Componimenti Creativi

NAUFRAGIO
Ed è quando ho perso tutto
Che mi hai raccolta tu
Già da tempo


Mi tenevi la mano
Le nostre voci risuonavano
Insieme
Non lo vedevo
Non volevo vederlo
Non lo so
Non m’importa
Ora siamo qui
Ed io naufrago
Serena
Al sicuro
Come in un campo
Di crisantemi
Sola
Ma con te
BESHE

COME UN MARE
La vita mi appare come un mare,
ed io me ne sto sola sulla spiaggia.
Ogni tanto lancio un ramoscello in acqua
e mi chiedo cosa si provi
ad essere trasportati dalle onde,
perchè non ho ancora il coraggio di entrare.
Forse se non esistessero ramoscelli
sarei già in acqua,
oppure sono un ramoscello
come quello che sostenne la bella Ofelia,
e semplicemente
non ho il coraggio di lanciarmi.
Così mi accontento della sabbia morbida
e rimango a piangere
in riva alla vita.
VIRGINIA PERERA

SULLA CARTA
Scrive sulla carta
l’inchiostro nero,
la penna in mano.
Scrivono sulla carta
le parole in cerca di significati,
i silenzi in cerca di voce.
Scrivono sulla carta
i pensieri contorti,
macchia il vuoto bianco
il nero della storia,
del passato e della verità.
Sporcano la purezza
i segni della vita,
i tormenti della fantasia,
i seguaci della libertà.
Riempiono gli spazi
i segni degli errori,
le prove della stanchezza,
i testimoni della fatica.
Scrive sulla carta
per ultimo il punto finale
che non porta però significati,
ma solo consolazioni
alla lettera iniziale.
MARIA GUERRIERI

SANCO (SIMATO)
Qualche volta sarebbe bello esser capita
dai tuoi compagni, intendo,
dai tuoi amici di vita.
Mi chiedo perché mai il sabato sera
debbano uscire soltanto vedendo
le solite scalette a mo’ di preghiera.
Ma volete sapere la buffonata del mestiere?
È che in realtà non va a nessuno
di parlare del nulla bevendo un bicchiere.
Ma è così la moda ed è così che si deve…
E quando tu proponi una nuova situazione
tutti se ne fregano e tornano al piazzone.
Ma sapete che vi dico?
Restatevene al piazzone vostro,
e quando verrete da me, beh, sarà esaurito il
posto!
ANONIMO

UN GIGLIO
Un giglio solo in mezzo al prato,
se fosse umano diresti che sorride.
Lo ammirano per la sua bellezza,
lo invidiano per la sua pace.
Illuminato dal sole
è inconsapevole della vostra invidia.
È incosciente della sua bellezza.
Ha tutto quello di cui potersi vantare,
ma non ha niente per cui poterlo fare.
Non è come voi. Forse per questo siete arrabbiati.
Lasciatelo vivere nella sua ignoranza,
lasciatelo solo in mezzo al prato,
incosciente di tutto,
ammirato da tutti.
MARIA GUERRIERI

VENDETTA
A chi ha tradito Nemesi.
Il suo nome è un dannato testamento.
Mi hai gettato in un abisso.
Hai preso la mia voce, mi hai tarpato le ali.
Ma hai dimenticato i miei artigli. Ti troverò.
Ti cacceró.
Ti farò subire tutto quel che non può essere dimenticato. Ti riempirò di biasimo e ombra.
Ti spaccheró le ossa.
Dovrai strisciare in un mare di sangue alla ricerca
del mio perdono e non lo troverai.
Sono la dea della vendetta, non della pietà.
Trovati un altro dannato dio da servire.
A chi ha tradito Nemesi.
Sto arrivando.
STYX

L’ANGELO DEL PALAZZO DEL MALE
Sono bellissimi è vero, ma bruciano. Se ti avvicini troppo ti arderanno l’anima. Sono belli al contatto, come fiori velenosi. Sono curiosi ma sono anche soldati. Non puoi guardare il sole senza accecarti, e non puoi baciare una stella senza bruciarti le labbra. Loro non sono umani.


