Brexit: un passo indietro?

Analogie tra il Regno Unito di ieri e di oggi

L’Inghilterra non ha mai visto di buon occhio chi non la pensava come lei. Già nel ‘600 con James I e i Test Act, il Regno Unito escludeva dagli incarichi pubblici tutti i cattolici, poiché il governo doveva essere rigorosamente anglicano. Questa esclusione aveva le proprie ragioni politiche, come le decisioni prese in seguito alla Brexit. Comunemente, la divisione dell’Inghilterra dall’Europa si analizza da un punto di vista economico, quanto questa divisione incida sul bilancio ed i commerci europei, ma nessuno si rende veramente conto di quanto questa scelta sia stata molto più sociale e politica. A dimostrarlo non è solo uno dei punti pro-Brexit che sosteneva l’argomento dell’alto tasso di immigranti in Gran Bretagna, bensì anche il ministro degli Interni Amber Rudd, esponente del partito Tory, storicamente più conservatore e nazionalista.

Stando alle ultime dichiarazioni del ministro, il governo inglese sarebbe pronto a chiedere una lista dei lavoratori stranieri nelle imprese. Questa manovra, definisce Rudd, non è razzista e non impedisce ai lavoratori non inglesi di lavorare nel paese, ma sarebbe solo una mossa per garantire che le imprese non se ne approfittino a discapito dei britannici ed invitarle a comportarsi meglio. Il ministro si corregge così all’annuncio di tali liste, ma rimane irremovibile riguardo al dovere che le aziende hanno nei confronti dei britannici, in quanto esse hanno il compito di formare lavoratori inglesi prima di quelli stranieri. Per questo una società è costretta ad aspettare 28 giorni in seguito alla pubblicazione di una ricerca di personale in Gran Bretagna prima di proporla all’estero. Tali liste potrebbero ricordare un Test Act moderno privo di esclusione, ma con un cartellino riconoscitivo in ambito lavorativo, anche per gli italiani nelle scuole inglesi il mondo è rimasto al ‘600.

Questa insolita realtà viene fuori dai moduli d’iscrizione nelle scuole d’Inghilterra e Galles, soprattutto dalle soluzioni proposte alla domanda sulla lingua. Dopo aver definito se si è britannico bianco, gallese, scozzese, irlandese, bianco europeo o di altra nazionalità (non considerando lo sfondo decisamente razzista di queste soluzioni) e denunciata l’Italia come paese di provenienza, le soluzioni proposte per la lingua sono le seguenti: italiano, italiano-napoletano, italiano-siciliano. È toccato all’ambasciatore italiano nel Regno Unito, Pasquale Terracciano, napoletano, a riferire al governo inglese che l’Italia è un paese unito dal 17 marzo 1861 e che non vi sono diverse lingue di stato in Italia. Forse l’Inghilterra non si era accorta della caduta del governo borbonico oppure non si è resa conto delle decisioni prese alla fine dei trattati di Parigi in seguito alla Seconda Guerra Mondiale, nei quali la Francia aveva occupato militarmente il Nord italiano e l’Inghilterra avanzava la richiesta di fare dell’Italia un protettorato inglese, o forse lì ancora si pensa che il Sud Italia sia territorio inglese mentre per il resto sia Francese o del papa. Così poi si arriverà a dire anche che gli autori inglesi sono superiori a quelli italiani, come successe con quelli irlandesi e delle altre colonie bretoni suscitando la rabbia di molti autori irlandesi del tempo come Oscar Wilde.

Per le università, invece, il Ministro dell’Università Jo Johnson ha annunciato che non vi saranno cambiamenti, almeno per il momento, sui fondi stanziati nelle ricerche, ma il progetto Erasmus rischia di subire un forte cambiamento già dal prossimo anno, portando così un danno economico agli atenei britannici.

La Brexit non è solo un capriccio inglese nei confronti dell’economia dell’Unione Europea, ma una divisione sociale e culturale. La stessa cosa ha pensato il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, indirizzando un discorso al Parlamento Europeo poco dopo il referendum britannico che spiegasse la situazione dell’Europa dopo la Brexit. In questa occasione il presidente ha parlato in tedesco ed in francese, lingue di Stato in Lussemburgo, il suo Paese di origine. L’inglese è stato usato solo per dire all’esponente pro-Brexit, Nigel Farage, presente in aula per completare la modulistica per la divisione: “È l’ultima volta che lei applaude qui. E sono molto sorpreso che lei sia qui. Lei ha combattuto per uscire, i britannici hanno votato per l’uscita, perché lei è qui?”. Petrarca andava oltre i confini politici, egli faceva parte della Repubblica delle Lettere. Si può sperare di non avere Brexit in quella Repubblica tanto antica?

LORENZO BITETTI

 

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