Gelo sul Cremlino

Un assassinio cinico e brutale, un atto vile e disumano è stato compiuto a pochi metri dalla piazza del Cremlino. Un uomo è stato freddato  alle spalle con  4 colpi di arma da fuoco, mentre stava passeggiando con la sua compagna ucraina tra il 27 e il 28 Febbraio. Gli assassini sono sopraggiunti nel luogo del delitto su una macchina bianca e in un battito di ciglia hanno fatto fuoco, per poi ripartire. La loro identità è sconosciuta. Un omicidio furtivo, fulmineo e calcolato. Se poi la vittima si chiama Boris Nemtsov ed è considerato fra i più temibili oppositori del governo russo, l’omicidio  presenta molte caratteristiche per essere definito  “politico”. E non c’è motivo di sorprendersi, perché in Russia è da sempre una consuetudine che elementi scomodi e contrari ad azioni politiche sporche e autoritarie, intraprese dal governo in carica in nome della ragion di Stato, siano fatti fuori.

ImmagineNe sono state vittima nel periodo post-sovietico la giornalista Anna Politkovskaja, rea di  aver pubblicato un’inchiesta sulle torture a cui erano sottoposti i prigionieri ceceni per mano delle milizie filo-russe, e per questo ammazzata senza pietà dentro l’ascensore del suo appartamento, e l’agente segreto Litvinenko, avvelenato in circostanze ancora poco chiare.

Che il clima algido degli inverni moscoviti abbia paralizzato le capacità democratiche e dialogiche dei regimi russi? Ufficialmente il sistema politico russo è una repubblica democratica semipresidenziale, il cui presidente eletto “democraticamente” (virgolette obbligatorie visti gli ultimi clamorosi casi di sospetti brogli elettorali) ha pieno potere decisionale ed esecutivo, ed è coadiuvato da un primo ministro acconsenziente, spesso delfino del presidente. Non più ufficiale ma chiara a tutti  è la struttura oligarchica del potere: nonostante la caduta del regime sovietico, la Russia ha mantenuto un’organizzazione molto simile alla precedente, per quanto riguarda il rapporto tra potere pubblico e privato: tutti i settori di produzione sono gestiti da imprenditori ultra-miliardari, che hanno un’influenza importante nelle decisioni del governo centrale e fanno in modo che i propri interessi siano soddisfatti. Soprattutto nelle relazioni con l’estero. Va da sé che molte operazioni siano losche e complottiste, e tra queste io metterei anche l’invasione russa della Crimea, in Ucraina.

Tra i settori asserviti all’oligarchia russa c’è quello delle comunicazioni, importante strumento di manipolazione  che veicola messaggi nazionalisti e discriminatori nei confronti delle minoranze etniche e degli omosessuali, secondo la politica promossa dal personaggio dominante sulla scena politica russa dal 1999, Vladimir Putin. In questo contesto corrotto al proprio interno, in cui di democratico c’è davvero poco, oppositori politici o più semplicemente  giornalisti in cerca della verità, indagano negli inestricabili intrecci  del Cremlino per rendere di pubblico dominio le poco chiare dinamiche decisionali dell’élite russa, e ovviamente per avere delle prove che confermino l’amoralità e l’ingiustificabilità di alcune situazioni.

Tra questi uomini c’era fino all’altro ieri Boris Nemtsov , un giovane politico già esperto per aver ricoperto numerose cariche pubbliche sia in Russia sotto il governo Eltsin, sia in Ucraina, quando, dopo la Rivoluzione Arancione, era stato nominato ministro dal nuovo presidente Yuscenko. Nemtsov era un politico storicamente ostile a Putin, contro cui si era scagliato a più riprese per la sua vita agiata e isolata dal contesto russo di generale povertà. Durante i suoi comizi, aveva denunciato la perdita dei valori repubblicani, subordinati al volere di un’autorità ormai diventata dittatoriale, mettendo spesso i bastoni tra le ruote in alcuni progetti Immagineemanati da Putin, come le Olimpiadi di Sochi e la costruzione della centrale nucleare a Nizny Novgorod.

Sensibile ai diritti umani e civili, ultimamente aveva criticato aspramente l’intervento militare russo in Ucraina e la conseguente annessione della Crimea, attirandosi contro le ire di Putin. È probabile a questo proposito che stesse lavorando a un rapporto delle prove sul diretto coinvolgimento russo nel conflitto, e che per questo sia stato eliminato da sicari inviati da Putin. Il diretto interessato si è professato innocente parlando di un complotto nei suoi confronti; per discolparsi ha affermato che Nemtsov non era un personaggio pericoloso, ma un politico stimato alla stregua di un normale cittadino… affermazione che aveva rilasciato anche dopo gli altri omicidi sospetti.

Il dubbio rimane, e probabilmente rimarrà irrisolto. Se è vero che Nemtsov era un profilo politico di secondo piano rispetto ai leader d’opposizione liberalisti Kasparov e Navalny, non altrettanto trascurabile è la condizione di
isolamento della Russia dallo scacchiere europeo sulla questione ucraina, e di conseguenza l’omicidio di Nemtsov potrebbe sembrare una mossa azzardata e illogica da parte di Putin, che in un momento di difficoltà politica si attirerebbe altre complicazioni. Si fanno strada le ipotesi di complotto e di depistaggio. Intanto tutta l’Europa si sta mobilitando per difendere la dignità, prima che di un oppositore politico, di una persona colpita alle spalle per qualche oscuro calcolo. L’unica speranza è che un tepore  impregnato  di  umanità  e di rispetto per il diritto alla libertà e alla vita possa sciogliere le gelide menti governative russe, facendo risplendere la luce della democrazia.

MARCO CILONA

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