/Ha fatto male cadere dal paradiso? /

Si. Certo che si. Riesco a sentire ancora l’aria che passa attraverso le ali, che bruciano. Ha fatto male si. Perché sapevo che non sarei mai tornata. Le mie ossa, una volta sacre, bandite dall’unica casa.
STYX

MI HAI LASCIATO UN’IMPRONTA SUL CUORE
Fatti, piena di droga e di sguardi, e quegli occhi verdi. Alzarsi in piedi è difficile quando tutto gira. Baci sulle mani, sulle guance, sulle braccia. Un cuore troppo veloce. Un bacio sulle labbra improvviso. Dovevi. Un altro bacio. Dovevo. Prima di uscire dalla tenda mi baci di nuovo, perché nessuno deve sapere. Poi la sera. Altri baci. “Posso avere un bacio?” Certo. Un bacio chiesto è mille volte più gradito, soprattutto se siamo composti all’ottanta per cento di alcolici, fumo e antipsicotici. Avevo solo questo nel sangue. E poi mi chiedi perché non ti ho fermato. Non ne avevo ragione no? Io volevo quei baci. Io non avevo nessun legame. Tu si. Eppure hai iniziato tu a baciarmi.
“Vuoi addormentarti sul mio petto?”
Perché, perché?
Quanto crudele può essere lo sfiorarsi delle labbra? Vi odio messere. Non credevo di potere provare qualcosa. Ma voi mi avete infilato la mano nella gabbia toracica. Vi odio. E odio i vostri baci.
Mi hai lasciato un impronta sul cuore. Dovrò bruciarlo. Non credo andrà via.
STYX

LIMES DELENDUS EST
Olimpiadi invernali 2018. Contea di Pyeongchang, Corea del Sud

Chong
Sono lì davanti a migliaia di persone. Non lo sento propriamente mio quell’applauso. Non si vedono molti coreani del nord qui. Mi sono appena infilata orgogliosamente la maglia. Vedere il mio nome, Lee Chong-eun, accanto alla sigla COR, delle Coree unite, e non il PRK della Corea del Nord, mi suscita grande emozione poiché i confini, per quell’unico luminoso momento, erano stati abbattuti. Prendo il bastone e i pattini, con gli stessi lacci da quando ho cominciato a giocare. Penso a quanta strada ho fatto dai miei esordi. Entro nello spogliatoio. L’unico spazio rimasto è quello vicino ad una coreana del sud. Capelli neri e occhi verdi. Dall’inizio delle gare non ha parlato con nessuno. Entriamo in campo. Stadio grandissimo, quasi inquietante. Dobbiamo riscaldarci. Passaggi a coppie. Rimane lei da sola. Le chiedo se vuole stare con me. Timidamente annuisce. Il tempo vola, lo stadio si riempie. Ci chiamano per fare l’ingresso.
So
Sento il mio nome, Cho So-yon, negli altoparlanti. Rimbomba. Il pubblico è in visibilio. L’allenatore ci chiama per le ultime direttive. La ragazza con cui mi sono riscaldata è accanto a me. È strano sentire la presenza di una nord coreana così vicina. Si sente il fischio di inizio. Vedo il disco scivolare. La partita è iniziata. Senza neanche accorgercene il Giappone ha fatto quattro goal. Puntiamo al goal della bandiera. Vedo il disco, la ragazza con cui mi ero allenata sta facendo un buon contropiede. Cerco di aiutarla. Faccio un bello scatto in avanti, la ragazza intuisce le mie intenzioni. Mi fa un passaggio filtrante. In quel momento mi rendo conto che l’onore della squadra dipende tutto da questo tiro. Mi concentro. Segno. La ragazza mi corre incontro. Mi abbraccia forte. Arriva tutta la squadra. Perdiamo la partita, ma sono comunque orgogliosa di me stessa.
Chong
Ci riuniamo dopo la partita. Tutte si complimentano con la sudcoreana. Lei mi ringrazia per l’assist. Ci guardiamo per un unico intenso momento. Siamo stanche. Ci avviamo verso le camere. Io e So-yon facciamo la strada insieme. Continuiamo a parlare della partita. Ci complimentiamo a vicenda. Dobbiamo separarci. La mia stanza è dall’altra parte del dormitorio. Ci fermiamo. Ci guardiamo negli occhi. Ci baciamo. Sento le sue labbra contro le mie. Mi sento libera. Mi allontano. Ci continuiamo a guardare. Non riusciamo a spiegarci quello che è successo, ma sorridiamo. Siamo solo io e lei. Il mondo ha inserito la modalità silenziosa. Mi batte forte il cuore. Riesco quasi a sentire anche il suo. Per cambiare discorso parliamo del più e del meno, ma continuiamo a guardarci con intensità. Ci salutiamo. Entro in camera. Mi sdraio sul letto. È stata una giornata piena di emozioni nuove. Mi faccio una doccia, cerco di non pensarci.
So
Ho dormito tutto il pomeriggio. Ero stanca. Ripenso a quel momento. Fra pochi giorni dovrò tornare a Seul. Piango. Quando la rivedrò? Mi chiama il mio fidanzato, Seojun. Gli racconto della partita. Si complimenta. Mi dice che gli manco. Non vede l’ora di riabbracciarmi. Mi dice che gli dispiace non avermi potuto vedere. Era in Canada per lavoro. Gli dico che non fa niente. Mi trovo bene, le compagne di squadra sono simpatiche. Mi dice che mi ama, attacchiamo. Vado a cena. Eccola. Mi ha tenuto un posto vicino a lei. Mi siedo. Parliamo. Non ci esprimiamo riguardo a ciò che è successo il pomeriggio, ma basta guardarci per ripensare a quel momento. Torniamo di nuovo insieme nelle stanze. Siamo sole. Quel sentimento di passione risale. Ci baciamo ancora. Dico che dobbiamo parlarne. Dice che è fidanzata, ma che non aveva mai provato emozioni cosi forti e intense prima d’ora. Mi spiega che in Corea del nord una relazione omosessuale è ancora un tabù, io mi metto a ridere, almeno quello ci unisce, se la mia famiglia sapesse… Non sappiamo che dire né cosa fare. Ci dividiamo. Siamo stanche andiamo a dormire.
Chong
Le altre due partite contro la Svizzera e la Svezia le perdiamo. Veniamo eliminate. Devo salutare le mie compagne. Le ringrazio è stato un bel momento di unione. Devo salutare So-yon. Ci commuoviamo. Non vogliamo lasciarci. Sappiamo che non potremmo mai più ricontattarci. Ci dobbiamo dire addio. Risento quell’emozione. La devo lasciare. Sono triste e provo già nostalgia. Non me la scorderò. Un anno e mezzo dopo
So
Seul oggi è calda. Torno dagli allenamenti stanchissima. Passo dal giornalaio. Vedo il titolo del Chosun Ilbo. Si sta discutendo delle Olimpiadi che si terranno nel 2023, forse le due Coree gareggeranno come un’unica nazione. Mi batte il cuore. Non so se potrò rincontrare i suoi occhi. Non so se la rivedrò, ma io continuerò a sperare. Nessuno me lo può impedire.
EMMA CHENUIL
ALESSANDRO PETRASSI

