Il paradosso di Fermi: l’umanità che si auto-mangia

La minaccia del cambiamento climatico ci porta a temere per la sopravvivenza della razza umana e a riflettere sul perché non vi è mai stato contatto con una civiltà aliena

Immaginate l’universo, che tutti ci hanno sempre detto essere praticamente infinito, in continua espansione a velocità inosservabile, gigantesco, interamente sorretto dalle bislacche teorie dei fisici, pieno di materia oscura, nebulose, buchi neri, supernove, buchi bianchi, quasar, stelle, pianeti e creature. Immaginate l’universo che cresce e cresce e cresce ancora, e che più cresce più partorisce mondi e pianeti e cosmicomiche. L’universo che è vecchio di una quantità di anni da mettere i brividi, immaginatelo: dall’enorme esplosione Big Bang di fuochi d’artificio gialli, al suo spegnersi morente in cumulo di cenere. Bene. Questo è più o meno il paradosso di Fermi: se l’universo è così grande e così vecchio e via dicendo, come è possibile che noi non si è ancora incontrato un alieno?

Passiamo per un attimo ad altre questioni. In un articolo molto interessante – “The Uninhabitable Earth”, uscito il 9 Luglio 2017 sul New York Magazine e il 29 Settembre su Internazionale – il giornalista americano David Wallace-Wells ammonisce il mondo contro i rischi dei cambiamenti climatici. Dati e interviste alla mano, tratteggia il ritratto di un pianeta vicinissimo al collasso. Senza dilungarmi, sintetizzo i dati più inquietanti riportati nell’articolo. In ordine sparso: 1) Gas serra: il surriscaldamento globale sta portando ad un parziale scioglimento del permafrost, dentro cui sono contenuti 1.800 miliardi di tonnellate di carbonio, più del doppio di quello che è sospeso ad oggi nell’atmosfera terrestre. Lo scioglimento dei ghiacciai potrebbe comportare l’evaporazione del carbonio al suo interno sotto forma di metano, un gas il cui effetto inquinante è molto maggiore di quello dell’anidride carbonica. 2) Agricoltura: altro dato preoccupante è l’impatto che un riscaldamento globale protratto nel tempo alle velocità attuali comporterebbe per l’agricoltura mondiale. La regola base sulla coltivazione dei cereali comuni è, per esempio, che per ogni grado in più rispetto alla temperatura ottimale il raccolto diminuisce del 10 per cento. La fame nel mondo è già una problematica tutta attuale. Se i raccolti iniziassero a diminuire saremmo ancora più lontani dal trovarvi una soluzione. 3) Siccità: credo a nessuno siano sfuggiti i grattacapi che abbiamo avuto quest’estate a Roma sulla questione acqua. Ecco, senza una drastica riduzione delle emissioni, entro il 2080 l’Europa meridionale sarà perennemente colpita da siccità e derivati. 4) Varie ed eventuali: la desertificazione, le epidemie climatiche, le migrazioni delle zanzare malariche, i danni economici, l’aria irrespirabile, gli uragani, le catastrofi naturali, e via dicendo. Wells è forse un po’ catastrofista nella sua analisi, ma il nostro puntino verde-blu deve aver visto tempi migliori e su questo non ci piove. I discorsi sembrano scollegati, ma non lo sono così tanto.

Nel 2005 Nick Bostrom, filosofo svedese e docente ad Oxford, ha fondato l’Istituto per il Futuro dell’Umanità, un centro di ricerca scientifico-filosofica dagli scopi eccentrici quasi quanto il nome. Bostrom è celebre per le sue speculazioni futuristiche e quasi buffe (a titolo d’esempio, afferma che ci siano alte probabilità che al di là del Velo di Maya si trovi il simulatore di una realtà virtuale). Parlando del paradosso di Fermi è utile soprattutto riportare la sua riflessione sul cosiddetto “rischio esistenziale”. Il filosofo lo definisce come “la situazione nella quale un evento, oppure una serie di eventi possano annientare del tutto, oppure limitare in modo drastico, le potenzialità della vita intelligente sulla Terra”. L’Istituto per il Futuro dell’Umanità studia principalmente questo: quale sia il futuro globale dell’umanità a lungo e breve termine. Facendo il possibile per evitare un’estinzione di massa. Sembrerebbe un catastrofismo ridicolo da calendario maya, eppure la comunità accademica e scientifica sembra averla presa abbastanza sul serio. Nel 2012, sull’eco di questa problematica del rischio esistenziale, l’Università di Cambridge ha finanziato l’apertura del Centro per lo Studio del Rischio Esistenziale, che tra i finanziatori e collaboratori presenta nomi del calibro di Stephen Hawking ed Elon Musk. Lo scopo del Centro è quello di diminuire al massimo la probabilità che questo rischio si attualizzi portandoci all’estinzione (ed è una grandissima soddisfazione che un compito del genere sia affidato ad un’équipe di filosofi). Il punto veramente interessante delle ricerche di Bostrom e del CSER è il seguente: che all’interno dei loro studi una delle variabili più incidenti sul rischio esistenziale sia il cambiamento climatico. La Terra nella sua storia ha visto cinque grandi estinzioni di massa, la più famosa delle quali ha comportato la scomparsa dei dinosauri. Buona parte della comunità scientifica sostiene che queste estinzioni siano state causate da un eccessivo livello di gas serra nell’atmosfera terrestre. Gas serra, cambiamenti climatici, estinzioni di massa. Una catena causale affatto spiacevole. La comunità scientifica però non è allarmata a tal punto. Bostrom o non Bostrom, l’umanità non sembrerebbe essere sull’orlo dell’estinzione. Ciononostante, la Terra si è dimostrata capace di ben cinque sovvertimenti fisici di dimensioni tali da venir definiti “estinzioni di massa”. Mica roba da poco. Questa storia delle estinzioni di massa va tenuta bene a mente, pensando al paradosso di Fermi, perché ha un importante corollario: un pianeta può divorare i propri figli senza troppi problemi. La Terra lo ha già fatto, ben cinque volte.

