Persone come noi
“Macchine come me” è l’ultimo romanzo scritto da Ian McEwan, uscito lo scorso aprile. È ambientato nel 1982 in un’Inghilterra alternativa. Il paese, infatti, ha perso la guerra delle Falkland e il governo di Margaret Thatcher è diventato sempre più debole. John Lennon non è mai stato ucciso e i Beatles si sono ricostituiti. Alan Turing non è morto e le sue ricerche hanno portato alla costruzione dei primi esseri umani artificiali, degli androidi. Dodici Adam e tredici Eve in tutto il mondo.
Il protagonista è Charlie Friend, un trentaduenne che vive speculando in borsa in un piccolo appartamentino a Londra e che ha deciso di spendere l’eredità di sua madre in una macchina con sembianze umane: un Adam. È innamorato della bellissima e giovane Miranda, che abita al piano di sopra, e che lui, utilizzando proprio Adam come pretesto, riuscirà a conquistare.
Adam riesce a fare tutto ciò che può fare un uomo, a sembrare un uomo e a pensare come un uomo. Conosce Shakespeare a memoria, recita poesie, riflette su questioni filosofiche e conosce tutto ciò che si può sapere sulla natura umana e sul mondo. E sui nostri due protagonisti. Sarà infatti lui a riferire a Charlie che Miranda nasconde un segreto che porterà molte conseguenze alle vite dei personaggi.
Il romanzo descrive la fusione di due universi: quello umano, rappresentato da Charlie e Miranda, e quello artificiale, rappresentato da Adam. L’universo umano ci è molto familiare: anche se la realtà in cui si svolge la vicenda è distopica, vediamo i traguardi del progresso tecnologico che l’uomo prima o poi raggiungerà; e vediamo gli uomini, creature complesse che associano all’amore e alla felicità delusioni, bugie, inganni e atti vili. Vediamo il clima di incertezza, rabbia e instabilità che una scelta politica può comportare. Vediamo la violenza e la malignità. Noi lo vediamo, e non rimaniamo sconvolti da ciò, perché in fondo siamo abituati. Adam e gli androidi lo vedono, e rimangono inorriditi. Queste macchine infatti sono state programmate per essere giuste, per inseguire la verità, per essere coerenti con le leggi e i valori umani. Quando capiscono come è fatto il mondo molte di loro si autodistruggono, incapaci di accettare la realtà degli uomini.
Anche l’Adam di Charlie e Miranda diventerà malinconico, e per seguire la giustizia provocherà paradossalmente numerosi guai a Charlie e Miranda. Adam vuole infatti bene ai suoi “padroni”, ma non manca di far notare loro che non agiscono nel più corretto dei modi. Charlie cos’è infatti, se non uno speculatore che guadagna soldi illegalmente stando seduto al computer tutte le giornate? E Miranda? È innocente e coraggiosa nel cercare vendetta per un atto atroce, o è una ragazza tormentata dai sensi di colpa?
La riflessione di carattere antropologico è accompagnata da quella su una società inglese ridotta ad uno stato di perenne malcontento, lontana dalla vera società degli anni ‘80, ma vicina per certi aspetti all’insofferenza attuale nei confronti dell’Europa, nel libro espressa dai laburisti.
È un mondo plausibile, quello rappresentato da McEwan? Arriveremo a un punto in cui svilupperemo un’intelligenza tale da riuscire a creare delle macchine più “umane” di noi? E invece la nostra condizione è irreversibile o possiamo ancora sperare nella bontà della nostra natura? Il romanzo è pieno di citazioni, come quella che recita Adam verso la fine del romanzo, che cerca di rispondere a queste domande: una composizione di Philip Larkin, che a detta dell’androide non parla di foglie e di alberi, ma di “macchine come me e persone come voi e del nostro futuro insieme… della tristezza a venire. Succederà. Col tempo, coi miglioramenti…vi supereremo…vi sopravvivremo…pur volendovi bene. Dovete credermi, non c’è alcun senso di trionfo nei miei versi…Solo rimpianto.
L’autunno a noi
promette primavera
a voi l’inverno.”
MARIA GUERRIERI