Italia macerata

In che modo il tema immigrazione sta polarizzando l’opinione pubblica del Paese? Quali soluzioni per il futuro possono correggere la miopia di un’intera classe politica? Prendendo spunto dai recenti fatti di Macerata, ne parliamo con il senatore del PD Luigi Manconi

 

Come ritiene sia stato gestito il dopo-Macerata, a livello mediatico e politico, dagli esponenti dei principali partiti?                                                                                           

Nessuno ha gestito bene la situazione; mi hanno sorpreso in particolare le reazioni prevalenti di due partiti: 5 Stelle e PD. Da parte del leader del M5S e del Segretario del PD c’è stata una sostanziale unità nel chiedere di “abbassare i toni”. Addirittura, da parte di Luigi Di Maio, l’invito a tacere su quei fatti. È un errore gravissimo, perchéun conto è non strumentalizzarli, un conto è tacerne. È come se negli anni ’70, quando ci sono state terribili manifestazioni del terrorismo rosso e del terrorismo nero, i leader dei partiti avessero detto “shhh, silenzio, guai a parlarne”. Al contrario, allora se ne parlava eccome e, giustamente, si litigava anche. C’era una discussione vera, pure all’interno della stessa sinistra: quando un’intellettuale della sinistra radicale disse “nelle Brigate Rosse troviamo tracce della tradizione comunista”, i comunisti del PC insorsero, protestarono, denunciarono come provocatrice Rossana Rossanda, poi furono costretti a misurarsi su quei fatti. Non mi interessa dire chi avesse torto e chi ragione, in ogni caso si discuteva animatamente: ci si lacerava, ma si parlava, viva Dio. Si parlava e si deve parlare.

 

Secondo Lei, sono più le destre a far leva su un diffuso malcontento popolare, o le sinistre a dover essere imputate di quella“retorica della solidarietà” e “ideologia dei buoni sentimenti” di cui parla?

Le destre hanno la responsabilità di strumentalizzare il disagio sociale, le sinistre di non saperlo disinnescare, mediare, di non saper fare incontrare la fatica della vita quotidiana degli italiani con quella degli stranieri, tutelando allo stesso tempo gli interessi degli uni e degli altri. Tuttavia è naturale individuare nella destra fascista, leghista in particolare, il fatto che c’è stata un’operazione lunga quasi un quarto di secolo, iniziata nei primi anni ’90, che ha visto alcuni soggetti politici tradurre la difficile convivenza tra italiani e stranieri in una moneta elettorale: questa è la gravissima colpa che la destra si è assunta.

 

È giusto dare tanto spazio mediatico a soggetti e gruppi xenofobi di estrema destra, che si sono riferiti più volte alla crisi migratoria in termini propagandistici, razzisti ed erronei?
Deluderò molti, forse anche lei. Io credo nella libertà di espressione e di parola pressoché incondizionate, quindi non reputo intelligente non consentire che si esprimano coloro che portano idee ostili, riprovevoli. Costoro vanno fatti esprimere e vanno combattuti con buone idee. Dunque, se lei mi dice che viene dato troppo spazio sono d’accordo, ma se ipotizza che non lo si debba dare affatto lo ritengo uno sbaglio. Dev’essere dato spazio a CasaPound? Non eccessivo, ma credo di sì. E penso altre due cose altrettanto impopolari. Innanzitutto, non sta tornando il fascismo; è cresciuto semplicemente – ed è grave, sia chiaro – il numero di coloro che oggi si dichiarano fascisti e fino a ieri no, ma non esiste in alcun modo un tale pericolo in Italia. Esiste, questo sì, un enorme problema, quello che io chiamerei – la formula non è mia, ma la faccio mia – la “banalizzazione del male”, del fascismo, persino dello stesso nazismo, e ancor peggio quella del razzismo: questo certamente è un problema, dopodiché non penso che ci sia il fascismo alle porte, né che l’Italia sia un Paese razzista.

Ha giudicato il decreto Minniti “gravissimo e assolutamente non necessario”. Quale alternativa proporrebbe alla linea dura adottata dal ministro?

C’è una questione nazionale, oltre che un’enorme questione europea. In Italia ci sono 7978 comuni, di cui solo 1500 fanno parte dello SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati): è un sistema che prevede una distribuzione sul territorio dei profughi e la loro aggregazione in piccole unità; è un modo saggio, cioè, di organizzare la loro integrazione nel territorio e nella società italiana. La grande strategia sarebbe quella di passare da 1500 a 2000, da 2000 a 2500 e così via. Il peso dell’immigrazione, che è un peso reale – guai a sottovalutarlo – va distribuito equamente tra tutti i comuni, non concentrato sulle spalle, spesso gracili, di pochi.

ALESSANDRO DI SERAFINO, con domande di ALESSANDRO IACOVITTI

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