Tempi duri per Obama

Non si può negare che Barack Obama sia l’uomo più influente del primo quindicennio del nostro secolo.  È stato il primo afroamericano a insediarsi nella Casa Bianca, ha vinto il premio Nobel per la pace, ha fondato la sua politica sul sostegno dei ceti meno abbienti (mai accaduto lì in America), il popolo statunitense l’ha riconfermato presidente nel 2012, fino al 2016, quando scadrà definitivamente il suo mandato. Ma dal primo gennaio dell’anno a venire il suo potere sarà limitato. Tutta colpa della tornata elettorale di medio termine che, come da prassi, si è rivelata scomoda per il presidente in carica, che si è visto sottrarre la maggioranza del Congresso  anche al Senato, -7 seggi persi- e sarà costretto a governare gli ultimi due anni da dame duck (anatra zoppa ), sapendo che la maggior parte delle riforme da lui  proposte non saranno approvate dal Congresso.

ImmagineI repubblicani vittoriosi cercheranno di scardinare le leggi di stampo democratico  realizzate da Obama, sperando che le elezioni presidenziali del 2016 confermino il successo del midterm e riportino un repubblicano alla Casa Bianca. Cosa non affatto scontata, dato che il midterm, storicamente caratterizzato da una forte astensione alle urne, non rispecchia completamente il pensiero di tutti gli americani,  ma solitamente esprime il malcontento dei delusi dall’operato del presidente, che di conseguenza  ripiegano il loro voto verso l’opposizione. Se sarà impossibile per i repubblicani abolire le riforme di Obama, dato che il leader della Casa Bianca  ha diritto di veto su ogni decisione promulgata dal Congresso, già si sono mobilitati per apportare dei cambiamenti nei punti di esse dove la divergenza ideologica con i democratici è più netta. Si parte dal decreto non ancora approvato sull’immigrazione. Obama riconosce un permesso di lavoro triennale a tutti gli immigrati clandestini  che vivono da 5 anni negli Stati Uniti, attuando una distinzione tra immigrati malavitosi e nullatenenti, che subiranno il classico  rimpatrio forzato, e immigrati onesti con una famiglia a carico, pronti a inserirsi nel tessuto sociale americano legalmente . In questo modo risolverebbe i problemi di 5 milioni di persone rimpinguando le martoriate casse della Federal Reserve con le tasse ricavate dai clandestini naturalizzati.

I repubblicani hanno immediatamente bloccato alla Camera i finanziamenti per la riforma,  accusando Obama di voler premiare chi non rispetta la legge e di favorire un’invasione di stranieri . La soluzione sarà probabilmente a favore dei neo-vincitori: se prima l’opposizione era già difficile da superare, adesso è quasi impossibile, a meno di qualche poco probabile voltafaccia all’interno del Congresso.  Per quanto riguarda la riforma sanitaria, la cosiddetta Obamacare,  si può dire che abbia segnato una svolta epocale nella storia degli Stati Uniti, nonostante non sia ancora decollata. Se prima il sistema sanitario statunitense, gestito da  assicurazioni private,  garantiva quantità e qualità di servizi direttamente proporzionali al diverso  reddito di ogni cittadino  escludendo dalla sanità  tutti coloro che avevano uno stipendio troppo basso per pagarsi un’assicurazione e troppo alto per entrare nei parametri Medicaid, – l’assistenza gratuita statale per i meno abbienti –  con l’Obamacare 48 milioni di americani senza copertura possono comprare assicurazioni pubbliche a basso costo via Internet e, nel caso non abbiano i soldi necessari, sono finanziati dallo Stato. In questo modo aumenta il numero di cittadini assicurati che dovranno obbligatoriamente acquistare la polizza per evitare un ulteriore sanzione. I repubblicani in primo luogo vorrebbero  abolire l’obbligo per ogni cittadino di acquistare un piano assicurativo perché limiterebbe la libertà individuale penalizzando soprattutto i giovani sani e chi non ha bisogno di  pagare una polizza standard  non modificabile in base alle proprie esigenze. In secondo luogo, credono che la realizzazione della riforma  rappresenti uno sperpero di risorse pubbliche tanto da chiedere alla Corte Suprema  l’impeachment per Obama, colpevole di non aver rispettato lo shutdown, ovvero il blocco dei finanziamenti imposto dal Congresso,  comportandosi “come un monarca che ignora il volere del Paese e agisce senza l’approvazione del Congresso “. Inoltre, l’aumento delle richieste di assistenza renderebbe l’apparato sanitario statale meno efficiente e la qualità del servizio si abbasserebbe inevitabilmente, mentre le piccole imprese, onde evitare di coprire i propri dipendenti, cercheranno di non raggiungere la fatidica soglia di 50 assunti , che implica il sostentamento delle società,  con la conseguente diminuzione dei posti di lavoro disponibili. In questo caso  la lentezza con cui la riforma sta entrando in vigore negli Stati Uniti potrebbe favorire l’opposizione, ma solo un eventuale nuovo presidente repubblicano potrebbe abrogarla del tutto.

ImmagineIn definitiva si può dire che sebbene la politica sanitaria socialista su modello europeo di Obama  possa creare qualche problema di efficienza in campo organizzativo, molte persone affette da malattie gravemente invalidanti o guarite da morbi preesistenti, che spesso sono rifiutate dalle imprese private per un mero calcolo economico,  potranno finalmente ricevere assistenza medica. Se è vero che Obama avrà poche possibilità di varare riforme da qui  al 2016,  necessariamente dedicherà il tempo che gli rimane alla politica estera. Già da anni sta promuovendo una campagna per ridurre drasticamente le spese militari  in modo da prevenire un aumento eccessivo del debito pubblico e evitare di sprecare i soldi della Federal Reserve, e inoltre sta mantenendo la promessa di ritirare le truppe americane dall’estero. Nel 2011 è ufficialmente terminata la missione in Iraq , nel 2016 finirà quella in Afghanistan.Continua anche la politica ambientale contro le emissioni di carbone e dei combustibili fossili a favore  dell’energia rinnovabile : è di pochi giorni fa l’ accordo stipulato con la Cina,primo produttore di Co2 mondiale,  per fermare l’aumento di produzione di gas-serra entro il 2025. La linea verde predicata da Obama sta già causando diversi dibattiti: se da un punto di vista tecnico-scientifico la chiusura o la modifica degli impianti a carbone garantirebbe un netto taglio alle emissioni di CO2, climaticamente distruttive, da un punto di vista economico-sociale  provocherebbe la perdita di  numerosi posti di lavoro oltre che di miliardi di dollari annui – l’economia di parte degli Stati membri dell’Unione poggia proprio sulle centrali energetiche -.  Saranno due anni molto duri per Obama.

Noi Europei ci limiteremo a guardare, pur sapendo che la politica americana  ha delle forti ripercussioni su di noi e, inevitabilmente, ci riguarda.

 

 MARCO CILONA

 

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