Veniamo al sodo. In metafisica una massima comune era questa: niente di ciò che era pensabile era assolutamente impossibile. Bizzarre civiltà aliene comprese. Ora, in un intervallo di tempo tendente all’infinito quale la storia universale, ogni possibilità – per definizione – si deve realizzare almeno una volta. Bizzarre tecnologiche civiltà aliene comprese. Quindi: da qualche parte gli alieni ci sono, o ci sono stati, e ci saranno ancora tra chissà quanto. Del resto anche solo interrogando il Senso Comune si otterrebbe che in fondo nessuno o quasi afferma l’unicità della specie umana come forma di vita intelligente. Se si considerano universi praticamente infiniti per dimensioni e longevità, non si può di certo parlare di “solitudine” o “unicità”. È assurdo. Sarà zeppo di civiltà e pianeti popolati, là fuori. Però sono tutti silenziosi, o lo sono stati. Nessun non-umano ha mai comunicato con noi. Cose da matti.

Una possibile soluzione al paradosso di Fermi è la teoria del Grande Filtro. È in realtà molto semplice: ogni civiltà aliena è scomparsa prima di progredire abbastanza da potersi mettere in contatto con noi. In altre parole: la tecnologia necessaria ad una civiltà per mettersi in contatto con una civiltà aliena è tale da comportare l’autodistruzione della civiltà stessa prima che la comunicazione possa avvenire. Mi sembra una soluzione valida. Immaginate: nell’universo infinite civiltà progrediscono e si auto-mangiano ciclicamente. A quanto ne sappiamo potrebbe essere così. Nessuna razza ha mai partorito individui sufficientemente intelligenti da fare in modo di non finire spazzati via dalla propria Terra. Questa potrebbe essere una valida soluzione al buffo paradosso sugli alieni: esistono e sono esistiti, ma si sono distrutti prima di essere riusciti ad entrare in contatto con noi. Non ho la minima idea di quali possano essere state le cause dell’estinzione dei non-umani sui propri pianeti. Guerre, apocalissi, giorni del giudizio. Non è importante. Quale possa essere la ragione di una possibile estinzione sulla Terra, invece, ce lo insegna la storia. Basta andarsi a rivedere le motivazioni delle altre cinque grandi estinzioni avvenute sul nostro pianeta: i cambiamenti climatici e l’eccesso di gas serra.

È una questione di saggezza. Il genio degli innovatori produce tecnologie dannose per il mondo in potenza, il non-genio dell’umanità in generale abusa di queste tecnologie fino a deturpare il pianeta. Assistiamo ad un incessante braccio di ferro tra le due fazioni. È come se l’umanità non riuscisse a stare al passo di alcuni uomini. Credo che la linea ambientale di Trump sia molto eloquente al riguardo, per prendere un esempio qualunque. Il ritratto esatto di un’umanità che si auto-mangia. Nell’universo infinito Donald Trump & Associati mandano a rotoli infiniti pianeti diversi, con le loro politiche sconsiderate e il loro non-genio. Sembrerà assurdo, ma è una cosa da mettere i brividi. Come scrive Nietzsche: “Noi apparteniamo ad un’epoca, la cui civiltà corre il rischio di essere distrutta dai mezzi della civiltà”. Bisognerebbe riflettere.

MATTIA SCORZINI

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