Il mare dei paranzini

Caro Roberto,

Dove ci sono i bambini c’è l’età dell’oro.

Ma nella tua, nella nostra città non è mai facile raccontare la storia dei loro sorrisi.

Per questo tu sei la resistenza, l’opposizione. Ti circondi di nero, ti macchi di compassione, pulisci dal sangue la vita di chi è intriso di colpevolezza, celebri la bellezza raccontando l’odio. La tua crudele schiettezza nel narrare la verità fa paura, eppure è inattaccabile. Nonostante il marcio riesci ad allietare con la tua voce i sogni dei più piccoli.

Napoli, luogo sempre difficile, ma mai scontato. Posto magico, incantevole, pieno di storia. Purtroppo, però, la poesia di questa città è solo lo sfondo del ben più grande quadro che la disegna. Nelle strade e nei vicoli pulsa incessante la vita del popolo, flusso colorato ed instancabile. Ma nelle parole a denti stretti si nasconde il male di chi vive per profitto. Nessuno ha scampo, tutti prima o poi incontreranno i volti di chi la guerra la fa, pur dicendo di cessarla, di chi uccide, di chi logora. Anche coloro che ancora devono consumarsi nella loro gioventù.

L’accecante desiderio di potere e di ricchezza demolisce l’innocenza infantile, lasciando maturare ogni ragazzo sotto falsi raggi di sole, rendendoli aspri ed amari.

Proprio come il tuo Nicola e il suo gruppo, adolescenti qualsiasi, troppo ingenui per distinguere la notte dal giorno, che finiscono per intrecciare le loro debolezze fatte di miseria a delle semplici reti da pesca, condannandosi alla crudeltà, lasciando il resto in secondo piano. Qui avviene il surreale. Mondi opposti si incontrano. All’improvviso i bambini stringono tra le dita pistole, e non peluche o macchinine. La vecchia generazione si incrocia con la nuova, creando incomprensioni che generano odio, odio che dà vita a scontri. E quando non sono più i capricci le armi di un ragazzo, l’alba non è più per tutti una certezza. E nemmeno il dolore più lancinante può ormai redimere le loro anime dal rancore, dalla vendetta. Così ricomincia tutto, quasi per gioco, come un girotondo.

Quella domenica, nella sala affollata, i sedili erano occupati da pensieri diversi, con molto da dire. Appena il proiettore ha svelato volti simili a quelli dei presenti, le loro voci hanno iniziato a mutare, sfumando, per poi svanire sulla lingua inerte ed arresa alla realtà dei fatti. Minuti interminabili nei quali le labbra, impaurite e serrate, hanno vissuto il silenzio.

Momenti di terrore nei quali il buio sembrava soffocare la luce.

E se non fosse nei rumori sordi che si cerca il bagliore?

Nel mare dei paranzini, dove si illudono i pesci, la quiete afferma la vittoria indiscussa dei pescatori. Ma è tra un’onda e l’altra che la profondità del golfo accoglie i sospiri di stanchezza, le lacrime della solitudine, le urla di amarezza. Sono questi suoni forti che, rompendo la calma, danno speranza. In quegli occhi domenicali ho visto la scintilla. Quegli sguardi hanno strappato le pareti del cinema, singhiozzando, gridando di dolore, parlando straziati di salvezza per questi ragazzi persi nella cenere degli errori.

Da lì in poi, ogni mente ha ripensato al tuo nome, sillabandolo, ripetendolo, accentandolo. Adesso posso assicurarti che attraverso le immagini della realtà hai segnato per sempre tutti gli spettatori, donando loro il sogno di volare per cambiare una normalità così anomala, che speriamo un giorno arrivi a sembrare una barzelletta.

Non so come descrivere il tuo ruolo nell’esistenza dei tuoi lettori. Infondi coraggio, e continui a cercare il fuoco della bellezza tra i fiori più appassiti, insegnando cosa davvero significhi celebrare.

Grazie Roberto per questa meravigliosa visione che mai scorderemo, per la prontezza e purezza delle tue idee. Grazie per raccontare sempre le tue storie di splendore, nonostante chi cerca di fermarti; per non arrenderti mai nel continuare a vedere le stelle nel buio. Ed infine grazie, per amare la nostra fantastica città, per non abbandonarla mai, e per tentare di farla tornare la nostra unica, speranzosa e bellissima Partenope.

Ai tuoi morti colpevoli e alla loro innocenza, per portare un po’ di luce a chi, imperterrito, continua a sognare.

MARTA SARRO

                                                                                                                                                                                      

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