È davvero buona questa scuola?

Finalmente. Dopo settimane di dilazioni, rinvii, promesse e proclami, pare che a settembre (salvo imprevisti) vedrà finalmente la luce questa tanto dibattuta riforma della Buona Scuola di Matteo Renzi. Ciò che c’è di “Buono” nel progetto sono sicuramente i propositi, almeno quelli di facciata: niente più precari nella scuola, una squadra di docenti in grado di evitare supplenze, cambio di valutazione nella carriera scolastica, assunzione solo tramite concorso, trasparenza della scuola e abolizione delle procedure burocratiche più lunghe e gravose. È prevista l’assunzione di 100.701 docenti e circa 100.000 precari il prossimo settembre; saranno stanziati 200 milioni di euro in più per i premi individuali agli insegnanti e 40 milioni per l’edilizia e la sicurezza degli edifici. Inoltre l’organico sarà reso più flessibile in modo da evitare la formazione di classi troppo numerose, le cosiddette “classi-pollaio”.

A una prima occhiata sembrano tutti ottimi intenti. Ma se li esaminassimo più nel dettaglio? Cos’altro implicano questi obiettivi e cosa viene taciuto nella presentazione ufficiale del decreto (il cui riassunto in 12 punti è già disponibile su internet)? Ai precari – che sono molto più numerosi dei posti effettivamente disponibili – non verrà data alcuna stabilità lavorativa, la spesa di 500 euro l’anno per l’auto-formazione dei docenti non è contabilizzata e il personale ATA viene completamente tralasciato nel testo della riforma.Immagine

E l’edilizia? Si parla di 40 milioni di investimento, quando Renzi in tempi recenti ha inserito nel Def tagli da 489 milioni. Dei 42.000 edifici scolastici in Italia (il cui censimento, iniziato nel 1996,non è ancora terminato) il 36% necessita urgentemente di manutenzione, il 50% si trova in aree a rischio sismico e solo il 58% ha il certificato di agibilità: il 65% di questi edifici fu costruito infatti prima del 1974, anno dell’entrata in vigore dei provvedimenti per gli edifici situati in aree sismiche, di cui solo il 10% sono costruiti secondo criteri antisismici, e solo il 35,4% ha la certificazione di prevenzione incendi. Segno che il nostro sistema scolastico sta crollando, in senso figurato e letterale. Nell’ottobre 2014 si sono verificati in poche ore tre crolli in tre diversi licei (a Padova, Roma e Napoli): in tutti e tre i casi si tratta di crollo di controsoffitti, la stessa causa della morte di uno studente del liceo Darwin di Torino nel 2008.

Questi sono solo alcuni esempi. Le scuole private (per le quali i fondi stanziati annualmente ammontano a circa 700 milioni) riceveranno anche incentivi economici, a differenza di quelle statali. A queste ultime potrà essere devoluto il 5 per mille, indirizzato però alla singola scuola, piuttosto che al Sistema Scolastico Nazionale: questo significa che verrà a crearsi un grande divario fra le statali a livello nazionale, in termini economici e non solo.

Infatti si formeranno dei divari anche nell’organico: ora il Dirigente Scolastico (appellativo che suona molto più austero e distaccato di “Preside”) potrà scegliere e valutare arbitrariamente i docenti e la didattica -il che significa che il collegio docenti avrà funzione meramente consultiva. Non è difficile dedurne che i dirigenti scolastici delle scuole meglio organizzate economicamente potranno permettersi di assumere tutti i migliori docenti in circolazione (e fra questi ultimi non tarderanno a crearsi gerarchie e competizioni): un po’ come quelle grandi squadre di calcio europee che hanno miliardi a disposizione e li usano per comprare i migliori campioni e talenti ogni estate, lasciando a malapena le briciole alle squadre medie e piccole che vorrebbero rafforzarsi.

I docenti avranno quindi migliori possibilità di formazione e assunzione, ma si troveranno di fatto nelle mani di un dirigente scolastico che grazie alla riforma di Renzi acquisisce molto più potere. Da ultimo, non è del tutto approfondito in che modo il concetto di meritocrazia incida in questo nuovo sistema di assunzione ed è ancora da decidere se gli scatti di anzianità verranno mantenuti. Questa oscillazione del governo fra merito e anzianità, per niente chiara, per niente spiegata da nessuno dei maggiori promotori della riforma, lascia adito a una domanda: Immaginequale idea ha della scuola questo Governo? Forse quella della scuola democratica di partecipazione pubblica che si è formata fin dal 1968? O è solo la scuola “moderna”, la scuola-azienda, in cui tutto il potere è accentrato nelle mani di un dirigente che plasma la meritocrazia a suo favore e scambia diritti (alla stabilità, allo stipendio, alla libertà d’insegnamento) per una manciata di denaro?

Signor Renzi, è davvero Buona questa Scuola che ci sta proponendo? In Italia la sovranità appartiene al popolo, e il sistema scolastico riflette per molti versi la situazione della Nazione: gli studenti non sono forse “il popolo”? Perché estrometterli, di fatto, da praticamente qualunque decisione?

Ma in fondo dovremmo esserci abituati, dopo due governi al potere senza elezioni…

 GABRIELE GENNARINI

 

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