Hasta la victoria!

Il 25 novembre 2016 muore Fidel Castro, uomo che ha segnato profondamente la storia del secolo scorso

16 febbraio 1959: è finita un’era e ne è appena iniziata un’altra per un’isoletta nell’Atlantico, molto (anche troppo) vicina a un gigante che potrebbe cancellarla in un attimo dalle carte geografiche… se solo non ci fosse un altro gigante, molto più a Est, pronto a reagire e iniziare una nuova e devastante gigantomachia. Insomma, a questo punto avrete capito tutto: è di Cuba che sto parlando, e di ciò che le è successo dal sopracitato giorno in cui Fidel Alejandro Castro Ruz (noto a tutti col primo nome e il primo cognome) diventa Primo Ministro di Cuba, dopo sei anni di sanguinosa rivoluzione condotta da lui stesso – e da personalità del calibro di suo fratello Raul e di un certo Ernesto “Che” Guevara – per abbattere la dittatura di Fulgencio Batista. “Solo per imporre un’altra dittatura ancora peggiore”, secondo i suoi numerosi detrattori fra cui anche il Washington Post (giornale americano, chissà perché questa coincidenza…).

In effetti sono proprio gli USA, il gigante di cui parlavo prima, così vicino ma così sorprendentemente impotente nei confronti del nuovo leader cubano, in carica fino al 2008, quando per problemi di salute ha rinunciato ai suoi incarichi di Primo Ministro e Presidente del Consiglio di Stato. Chi avrebbe mai scommesso su Cuba in un confronto con quel colosso? Eppure, complice la situazione politica internazionale (vedi alla voce “Guerra Fredda”), il Lìder Maximo cubano è riuscito a mantenere saldamente il controllo del suo Paese e l’ha guidato con coraggio e scaltrezza anche nella politica estera e nell’economia, cosa, quest’ultima, resa decisamente più difficile dall’embargo imposto dagli americani il 7 febbraio 1962 (dopo il fallito sbarco controrivoluzionario nella Baia dei Porci) e durato fino al 2014. Per tutta risposta Castro, nell’ottobre dello stesso anno, chiede espressamente all’Unione Sovietica l’installazione di basi missilistiche nel territorio cubano, per contrastare la diretta minaccia dei vicinissimi Stati Uniti. È la strafamosa crisi dei missili di Cuba, che tutti conosciamo – e sappiamo bene quanto il mondo sia stato vicino alla catastrofe.

Non vi sto a raccontare tutta la storia di Fidel Castro: basta questo per capire che si tratta di un uomo politico di intelligenza straordinaria, capace di manovrare a suo favore le tensioni internazionali più forti e pericolose della storia e di mantenere l’integrità e l’indipendenza in un Paese piccolissimo e, fino ad allora, non proprio fortissimo economicamente. E la sua vera impresa sta nell’esser riuscito, in tutto questo, anche a far progredire economicamente e qualitativamente il suo Paese (e a cambiare la sua cultura, fra poco vedremo come). L’analfabetismo passa infatti dal 20% al 3,9% in pochi anni con lui al governo, l’industria viene nazionalizzata e l’agricoltura collettivizzata, il commercio è più attivo che mai con tutto il mondo (salvo ovviamente gli USA), la sanità arriva a livelli di efficienza mai visti (ancora oggi la sanità cubana è forse tra le migliori al mondo) e gli aiuti economici dalla Russia sono forti e costanti. Questi sono solo alcuni degli esempi della politica che gli ha sempre garantito l’appoggio delle masse, ma anche il forte dissenso di molti cubani, in particolare fra i sostenitori di Batista e i proprietari terrieri, che si sono visti privati dei loro appezzamenti in favore della collettivizzazione.

