La favola di Miyazaki, esempio per bambini e adulti

Se un adulto accendesse la televisione e si ritrovasse un film come Laputa o Nausicaa, di certo penserebbe che non è un film adatto alla sua età, ma non potrebbe essere più nel torto. E’ un luogo comune pensare che se un film è d’animazione, se i personaggi sono bambini o adolescenti e la trama non è quella di un thriller o di un poliziesco, allora il pubblico designato non supera i 10-12 anni. Una favola che apparentemente è per bambini nasconde dietro di sé una verità meglio interpretabile dagli adulti,  o da chi ha comunque una critica più matura. Prendiamo in esempio il grandissimo Hayao Miyazaki che da sempre ha affascinato un pubblico di tutte le età con i suoi cartoni giapponesi, che vengono chiamati “anime”.

Il genio dell’animazione, il guru del cartone giapponese, l’apice dello story telling e dell’animazione nipponica, il Walt Disney con gli occhi a mandorla, o come lo volete chiamare, nasce il 5 gennaio del 1941 ad Akebono-cho, nel distretto Bunkyo-ku, a Tokyo. Hayao nasce durante un periodo molto difficile per il Giappone, la seconda guerra mondiale, che comunque portò una discreta ricchezza nella famiglia di Miyazaki. Il padre, infatti, era un ingegnere aereonautico, responsabile, tra gli altri, anche della produzione dei caccia “Zero”, utilizzati ampiamente in quel tempo dalla Marina Giapponese.

Hayao ha il suo primo contatto con i fumetti durante l’adolescenza, mentre studiava per i test d’ammissione per il college. Miyazaki dice che è stato proprio questo il periodo in cui è stato più appassionato di manga: oppresso da mille problemi,dallo studio, dall’attrazione per le ragazze, il manga è stato ed è per lui la forma perfetta con cui gli adolescenti riescono a proiettarsi in un nuovo mondo, senza costrizioni di nessun tipo. ImmagineE’ questo genere di fumetto che gli ricorda l’infanzia e porta quella nostalgia che rende le sue opere universali, adatte per bambini e adulti. Per i primi, perché le sue opere hanno un linguaggio semplice e diretto, quello della favola, ma conservano comunque una linea definita. Per un adolescente, perché i problemi cui si vedono costretti i protagonisti sono l’amore, la famiglia, il dovere, problemi in cui un qualsiasi adolescente si può immedesimare. L’età dei protagonisti rientra poi sempre in queste due categorie, fra i 9 e i 14 anni. Se però si analizzano i film ad un livello di lettura superiore, si riesce a coglierne a pieno il significato, ciò che veramente Miyazaki ci vuole trasmettere: il pacifismo, l’ecologia e la crescita spirituale e sentimentale dei protagonisti. Temi di certo non solo da bambini.

Bisogna usare il mezzo della favola per raggiungere il cuore del film con innocenza, purezza d’animo e sincerità, dimenticando per un attimo il mondo in cui siamo, entrando invece in quello di Totoro, della Città Incantata, di Laputa o di Nausicaa.

È proprio Nausicaa nella valle del vento uno dei film che colpisce di più, per la semplicità con cui viene raccontato, per la colonna sonora, per la trama, ma soprattutto per le emozioni che suscita. Nausicaa è un’adolescente di cui non sappiamo l’età con certezza, anche se possiamo dedurre che abbia intorno i 16 anni. E’ la figlia del re del regno, conosciuta da tutti per la nobiltà d’animo, oltre che di stirpe. Si occupa di custodire il suo paese viaggiando per deserti e montagne, cavalcando una sorta di aliante che chiama “ala”. Bisogna fermarsi un attimo per fare una breve riflessione sulla questione del vento: Miyazaki vi è cresciuto a stretto contatto, grazie al lavoro del padre, ed è infatti un elemento trasversale alle sue opere, da Porco Rosso, a Nausicaa, a Laputa, la città nel cielo fino al lavoro (forse) conclusivo dello studio Ghibli, ovvero Si alza il vento. Dobbiamo intendere il vento come veste, corpo e anima dei suoi lavori, vento inteso come “pneuma”, soffio vitale che sconvolge le situazioni e ne crea di nuove, vento come mito che dà dono di immortalità, vento come ponte fra l’esistenza e non esistenza, perché è qualcosa di invisibile ma che percepiamo, vento come motore del mondo a cui Miyazaki ha dato le ali. Tornando su Nausicaa, il suo mondo si può dire post-apocalittico, ripopolato dopo una quasi completa distruzione, avvenuta durante i “sette giorni di fuoco”, a causa di armi catastrofiche chiamate “Guerrieri” e usate da ogni fazione durante la guerra. Nonostante questo, Nausicaa trascorre la sua adolescenza in relativa tranquillità, proteggendo il suo popolo e svolgendo studi Immaginesulla giungla tossica e sugli insetti giganti, risultato dell’inquinamento e della guerra passata. Un grande conflitto, in seguito alla temporanea custodia nel suo regno di una di queste armi, un “Guerriero”, sconvolgerà il paese di Nausicaa fino a tornare a un principio di guerra. Nausicaa non si schiera dalla parte di nessuno, bensì prende le difese della natura, degli insetti e della giungla. E’ un eroina alla ricerca di una mediazione fra il male apparente e gli uomini. E’ alla ricerca di un metodo per risolvere il problema della giungla senza il fuoco, ma con l’amore.

Questo film, che però è anche favola, a prima vista può sembrare una storia per bambini, ma se ne riesce a comprendere a pieno il significato proiettando la realtà del film nel mondo attuale. Infatti, l’inquinamento e l’abuso della natura sono problemi quotidiani, che ci toccano e che non vanno ignorati. Vanno invece presi in considerazione, analizzati e risolti insieme al prossimo e alla natura, perché se trascurati troppo a lungo diventano grandi e spaventosi. Così come gli insetti di Nausicaa, che non sono non il male in sé, ma un danno autoinflitto dagli uomini, che, troppo interessati ai propri affari, dimenticano il mondo dove vivono. Questo è ciò che ci può insegnare una favola. Impariamo dalle favole, perché appartengono a un mondo in cui non partecipano solo i bambini, ma chiunque, anche i più maturi, conservi dentro di sé una piccola parte dell’innocenza che si ha nell’infanzia. E questo, forse, è valido per tutti.

 

MATTEO COLANTONI

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