppi antigovernativi, terroristi, milizie governative, squadre di razziatori appartenenti a etnie avversarie, cercano salvezza nei dintorni del loro villaggio o del loro quartiere attaccato, nella boscaglia o in foresta, in attesa che il pericolo passi, che i miliziani finiscano di saccheggiare, distruggere e abusare di chi non è riuscito a scappare in tempo, e si spostino altrove.

Nuova immaginePossono passare poche ore, soltanto una notte, pochi giorni, trascorsi all’aperto, senza cibo né riparo. Ma a volte i giorni diventano settimane e mesi. Nel Darfur, in guerra dal 2003, sono diventati addirittura anni. Ad ogni modo, le morti in mare purtroppo continuano, così come gli sbarchi, più che triplicati rispetto al 2013.

Inutile dire da dove arrivano, anche se qualche cifra può servire a farsi un’idea più accurata in merito. Il Paese con il maggior numero di sfollati, come sappiamo, attualmente è la Siria, con 7,6 milioni, pari a circa il 40% della popolazione, mentre dall’inizio del 2015 sono 1,8 milioni gli iracheni messi in fuga dal sedicente Stato Islamico.

Nel 90% dei 60 Stati e territori considerati vivono persone sfollate da dieci anni e più: conseguenza della persistente insicurezza nei loro luoghi di origine, ma anche del fatto che quasi tutti i profughi non perdono, anche a distanza di tanto tempo, il desiderio e la speranza di poter tornare un giorno a casa, o a quel che ne rimane, piuttosto che rassegnarsi e andarsene per sempre. Ne deriva che vi si allontanano il meno possibile.

Se agli sfollati, poi, si aggiungono i profughi all’estero, il numero di persone forzatamente lontane da casa raggiunge la cifra di 52 milioni! Anche questo è un primato negativo mai più raggiunto dalla Seconda Guerra Mondiale (e che non tiene conto dei rifugiati palestinesi).

Per quanto mi riguarda, reputo i migranti esseri umani con pari dignità e diritti rispetto a me. Non è possibile perciò lasciarli morire in mare. D’altra parte è inammissibile la solitudine in cui è stata lasciata l’Italia: tutti pronti a pontificare e a dettare regole, ma quando si tratta di aiutare e dare la vita per altri uomini, ecco che allora si risponde picche e ci si lavano le mani. Ponzio Pilato evidentemente non ha insegnato niente.

Ma anche in Italia l’assenza della politica è imbarazzante. Detto dell’isolamento internazionale del nostro paese, neanche dall’interno vengono proposte soluzioni convincenti. Salvini afferma l’assurdità dell’ “aiutiamoli a casa loro”, mentre la sinistra nostrana balbetta possibili soluzioni senza tenere conto della realtà geopolitica attuale.  Chi si prende cura di questi poveretti? La marina, le famiglie, la Caritas, i volontari. Non sono angeli con particolare zelo, ma esseri umani che fanno della fratellanza e non dell’egoismo il centro della loro vita.

Ciò che auspico è che, come nella briscola, si trovi una soluzione con i mezzi a disposizione e non ricercando tutti gliNuova immagine assi e le carte migliori. Perché le carte che abbiamo in mano sono quelle che sono. Le risposte che si dà l’Europa per far fronte a questo immane problema sono, in quest’ottica, utopiche. Occorre ripensare il tutto e fare la cosa più complessa: l’unica riconoscere coloro che hanno perso tutto e dare loro la precedenza.

Come ci dice spesso Papa Francesco, noi ragazzi, ora come ora, possiamo solo informarci e acquisire notizie: tra qualche anno sarà la volta nostra, saremo noi a dover fronteggiare queste difficoltà, e la disinformazione o peggio l’ignoranza sono da evitare con tutte le forze, e non saremo implicati in qualcosa di virtuale, ma nella realtà, dove le persone muoiono, soffrono e cercano solo un po’ di dignità.

L’Europa non può, non deve più voltarsi dall’altra parte, non può ignorare la voce di così tanta gente che chiede umanità e pietà. Si badi bene, chiedono umanità e vita: senza offrirgliele faremmo solo il gioco degli scafisti. Pensateci un attimo e chiedetevi se non è così. Saremo in grado di aiutare dei nostri fratelli, e di considerarli uguali a noi? Staremo a vedere.

FRANCESCO PAULETTI

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