La ricerca dell’immortalità

 

A settembre sono andata al cinema a vedere un documentario su uno dei più grandi geni che siano mai esisiti, un uomo dai grandi espressivi occhi neri, egocentrico, eccessivo, il più grande visionario che l’umanità abbia mai conosciuto, un uomo chiamato Salvador Dalì.

“All’età di sei anni volevo diventare un cuoco. A sette volevo essere Napoleone. E la mia ambizione è andata costantemente crescendo sin da allora.”

Pittore, scultore, scrittore, fotografo, cineasta, designer e sceneggiatore spagnolo, Dalì espresse la sua strabiliante creatività attraverso tutti i mezzi che aveva a disposizione: collaborò come sceneggiatore con Luchino Visconti, da designer con Christian Dior, realizzò insieme a Walt Disney un cartone animato intitolato “Destino”e si preoccupò personalmente della costruzione del “Museo Dalì”, uno stravagante edificio che sorge a Figueres, la sua città natale, per accogliere gran parte delle sue opere.

Dalì è il pittore che riesce a portare sulla tela il mondo onirico, che riesce a guardare oltre le forme, distorcendole, inserendo elementi spettrali, e a portarci nel lato a noi più oscuro dell’animo.

Le paure e le angosce di cui vive l’uomo, Dalì le trasforma in modo critico in soggetti per le sue opere: fotografie dell’irrazionale.

Il grande genio ci dimostra che gli occhi, quando si chiudono nella realtà, non riposano, ma si aprono in un’altra dimensione, la realtà dei sogni, e proprio per questo egli si raffigurava nelle sue opere ad occhi chiusi.

“Cosa pensa succederà al momento della sua morte? – Io non credo nella mia morte. – Non crede che morirà? – Non credo nella morte in generale, e tantomeno in quella di Dalì.”

Tutto il mondo era innamorato dell’immagine che dava di sé. Tutto il mondo era innamorato di questo personaggio che parlava di se stesso in terza persona e che non smetteva mai di meravigliare.

Ma quali furono i primi, piccoli passi che portarono Dalì a diventare così grande?

Si iscrisse all’Accademia di belle arti a Madrid nel 1921 all’età di diciassette anni, nel 1926 soggiornò a Parigi dove venne colpito fortemente dall’incontro con Picasso, che ammirava moltissimo. Evento chiave nella vita di Dalì fu l’incontro, nel 1930, con Gala, la sua futura sposa e musa ispiratrice, che lo aiuterà immensamente a livello artistico ma anche pratico.

La sua prima pittura fu segnata dalle correnti futuriste e cubiste, fino a quando toccò il surrealismo entrando nel 1929 tra i maestri dell’“inconscio su tela”. Costantemente alla ricerca della fama e del denaro, Dalì fu però allontanato dal movimento surrealista al quale rispose dichiarando: “il surrealismo sono io”.

Profondamente interessato alla scienza, dopo il disastro nucleare di Hiroshima, Dalì sperimenta un nuovo periodo artistico noto come “era atomica”.

Questo non è che un delineamento dell’artista dai mille volti, la figura che immortale vivrà per sempre nello stupore del mondo. Chi non conosce Dalì, il mago dai grandi baffi neri.

LIVIA SARA LESTINGI

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