Il diritto di contare – Tre donne nere alla NASA, dietro le quinte della corsa allo spazio

Il diritto di contare, titolo originale Hidden Figures, è un film del 2016 diretto da Theodore Melfi prodotto e distribuito da 20th Century Fox, uscito nelle sale italiane nel marzo del 2017 e tratto dall’omonimo libro di Margot Lee Shetterley.

Ambientato durante l’era Kennedy nello stato segregazionista della Virginia, il film è basato sulla storia vera di tre matematiche afroamericane assunte nel programma spaziale della Nasa che, per veder riconosciute le loro straordinarie abilità, devono affrontare la dura opposizione di un vertice di uomini bianchi.

Ottime le interpretazioni per entrambe le parti con Taraji P. Henson, Octavia Spencer e Janelle Monáe rispettivamente nel ruolo delle tre protagoniste Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson mentre Kevin Costner veste i panni del burbero capo bianco Al Harrison che solo alla fine si dimostra riconoscente verso i grandi meriti delle tre donne.

Il film nella sua semplicità riesce ad unire tre grandi temi in un’unica narrazione scorrevole e avvincente allo stesso tempo. Temi riconducibili direttamente al ruolo e alla posizione sociale delle protagoniste quindi la matematica come scienza alla base della corsa allo spazio, uno dei teatri della guerra fredda che vede nell’URSS l’unico avversario; la segregazione razziale e il sessismo che impediscono il progresso in toto di una nazione che vuole apparire forte e sviluppata in tutti i fronti.

Una delle prime scene del film mostra un gruppo di uomini bianchi sconvolti e furiosi dopo aver appreso dell’ennesimo passo avanti della Russia in questa gara tecnologica; da qui una corsa contro il tempo per impedire che i sovietici possano essere ricordati come coloro che hanno conquistato lo spazio e raggiungere l’ambita meta del suolo lunare. Gli sforzi americani continuano però a rivelarsi vani quando il 12 aprile del 1961 il primo uomo a compiere un volo orbitale è il russo Yuri Gagarin. Gli USA non si fanno attendere molto e il 25 maggio del 1961 il presidente John Kennedy annuncia l’inizio del programma Apollo, destinato a portare l’uomo sulla luna, mentre a febbraio dell’anno seguente il programma Mercury porta in orbita il primo uomo americano John Glenn.

Tuttavia, questa è una sceneggiatura già scritta dalla storia, ciò che in pochi sanno e che il film si pone come obiettivo di raccontare è chi ha permesso che fosse realizzato tutto ciò; un contributo fondamentale al successo del programma spaziale lo hanno dato le tre protagoniste, ignorate dalla storia perché donne prima di tutto e afroamericane. Katherine Johnson, Dorothy Vaughan e Mary Jackson, prima di diventare rispettivamente colei che elaborò i calcoli esatti delle traiettorie per il programma spaziale, la donna a capo del gruppo di calcolo assegnato all’IBM e il primo ingegnere donna della NASA, si sono scontrate con la faccia peggiore dell’America. Volto negativo riconoscibile in uomini in divisa che stentano a credere che la NASA assuma donne per progetti così importanti, spiacevoli corse sotto la pioggia per raggiungere il bagno delle donne di colore nell’ala opposta dell’edificio, un giudice che permette ad una donna nera l’accesso ad un’università per bianchi ma impone la frequenza serale ben conscio di cosa significhi per una madre.

Per comprendere a pieno il significato del film è necessario dare uno sguardo all’attualità da cui emerge una visione contrastante di cinema e politica. Il primo si mostra sempre più sensibile alle tematiche sociali e quest’anno per la prima volta l’Oscar come miglior film viene assegnato ad un cast interamente di colore; in un anno in cui la politica sembra invece fare passi indietro e al centro della scena internazionale si pone il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che in cento giorni di governo non si è posto scrupoli nell’emanare l’ormai noto Muslim Ban, assumere posizioni sessiste e razziste, ignorare quasi del tutto la diplomazia internazionale e rischiare di provocare una nuova guerra fredda a causa della pericolosa politica interventista.

L’impegno che la società di oggi deve assumersi è quindi quello di non vanificare gli sforzi fatti finora ma battersi perché tutti i diritti possano essere riconosciuti sempre e ovunque.

FILIPPO PERTICARA

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