Dedicato a tutti i quartini

Ricordo ancora come fosse ieri il giorno in cui per la prima varcai spaesato la soglia del Manara, spensierato quartino disperso in un mare di grandi, innocente pesce uscito dal natìo fiume e improvvisamente catapultato nell’ignoto Oceano, ed ora eccomi qui, a nove mesi dalla maturità, sospinto senza posa nel passato. Forse è proprio questo che non si percepisce quando si intraprende un viaggio: si ha l’illusione di iniziare la scalata di un monte infinito, per accorgersi solo a un passo dal picco di quanto bassa era in realtà la montagna alle nostre spalle. Un giorno sei lì, alle pendici di un monte di cui neppure scorgi la vetta, il giorno dopo ti ritrovi in cima a contemplare dall’alto i prossimi scalatori, ancora ignari dell’illusorietà del tempo. Tempus fugit dicevano i nostri saggi avi romani, e così è: sembra lontanissimo, quando entri per la prima volta al liceo, il giorno in cui diventerai “il più grande della scuola”, ma in realtà è molto più vicino di quanto ci si illude sia.

Siamo inevitabilmente schiavi del tempo, ma siamo padroni di noi stessi e della nostra vita. Ed è così che possiamo controllare il tempo: dobbiamo sfruttarlo avidamente fino all’ultima goccia, poiché ciò che lasciamo nel bicchiere non ritorna più indietro. Ed ora più che mai, voi che state per intraprendere una delle scalate più belle della vostra vita, vivete. Perché saranno gli anni migliori, gli anni che segneranno il passaggio da bambini a uomini, gli anni che ricorderete sempre con un sorriso: magari ora penserete a quanti compiti dovrete fare questo pomeriggio in vista dell’interrogazione di domani e quanti altri e altri e altri ne farete. Tutte argomentazioni inappuntabili, ma vi posso assicurare che più presto di quanto possiate immaginare avrete rimosso tutto, e vi resteranno soltanto i ricordi più intensi e partecipati. Dell’infernale quarto ginnasio non ricorderete i pomeriggi passati a tradurre versioni su versioni, non ricorderete il primo quattro, bensì l’emozione del primo giorno, le splendide persone che conoscerete, le giornate trascorse a Villa, magari le ore passate invano ad aspettare in cinque il bus sotto la pioggia con l’ombrellino della nonna; tutto il resto è contingente, e presto svanirà negli imperscrutabili meandri della mente. Vi dirò, uno dei ricordi più belli che ho di questi cinque anni risale proprio ad uno dei primi giorni di scuola; lo ricordo tuttora nei particolari come fosse accaduto da poco: eravamo compagni di classe da poco più di una settimana, nessuno tra di noi si conosceva bene (o forse si potrebbe dire che non ci conoscevamo proprio), e abbiamo passato l’intero pomeriggio a vagabondare a Villa e a casa di una nostra compagna, come fossimo amici di lunga data. Queste piccole cose vi resteranno, perciò non indugiate e godetevi tutto il tempo che vi sarà concesso in questi anni.

Oramai a noi veterani manarioti resta poco qui, ma a nome di tutti mi sento di dire che abbiamo saputo godere del nostro tempo; certamente, a ripensarci dopo, si vorrebbe sempre aver fatto di più – questo è un bisogno connaturato alla natura umana – ma dopotutto siamo contenti del tempo trascorso entro queste mura, ed è questo che conta. Alla fine credo che l’importante sia arrivare alla fine del viaggio con una felice nostalgia del passato: se infatti esso vi mancherà, vuol dire che lo avrete goduto ad apprezzato davvero. Così, un po’ invidioso di voi, godendo del presente in un incessante ondeggiare tra il ricordo del passato e l’anelito del futuro, sempre pronto ad intraprendere una nuova scalata, vi auguro tutto il meglio per il vostro viaggio, con l’auspicio che lo ricorderete come uno dei più belli.

Dedicato a tutti i quartini.

Dedicato al Manara.

ANDREA SATTA

 

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