Oriundi: problema o risorsa?

Esiste un termine italiano che senza alcun dubbio la stragrande maggioranza di voi avrà udito moltissime volte, il cui significato originario si è esteso all’ambito sportivo tanto da esserne completamente assorbito: chi al giorno d’oggi non associa immediatamente la parola “oriundo” al calciatore straniero che, per qualche oscuro motivo, indossa la maglia della nostra Nazionale e ne rappresenta i colori di fronte al mondo, difendendo sul campo sportivo lo spirito e il sentimento nazionale? Quello stesso sentimento per il quale i nostri patrioti hanno Immaginevalorosamente combattuto, e che dovrebbe appartenere, seppur sopito, a ognuno di noi e soprattutto  all’oriundo.  Ed è qui che sorge il dubbio dei più. Mentre cercate di decifrare in quest’ ultima frase l’intento espressamente patriottico e nazionalista, per il quale il mio conterraneo Gabriele D’Annunzio probabilmente si congratulerebbe (più per il concetto che per il modo in cui ho tentato di trasmetterlo), io ripartirei dall’ultima desolante spedizione della Nazionale di Conte in terra bulgara, valida per le qualificazioni ai prossimi Europei.

Oltre che per la pessima prestazione in campo offerta dagli azzurri, capaci di pareggiare contro una squadra il cui trascinatore è Valeri Bojinov, panchinaro nella Ternana in B, la suddetta spedizione verrà ricordata anche per la decisiva e splendida marcatura di Eder Citadino Martins, giocatore brasiliano naturalizzato italiano. Il suo e quello di Vazquez sono i due cognomi dissonanti rispetto al resto della selezione azzurra da quando il ct Conte ha deciso di convocarli, come saprete dalle numerose polemiche scatenatesi. Quelle stesse polemiche che riaprono ciclicamente il dibattito sull’effettiva regolarità della presenza di oriundi in Nazionale e, soprattutto, sulla credibilità del nostro sistema calcistico.

I criteri FIFA per le convocazione di giocatori nelle nazionali maggiori sono paradossalmente più rigidi dei codici statali: secondo la legge promulgata nel 2004 e tuttora in vigore, un atleta, oltre ad avere la cittadinanza, deve possedere un “chiaro collegamento” nel proprio albero genealogico per difendere i colori della maglia di una nazione. In parole povere, deve avere parenti, anche lontani, nati nel paese in questione o residenti in esso per un periodo di almeno 8 anni.

La legge venne stipulata per scongiurare casi scandalosi come quelli del Togo o del Qatar, dove una legge troppo permissiva sulla cittadinanza aveva creato delle Nazionali in cui il numero degli stranieri naturalizzati (soprattutto brasiliani: ma guarda un po’) superava quello dei togolesi e dei qatarioti: è evidente come la Fifa si sia preoccupata di salvaguardare il sentimento nazionale prevedendo i futuri annacquamenti in una società sempre più multietnica, riuscendo persino a portare a termine la definizione di un complesso argomento giuridico qual è il diritto alla cittadinanza, pur se limitatamente al calcio.

Ma il vero problema sta nel fatto che molti calciatori che con l’Italia non hanno francamente nulla in comune, se non un lontano trisavolo, riescono a ottenere lauti ingaggi nei nostri club, eludendo gli sbarramenti imposti dalla FIGC sul tesseramento di extracomunitari, e divenendo convocabili dal ct della nostra nazionale dopo appena un anno di lavoro nel nostro paese. Va da sé che molti calciatori sono mossi solo da un bieco opportunismo, specie quando sono esclusi dalle loro nazionali di provenienza, come è sempre avvenuto per tutti gli oriundi.

Tutto questo si concilia perfettamente con il momento di crisi del sistema calcistico nostrano, non più in grado di produrre giocatori competitivi e costretto ad andare ad elemosinare dagli oriundi, addirittura implorandoli di scegliere i colori azzurri: decisione che dovrebbe essere presa con criteri diversi e idee chiare. E non si può negare che vedere la rosa di una Nazionale ridotta alla stregua di quella di uno dei nostri club fa rabbia, soprattutto se gli stranieri presi sono di analoga mediocrità (vedi Paletta, Romulo…). Con una politica calcistica diversa, con meno corruzione e un po’ di buon senso in più, quanti talenti italiani si sarebbero affermati e avrebbero sostituito gli oriundi in nazionale?

ImmagineBisogna tuttavia evitare inutili generalizzazioni, perché esistono oriundi e oriundi e ogni calciatore ha un rapporto diverso con l’Italia. C’è chi è nato all’estero da genitori italiani e ha vissuto sempre in Italia come se vi fosse nato, e conosce la lingua e la cultura del nostro popolo (come Perrotta o Soriano); c’è chi, pur avendo genitori extracomunitari, è nato e cresciuto in Italia, ma la legge gli ha permesso di ottenere la cittadinanza solo alla maggiore età (Balotelli, Okaka, etc.); chi è nato all’estero e ha conosciuto un’altra nazione, ma da un certo periodo di tempo in poi ha vissuto da noi, mutando la sua sensibilità pur restando legato alla terra natia. Questo è il caso di Eder che nonostante il nome e la classe manifestino chiaramente l’origine brasiliana, si sente italiano e vuole giocare per la causa azzurra.

Il problema è di difficile soluzione. Sta di fatto che, finché ci sarà la legge Fifa del 2004, i ct potranno liberamente convocare gli oriundi in squadra. In una società globalizzata come la nostra, la multiculturalità è una ricchezza che bisogna salvaguardare, nonostante possa intaccare le identità nazionali. E’ la storia e lo sviluppo umano che ce lo impone, anche se è difficile da accettare. E’ importante evitare di congelare una minoranza o un’etnia nelle usanze riconosciute dallo stato ospitante, permettendo il sincretismo culturale, cosa assai differente dalla mera omologazione a cui la globalizzazione commerciale potrebbe portarci. E per concludere, smettiamola di chiamarli oriundi: sono o non sono Italiani?

Vi lascio con un breve elenco di alcuni degli oriundi che hanno fatto la storia della nostra Nazionale. Tra di loro ho citato Renato Cesarini, divenuto famoso, più che per le sue effettive gesta calcistiche, per quel gol segnato al 94° minuto nell’Italia-Ungheria del 1931 che fece battezzare dai telecronisti “zona Cesarini” i rush-finali dei match.

 

Raimundo Orsi

 

Renato Cesarini

 

Josè Altafini

 

Antonio Angelillo

 

Omar Sivori

 

Mauro German Camoranesi

 

MARCO CILONA

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Google photo

Stai commentando usando il tuo account Google. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...