CERCO LAVORO
Salve, non vi costringerò a starmi vicino, o ad assecondarmi se non lo volete. Non preoccupatevi, potete anche andarvene, non mi offenderò. Ormai ci sono abituato. Sono solo un povero ghul in cerca di lavoro. Lo so, vi capisco. Capisco perfettamente l’impressione che vi facciamo noi ghul, d’altra parte ci nutriamo dei cadaveri degli altri esseri viventi. Ma che ci posso fare? Ho forse chiesto io di nascere ghul? Ammetto che altri della mia specie provano uno squisito piacere nello spaventare e nella rivoltante malvagità, ma non è forse così per tutte le creature dell’universo? Beh, come dicono “il mondo è bello perché è vario”. Tuttavia è probabile che, di qualunque specie voi siate, stiate provando un moto di orrore o di disgusto a causa della mia dieta, ma… sto cercando di cambiare, ok? Sto provando a evitare i corpi in decomposizione che vi fanno tanto ribrezzo. Molti non mi crederanno ma ho optato per una dieta a base di vegetali in putrefazione. Vi fa schifo anche questo?! Allora? Cosa suggerite? Oh, ma forse non vi fidate di me per tutte le storie che hanno messo in circolo Maometto, i racconti contenuti nel Alf layla wa layla e più tardi Antoine Galland o William Beckford! (Solo Lovecraft, nonostante il ritratto poco gratificante, ebbe il buon senso di dire che non tutti i ghul sono necessariamente malvagi). Ma andiamo! A parte il fatto che generalmente mi nutro di cibo in decadimento tutte quelle terrificanti storie non sono altre che cavolate… più o meno, quasi…per la maggior parte…Ah beh! Intanto, che voi vi fidiate o meno io sono sempre in cerca di lavoro. Ecco una mia breve presentazione: sono originario di Algol, sono in grado di mutare forma. Ho viaggiato molto e sono entrato in contatto con diverse culture, conosco perfettamente 500 idiomi e 200 in modo approssimativo. Ho alcune conoscenze nel campo dell’anatomia. So mantenere un eccellente sangue freddo nella maggior parte delle situazioni, ho grande spirito di adattamento, non mi scandalizzo facilmente, so preparare delle ottime crêpe alla maniera di Alfa Centauri e per adesso mi accontento di un qualsiasi impiego. Contattatemi se avete bisogno di me.
لوغلا :Firmato
BIANCA DELLA GUERRA