Non vi ricorda qualcosa questa politica di nazionalizzazione dell’economia e ridimensionamento della proprietà privata? Eh sì, finalmente siamo alla parola magica: la politica governativa, sociale ed economica castriana è di stampo socialista-comunista. Non per nulla Castro è sempre stato accusato di essere filosovietico: ha raccolto l’eredità teorica di Marx e quella pratica di Lenin e ha improntato la sua nazione verso un modello economico comunista e una politica totalitarista, contro ogni liberalismo, ma soprattutto contro quel mostro che è il capitalismo. E si è anche preso quantità industriali di critiche dai suoi detrattori, sia per questo sia per il suo metodo di controllo della situazione interna al Paese: la repressione politica sistematica (esecuzioni sommarie, processi farsa, censura…) e il sistema politico monopartitico (con un unico partito, il Movimento del 26 luglio e poi il Partito Comunista di Cuba, in Parlamento e alla guida del paese), analogo a quello fascista in Italia, per intenderci. Non pochi l’hanno definito un repressore dei diritti umani e un dittatore totalitario, come scrive anche il Washington Post il 1° dicembre, e va detto che in effetti il sistema monopartitico e l’eliminazione sistematica delle opposizioni sono caratteri delle politiche totalitariste, non ci sono scuse.

E insomma, questo è quanto ha fatto per il suo Paese (o per sembrare un grande statista agli occhi del suo popolo, scegliete voi) l’uomo che si è spento lo scorso 25 novembre. Ma io vorrei indagare più che altro la sua ideologia e le vere intenzioni dietro queste azioni sanguinose della rivoluzione e della repressione e quelle “pacifiche” delle decisioni politiche. Partiamo da una certezza: Castro è stato antiamericano fino alla morte, e chissà se ha modo di esserlo anche adesso che è dall’altra parte. I presupposti per una vita all’insegna dell’avversione per la bandiera a stelle e strisce c’erano tutti, del resto: se nel mio Paese si imponesse una dittatura pianificata e sostenuta dagli USA, com’è stato per quella di Fulgencio Batista, almeno un po’ li odierei anch’io.

Ora proseguiamo: che cosa ha sempre contraddistinto l’America, soprattutto da quando si è imposta come superpotenza mondiale? Il capitalismo e la “conquista economica” del pianeta tramite l’influenza politica, culturale e mediatica su tutto il globo. Ed ecco così che Castro diventa spiccatamente contrario al capitalismo e adotta soluzioni simili a quelle leniniste: ricentralizzazione del potere, “dittatura del proletariato”, abolizione della proprietà privata e della possibilità di capitalizzare con grossi investimenti (cosa che acuisce inevitabilmente il divario tra ricchi e poveri). Dopo i vari Lenin e Stalin, ecco un’altra ragione per cui agli americani il comunismo non è mai andato a genio, anzi…

Ora mi direte: ha fatto tutto questo perché odiava gli americani e quindi voleva sempre fare il contrario di ciò che facevano loro – perché se il mio prof che mi mette voti bassi tifa Lazio, io ovviamente metto una foto di Totti sul banco ogni volta che entra in classe, giusto? Ma cosa avrebbe dovuto fare quando il suo piccolissimo Paese è a un tiro di schioppo (o di testata nucleare) dai suoi acerrimi nemici? È anche ovvio che abbia cercato in tutti i modi di proteggere Cuba dagli USA non solo sul piano militare, ma anche e soprattutto su quello politico-economico e della mentalità sociale, evitando sia di essere soggetto al loro dominio politico sia di ritrovarsi un popolo che pensasse come gli americani e che, quindi, avversasse le sue idee e le sue iniziative. E la sua innegabile genialità è stata di preservare Cuba anche dagli stessi russi che l’hanno aiutata a non essere schiacciata dal gigante dell’Ovest, e anzi a sfruttare le tensioni per tenersi al sicuro nello scontro fra titani. Quanti sarebbero stati in grado di fare una cosa del genere? Io non approvo in pieno il suo operato, specie negli aspetti più oscuri del suo controllo su Cuba, ma rendo onore a un uomo che ha in ogni caso liberato il suo Paese e l’ha difeso da qualsiasi influenza esterna che avrebbe potuto minarne l’integrità; ciò non significa che io apprezzi le politiche di chiusura culturale, ma purtroppo è stata una logica conseguenza di quanto abbiamo detto finora. Probabilmente i cubani hanno molto per cui ringraziare Fidel Castro e gli devono molto di ciò che è il loro Paese adesso.

Perciò noi ti salutiamo, Fidel, e speriamo che Cuba vada avanti sulla strada giusta sotto la guida di tuo fratello, che sicuramente raccoglierà la tua eredità.

Hasta la victoria, siempre!

GABRIELE GENNARINI

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