Telenovela politica

Eccoci qui, dopo una lunga estate in cui la situazione politica si è -in teoria- completamente ribaltata.
A giugno ci siamo salutati con un mio articolo sulle elezioni europee; la lega di Salvini era data al 38% nei sondaggi e si pensava che da quel punto potesse solo crescere.

Si sono poi susseguiti tre eventi che hanno seriamente minato alla stabilità del governo, ma soprattutto alla stabilità mentale di Parenzo e Telese che portavano avanti il loro programma In Onda fino alle 4 di mattina per avere anche le dichiarazioni ufficiali sugli incubi del figlio di Conte. Esatto, sto parlando del voto su Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione Europea; del voto sulla TAV; e del compleanno di Giuseppe al quale il premier aveva invitato tutti, anche se Salvini non si è fatto vivo perché pare che Conte non gli abbia dato il +1 per portare la sua fidanzata.
A parte gli scherzi, rispetto alla situazione di partenza molto è cambiato: l’8 agosto Giuseppe Conte 1 ha annunciato in conferenza stampa la volontà del già ministro dell’Interno di capitalizzare il consenso espresso dai sondaggi e dunque di far cadere il governo per andare al voto. Il governo è però ufficialmente caduto il 20 agosto, quando il premier è andato a riferire in Parlamento con un discorso che ha ricordato agli italiani che sì, avevano un Presidente del Consiglio e che sì, era proprio lui.
Dato che i 5 Stelle erano a secco di idee e di consensi dopo 14 mesi al governo, hanno deciso di rendere Conte il loro kampione: una mossa strategica fondamentale per permettergli di continuare ad esistere; allo stesso tempo però, dato che anche la “sinistra” si trovava a corto di idee per perdere voti e non aveva ancora perso quei 5 punti percentuali mensili, ha deciso -per la primissima volta nella storia- di non essere d’accordo su qualcosa. Il PDB (Partito Di Bibbiano, come da riforma dello statuto) si era sempre detto contrario ad ogni alleanza con il M5S (oddio anche in quel caso non erano tutti d’accordo ma facciamo finta di sì), arrivando addirittura ad approvare in Direzione Nazionale una mozione portata da Karletto Kalenda in cui il partito si impegnava a non allearsi MAI con i grillini.
Come avrete notato, non è andata proprio così.
Il 12 agosto, Matteo Renzi ha deciso di tornare a parlare: è rientrato nella scena politica in un modo furbo e inaspettato: l’ex premier ha infatti affermato che secondo lui era necessario un accordo tra PD e M5S per scongiurare l’aumento dell’IVA formando dunque un governo “no tax”. La sua idea era quella di fare un accordo per un governo che durasse fino a gennaio e che quindi facesse solo la legge di bilancio alla fine dell’anno per poi cadere, e di andare al voto subito dopo. Da quel momento tutti i suoi amici si sono trovati d’accordo con lui, ci stavano pensando da sempre! Quegli stessi personaggi simpatici che mettevano gli hashtag #senzadime su twitter quando Franceschini proponeva banalmente di aprire ai grillini nell’eventualità di una crisi di governo, si sono fatti i principali sostenitori della proposta dell’ex segretario.
Tutt’ora all’interno del Partito Democratico ci sono molti che lo definiscono un genio per aver fatto una mossa politica che ha semplicemente indebolito la posizione del partito: provate a pensare cosa sarebbe successo se i dem si fossero presentati alle consultazioni compatti senza mostrare a nessuno paura per le elezioni; provate a pensare quale sarebbe stato il programma concordato di governo se il PD avesse fatto vedere che non temeva lo scontro elettorale.
Mi spiego meglio: con la geniale mossa del don Renzi, il Partito Democratico non solo si è mostrato -tanto per cambiare- diviso, ma ha fatto capire a tutta Italia che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di evitare le elezioni; non è il fatto di essersi alleati con i 5 Stelle che gli ha fatto perdere consensi, bensì il fatto che -arrivando tanto debole alle consultazioni- non è riuscito a dettare bene la sua linea e -come si è visto per Conte e i Decreti Sicurezza- i paletti che aveva messo sono stati completamente snobbati dal movimento. Ma andiamo avanti.
Dopo due giri di consultazioni al Quirinale, un centinaio di maratone di Mentana, 50 nottate passate svegli a sentire i commenti di Telese e degli ospiti/ostaggi di In Onda (un periodo in cui gli studi di La7 sono stati quindi più impegnati dello studio di Mattarella); il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deciso di affidare il mandato di trovare la maggioranza in Parlamento e di formare un governo ad una figura nuova, competente e sconosciuta: Conte 2.
Giuseppi, fresco fresco dell’endorsement di Trump (cosa che avrebbe dovuto far rabbrividire il centro-sinistra), si è messo subito a lavoro per trovare due forze politiche che si fossero già messe d’accordo nel corso delle consultazioni precedenti e che avessero un programma anonimo su cui qualunque balordo si potesse trovare d’accordo. Due a caso.
Il 4 settembre del 2019 Conte prende un pentolino di inox e, a fuoco lento, scioglie la riserva, esponendo la lista dei ministri che avrebbero giurato la mattina successiva e sconvolgendo Mentana, che ormai andava avanti da settimane nutrendosi solo di caffè con una maratona che lo aveva tenuto sveglio 33 giorni e 33 notti.
Nel programma del nuovo governo tra i tanti punti, troviamo il pole position: il famoso Green New Deal, un piano poco conosciuto e poco chiaro che prevede maggiori investimenti in un’economia green e circolare; l’abbassamento del cuneo fiscale sui redditi medio-bassi (manovra che pare non sarà completamente possibile inserirla nella prossima legge di bilancio); il taglio del numero dei parlamentari, battaglia identitaria dei 5 stelle (approvata per la quarta volta alla Camera dei Deputati qualche giorno fa); investimenti su Roma; la riforma della giustizia per diminuire i tempi dei processi, voluta soprattutto dal ministro Bonafede. Cosa aspettarsi dal nuovo governo? Quanta fiducia riporre in Giuseppe Conte 2? In questo momento abbiamo un governo appoggiato da 4 gruppi parlamentari (Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle, Liberi e Uguali e il novello partito Italia Viva di Renzi); in teoria il programma prevede che il governo rimanga in carica fino al 2023: quanto è plausibile ciò, anche considerando le dichiarazioni dell’ex segretario dem?
Staremo a vedere, intanto questo governo deve -a mio avviso- accendere la speranza nelle persone: la gente deve tornare a pensare che un futuro libero da odio, xenofobia, omotransfobia è possibile. È ad oggi quanto mai necessario avere un esecutivo stabile che coniughi il buon governo con politiche di informazione e istruzione sui temi attuali che preoccupano l’elettore medio, per evitare in questo modo che finisca tra le braccia di partiti che professano l’intolleranza.

JACOPO F. AUGENTI

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