IL GIUDIZIO
Sono in un teatro che affaccia sul cielo infinito. Sono in un vecchio teatro e osservo il giudizio. Sono in un teatro e la guardo. Al principio c’era solo lei.
Lei era bellissima in piedi sul palco. Era bellissima e ballava sul palco con il petto nudo. Era bellissima dietro il cielo stellato mentre faceva strusciare l’ampia gonna. Lei era bellissima e presto avrebbe perso di nuovo il controllo. Danzava sorridendo. Divertita faceva ondeggiare le membra come se fossero serpi. Lei era bellissima in piedi sul palco. Era bellissima mentre i riccioli neri le cadevano davanti al viso. Era bellissima mentre la luce delle stelle rifletteva sulla sua pallida figura. Mentre rifletteva sulla sua pelle dalle sfumature celesti. Era bellissima ed erano bellissime le sue labbra cremisi. Ardenti. Ancora bagnate di sangue. Lei danzava sorridendo. Un sorriso scaltro e provocante. Lei ti faceva venire le vertigini. Lei non era umana e presto avrebbe perso il controllo. Avrebbe perso il controllo e danzato per l’ultima volta. Al principio c’era solo lei, ma dopo di lei venne il
giudice. Arriva prima il suo cappello, lungo fino al soffitto. Arriva prima il suo cappello macchiato da mille colori. Poi viene lui, grave figura pesantemente truccata. Arriva goffo e severo, si siede in tribuna avvolgendosi attorno la veste dipinta. Guarda sul palco, lo guarda solenne. Lo scruta con una tale intensità che le guance cadenti prendono a vibrare. Apre la bocca ed emette il segnale: un grido tanto acuto da far tremare l’aria. Dalle ombre emerge una vecchia. Appare da dietro le quinte e si fa avanti sul palco. La vecchia è quasi invisibile. La vecchia è interamente ricoperta di nero. Nera è la veste, nera è la pelle. Un nero assoluto, un nero totale. Assorbe tuttala luce creando un varco nello spazio. Le grinze della sua pelle sono le pieghe del tempo. È antica, è completa, è ovunque. Tiene in mano una cesta. Il contenuto trabocca, il liquido straripa e macchia le mani della vecchia. Cola lungo il cesto e gocciola sul palco scricchiolante. Il sangue nella cesta comincia a coagularsi, si raggruppa, forma grumi che si uniscono tra di loro. Rappreso si addensa fino a formare l’immagine di un volto. Il volto dell’uomo è la sua colpa. Lei, che prima danzava si china e bacia il viso nella cesta. Manca poco. Lei perderà il controllo. Ma ecco che arrivano! Sono loro. Arrivano, stanno arrivando i testimoni del processo. Eterei, pallidi, flessuosi e… belli? No, la bellezza non è un canone applicabile, è un concetto che non appartiene alla loro definizione. È incompatibile con il loro essere. Cosa sono? Sono ombre diafane più sottili di vetro soffiato. Esili e scarni, troppo alti e fragili. Sguardo vitreo e mezzo sorriso. Il loro sguardo è la sintesi di una tristezza infinita, il loro sguardo è come un abisso di dolore ma cosa significa quel mezzo sorriso? Cosa significa quel dannato eterno mezzo sorriso? Quel sogghigno sprezzante in conflitto con lo sguardo, cosa significa? È insopportabile! Nessuno riesce a sostenere quel sorriso sarcastico incompatibile con gli occhi. Nessuno ci
riesce, nemmeno lei. Lei li ha guardati proprio in quegli occhi, è stata risucchiata per un attimo dal loro abisso.

Loro hanno visto.
Lei perde il controllo.
Il giudizio si conclude.
Colpevole.
BIANCA DELLA GUERRA

LA RECITA
Si apre il sipario. Non è una tragedia, non è una commedia, è una semplice recita, senza morale e senza pretese. Se pensi siano solo attori sbagli, sono personaggi. Personaggi che tentano di dare voce e senso alle loro parole, personaggi che sono disposti a fare a patti con il diavolo pur di non fare di te il diavolo. Sono solo personaggi, ma hanno una storia. Sono finiti in un teatro perché non avevano altro luogo dove andare. Sono quello che vedi, perché sono costretti ad esserlo. Mentre combattono il male, il male muove i fili, e se prima sembravano attori adesso sembrano marionette.
Ma non si possono biasimare, non si possono condannare. Le loro voci sono suoni indistinti, forse sospiri di angoscia, forse grida di aiuto. I loro volti sono autentica sofferenza, e ti chiedi chi è più reale tra loro e te. Non piangere, non è una tragedia. È la recita di una storia che conosci, ma che non comprendi. I proprietari osservano dall’alto i personaggi che recitano e gli spettatori che non capiscono. Tutto va secondo i piani. Possiamo stare tranquilli. È finita la recita. I personaggi se ne vanno, i proprietari applaudono, e gli spettatori si inchinano.
Cala il sipario.
MARIA GUERRIERI

L’UOVO CINICO
Crack: l’uovo si spacca. L’albume da una parte, il tuorlo dall’altra, nei due gusci che costituivano un’unità sola, protettiva, riparava e nascondeva tutto al resto del mondo. La gallina piange, grande l’occhio da cui cade la lacrima, grande la pozza che si crea a terra, terribile terribile luogo in cui affogare se qualcuno fosse così incauto da caderci dentro. E anche la ricetta è rovinata. Albume e uovo non si sono separati completamente, che orrore!
IRENE ZEBI

RUE
C’era una volta una mendicante, una vecchina che camminava tutta sola nella strada di una città grigia e asfaltata. Procedeva piano piano sotto alti alberi ritorti, i cui rami creavano una galleria tappezzata di foglie multicolori. Camminava curva, china sulle pozzanghere in cui si specchiavano la pioggia e i suoi passi, e su cui galleggiavano le foglie secche come tante piccole barche. Aveva un cappello rosso in testa, un lungo cappotto fino alle ginocchia e dei calzettoni di lana grigi tirati su. Odorava di trascuratezza, di abbandono, sguardi di odio, disprezzo o disgusto, sguardi invisibili, sguardi mancati .E così era finita a parlarsi, creare delle favole, raccontarsi storie per essere meno sola. La vecchina rendeva preziose cose che tutti calpestavano, le foglie rosse e gialle dell’autunno erano il suo tesoro, le raccoglieva una ad una e sceglieva le più belle. Rubava gli sguardi d’amore non ricambiati di giovani sull’autobus, le lacrime o le risate di chi esplodeva in strada all’improvviso senza potersi più trattenere. Guardava la gente, estranea, vedendo la realtà con occhi diversi da tutti, più ignari forse, ma più realisti proprio per questo. O folli per chi aveva fretta e poca pazienza.
Tutto sommato stava bene. Forse era la persona
più felice al mondo.
IRENE ZEBI

MOOD
Blu vestito blu su pelle di stelle, il velluto accarezza la pelle lattea, la copre ma non la nasconde a sguardi indiscreti. La luna se la ride di gusto e la sua risata echeggia nella notte, forte e sicura di sè. La musica di un piano purtroppo la raggiunge lassù dove si trova, le note colpiscono la sua sicurezza implacabili e la buttano giù. Alla luna rimane il silenzio di una risata spenta e tante stelle cadenti che cadono dai suoi occhi. Silenzio nel buio. Shh. Il velluto morbido le cade senza che se ne accorga, le scivola morbido sulle spalle. Nuda la luna si immerge in un lago, specchio spento scuro e va sott’acqua completamente, fino a perdersi nelle sue profondità, nei suoi pensieri. I capelli le nuotano intorno. I pensieri sono stormi di pesciolini che le ruotano vicino, si aprono al suo passaggio, la circondano, cambiano forma. Nuotando sulle profondità del lago si allontana ondulando e i pesci la seguono.
IRENE ZEBI

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